Padre Mario Camarda, sacerdote della
Congregazione degli Oblati di Maria, ha donato un rene ad un
suo confratello missionario, padre Raffaele Grasso. Non essendo
consanguinei, i due religiosi Omi hanno dovuto attendere il
parere del Tribunale di Pisa prima di procedere alle analisi
mediche e al trapianto, avvenuto il 7 ottobre. Ne dà notizia
oggi il Servizio Informazione Religiosa della Cei, che rivela
un antefatto: padre Raffaele già nel 2000 aveva ricevuto un
trapianto, poi andato male e attendeva da tempo che il telefono
squillasse da Cisanello di Pisa per la nuova operazione.
Dieci anni di dialisi - sottolinea il Sir -
sono tanti, indeboliscono, condizionano la vita di ogni giorno. Così
padre Mario ha sentito di "doversi fare ancora più fratello". "Te lo
do io il rene!". I due si conoscono dal 1975, sono stati compagni di
cammino verso il sacerdozio. "Ricordo durante lo scolasticato che ci
dicevano: 'Siete pronti a dare la vita gli uni per gli altri?' Ecco,
io ho dato solo un rene", riflette padre Mario. "Pensaci, riflettici,
pregaci", gli aveva chiesto padre Raffaele. "Ho deciso di farlo: se
si può dare una vita diversa, lenire le sofferenze di padre
Raffaele, perché non aiutarlo?", racconta padre Mario.
Non essendo consanguinei, padre Grasso e padre Camarda hanno
dovuto attendere il parere del Tribunale di Pisa prima di procedere
alle analisi mediche e all'eventuale trapianto. Solo dopo 9 mesi i
giudici si sono espressi positivamente e sono iniziate le prescritte
prove di compatibilità anche attraverso il "cross match": in
sostanza, contemporaneamente sono stati monitorati i reni di diversi
possibili donatori. Alla fine, quello di padre Mario è risultato il
più compatibile. "È una storia condivisa da tutta la
Provincia d'Italia e di Spagna e nelle terre di missione",
chiosa padre Mario, che è ancora in ospedale a causa di
qualche intoppo nel drenaggio renale.Adesso padre Raffaele sta
compiendo il decorso operatorio in una casa di accoglienza a
due passi da Cisanello, dove è sottoposto ai controlli di
routine. È missionario, abituato ad andare di qua e di là,
secondo il carisma della congregazione, secondo la proposta del
fondatore, Sant'Eugenio de Mazenod. Ora, però, i medici gli
hanno consigliato riposo assoluto. Lui lo sa, non vuole
affrettare i tempi, i suoi giovani, che guida da anni,
pazienteranno un pò. "Adesso devo gestire un dono che è
frutto dell'atto d'amore di un confratello". "Per ora -
commenta il Sir - è questa la sua missione".