Le storie. Quei cristiani che salvarono gli ebrei dalla persecuzione nazifascista
Padre Cortese, padre Todde e il vescovo Palatucci
Tre luoghi, un unico obiettivo e una grande rete di solidarietà. Cosa hanno in comune Assisi, città di san Francesco, Campagna, nel cuore dei monti Picentini, e Padova? A legare queste realtà, in un periodo difficile come la Seconda guerra mondiale, è stata l’azione di alcuni religiosi che, probabilmente su input della Santa Sede, sono stati punto di approdo e salvezza per centinaia di ebrei. Il vescovo Giuseppe Maria Palatucci, il nipote Giovanni, il francescano padre Placido Cortese, il vescovo di Assisi Giuseppe Placido Nicolini con il frate del Sacro Convento, padre Michele Todde, insieme ad altri, sono solo alcuni fra quanti, nel periodo della persecuzione razziale, furono artefici di un’azione di accoglienza straordinaria.
Di questo si è parlato recentemente al convegno “Un mondo senza memoria” svoltosi nella chiesa della Madonna del Carmine a Campagna (Salerno), dove operò il vescovo francescano Palatucci, in stretta collaborazione con il nipote, questore reggente a Fiume. Attraverso gli interventi dei relatori si è potuto conoscere o evidenziare il ruolo, l’attivismo, la dimostrazione di carità nei confronti di chi fuggiva da deportazione sicura.
In Assisi, per esempio, il vescovo Nicolini mise a disposizione di sfollati ed ebrei i locali dell’episcopio dove ora è allestito il Museo della Memoria di Assisi, 1943-1944. Nel vescovado trovarono rifugio non solo le persone ma anche i loro beni. La testimonianza del segretario don Aldo Brunacci è stata fondamentale per individuare i luoghi precisi dove lui stesso, insieme al vescovo, murava i libri e altri oggetti di proprietà degli ebrei. Grandiosa, nella città di san Francesco, è stata poi l’opera degli ordini religiosi femminili: monasteri e conventi, anche di clausura, che si aprono per nasconde ebrei, rifugiati politici, partigiani e chiunque avesse bisogno. «Era proprio un’arca di Noè», ebbe a dire suor Giuseppina Biviglia, badessa del monastero di San Quirico.
Nella storia di Assisi brilla inoltre l’operato di padre Todde, santuarista della Basilica di San Francesco, primo approdo e nascondiglio degli ebrei, dei tipografi Brizi e del campione di ciclismo Gino Bartali, che sotto l’egida del cardinale Elia Dalla Costa e in diretto contatto con il vescovo Nicolini, trasportava i documenti falsificati in Assisi agli ebrei di Firenze. Evidente dunque, nella storia assisana, il ruolo decisivo della Chiesa che, a Padova, si è manifestato nella straordinaria carità di padre Placido Cortese, conventuale che pagò con la vita il suo impegno per salvare gli ebrei: tradito da una spia e consegnato ai tedeschi che lo torturarono e uccisero.
Oggi nella Basilica di Sant’Antonio, proprio nel confessionale dove il francescano amministrava il sacramento della Riconciliazione, è allestito un piccolo luogo della memoria che tutti i fedeli in visita possono vedere e, in qualche modo venerare, considerato che per padre Cortese è stata avviata la causa di beatificazione. Ricche la documentazione e le testimonianze che raccontano, infine, la storia degli ebrei di Campagna, aiutati dal vescovo Palatucci e dal nipote Giovanni, questore aggiunto a Fiume. Dove oggi c’è il Museo della memoria e della pace di Campagna, puntuale esposizione con accorgimenti tecnologici e visivi di ottimo livello, che ripercorrono anche l’opera di Giovanni Palatucci, un tempo c’era il campo di internamento per gli ebrei, che potevano contare sulla costante presenza, l’assistenza e l’abbraccio del presule.
Questa “rete” della memoria ha raggiunto anche Tonara, cittadina nel cuore della Sardegna, dove è nato padre Todde. Qui, grazie alla volontà del parroco, don Michelino Luisi e alle ricerche di diversi storici, si è messa a fuoco la figura del francescano che operò in Assisi e sono state promosse diverse iniziative come l’inaugurazione di un Giardino dei Giusti. L’obiettivo di tutte queste realtà e altre simili è di creare sinergie per far sì che la memoria sia viva e generativa. Partendo dal ruolo della Chiesa e dall’importante azione svolta anche a Roma dove è stato recentemente ritrovato l’elenco delle congregazioni religiose (cento femminili e 55 maschili), che hanno ospitato circa 3.200 ebrei della Comunità romana, si vuole far conoscere la storia, mettendo l’accento sul bene fatto, in modo che questo possa essere ripetuto, adattato e moltiplicato nei contesti odierni dove ancora intolleranza e discriminazione sono presenti.