«A volte mi chiedo perché Dio abbia creato la terra rotonda. Allora mi rispondo che la terra è una sfera in cui tutti i punti si equivalgono. Non c’è un punto privilegiato, c’è solo uguaglianza». Oltre a rabbino – tra i più noti della comunità ebraica argentina – e credente, Abraham Skorka si definisce «umanista». «Perché non si può onorare Dio se non si onora colui che Lui ha creato a sua immagine e somiglianza: l’uomo. Ogni uomo. Ognuno di noi porta dentro una scintilla del fuoco divino. Per questo la Bibbia dice: non essere indifferente al sangue del tuo prossimo». Da qui, “l’ossessione” del rabbino Skorka per la pace. «La parola ebraica “shalom” probabilmente deriva da “shalem” che significa ciò che è completo. Solo nella pace, nell’incontro con l’altro, nel dialogo, l’uomo trova la sua dimensione compiuta», spiega. Un tema di cui spesso il leader religioso ha discusso nei lunghi pomeriggi bonarensi insieme al suo «amico arcivescovo» ovvero l’allora cardinale Jorge Mario Bergoglio, ora papa Francesco. Non ha certo stupito Skorka, dunque, il forte appello lanciato dal Pontefice nell’Angelus di domenica per la fine delle violenza in Siria. E l’invito a pregare per la pace. «Un’esortazione che sottoscrivo appieno. Questa sera, per noi ebrei comincia la festa di “Rosh haShana”, il nostro capodanno religioso. Che dura dieci giorni: un periodo in cui l’intera comunità riflette e prega per la pace. Data la tremenda situazione mediorientale, è ovvio che la Siria sarà al centro delle nostre intenzioni».
Non deve essere facile per gli ebrei d’Argentina vedere le immagini che arrivano da Israele: famiglie che comprano le maschere anti-gas nel timore di una rappresaglia di Assad...È duro e terribile. Ci addolora il terrore dei nostri fratelli israeliani. Allo stesso modo, ci lascia sgomenti la sofferenza di qualunque uomo. La morte di ogni essere umano ci riguarda direttamente. Come potrebbe essere diversamente dato che adoriamo il Dio della vita? Per questo, mi identifico totalmente con il messaggio di papa Francesco.
Crede che questo appello possa contribuire a frenare l’escalation?Non ho dubbi: il Papa è un leader mondiale, molti devono fare i conti con le sue parole... La missione dell’uomo religioso è quella di impegnarsi per la pace. In modo concreto. E i leader religiosi devono trasmettere questo messaggio e promuovere il dialogo. Altrimenti si cade in quello spiritualismo tanto criticato proprio dal cardinal Bergoglio durante i nostri incontri. O peggio nell’idolatria. L’arroganza, la sete di potere, di denaro, la voglia di supremazia, il fanatismo, sono tutti idoli che ci allontanano dal Signore. Se i credenti nel Dio della vita, cioè ebrei, cristiani e islamici, si uniscono nell’impegno di costruire pace – che non vuol dire annullare le differenze ma ricomprenderle in un’unità più ampia, quella di riconoscersi fratelli – la realtà in Siria, in Medio Oriente, ovunque in questo mondo martoriato può davvero cambiare.
Un intervento armato può risolvere la crisi siriana?Sono profondamente convinto di una cosa. Quello che non si risolve con il dialogo, semplicemente resta irrisolto. Non ci sono altri mezzi. Le soluzioni raggiunte con guerra portano nel breve a nuovi conflitti. Perché implicano l’annullamento dell’altro. Il dialogo, invece, crea incontro, attraverso un progressivo arretramento dei due contendenti dalle loro posizioni originarie. La morte genera morte. La parola dà vita. Nella Genesi, il rapporto tra Dio e l’uomo inizia con il “disse” pronunciato dal Creatore verso la sua creatura. A nessun altra, prima, Dio si era rivolto in questo modo.