Summit in Vaticano. La tutela dei minori nella Chiesa: «Il silenzio non è accettabile»
Responsabilità, rendere conto, trasparenza. Sono queste le linee guida su cui si articolerà il summit di tre giorni su «La protezione dei minori nella Chiesa» previsto in Vaticano dal 21 al 24 febbraio e che per la prima volta coinvolgerà a livello mondiale tutti i presidenti delle conferenze episcopali e i responsabili degli origini religiosi per affrontare la piaga degli abusi commessi dal clero.
«È importante – ha detto il cardinale Blase J. Cupich, arcivescovo di Chicago e membro del comitato organizzativo dell’incontro – che si capisca che il Papa vuole indicare a tutti i vescovi il fatto che devono assumersi la propria responsabilità». «Poi – ha aggiunto l’arcivescovo statunitense aprendo la conferenza stampa di presentazione del summit – bisogna indicare anche i passi concreti, perché si dovrà rendere conto di ciò che si fa. I vescovi devono ora capire quali sono le loro responsabilità e assumerle e questa l’occasione per avere le idee chiare». I punti chiave dunque sono tre per comprendere l’importanza di questo incontro. E li ha ripresi e spiegati nel corso della conferenza monsignor Charles Scicluna, arcivescovo di Malta, segretario aggiunto della Congregazione per la dottrina della fede e anche lui membro del comitato organizzativo: «Il Papa ha parlato in maniera chiara. Bisogna essere responsabili. E parlare di questo per tre giorni è già di per sé importante. Noi ci riuniamo per essere anzitutto consapevoli dell’importanza della prevenzione, perché ci deve essere consapevolezza della nostra responsabilità di pastori. E bisogna anche avere le informazioni che servono per andare avanti quando si torna nelle diocesi. Il primo giorno sarà perciò dedicato alla responsabilità, il secondo all’accountability, cioè alla capacità di rendere conto di ciò che si fa, il terzo alla trasparenza».
«Il silenzio – ha proseguito l’arcivescovo di Malta – non è accettabile, che sia omertà o negazione. Non è una soluzione. La risposta immediata può essere la negazione, è un istinto… ma noi dobbiamo allontanarci da questo meccanismo. Il terzo giorno infatti si concentra sulla trasparenza per contrastare e spezzare questo codice del silenzio. Quando parliamo di abusi è una questione importantissima e occorre la prudenza necessaria. Non riusciremo a risolvere tutti i problemi se non si condivideranno le buone pratiche per gestire le nuove situazioni».
Saranno 190 i partecipanti che si riuniranno per il lavori, 114 i presidenti delle conferenze episcopali, 14 i capi delle Chiese orientali cattoliche, 22 degli ordini religiosi, 14 curiali.
Il programma nel dettaglio è stato presentato in Sala stampa vaticana da padre Federico Lombardi. In qualità di moderatore del prossimo incontro ha illustrato le questioni più pratiche.
Lo schema di ogni giornata, ha reso noto Lombardi, prevede una preghiera iniziale del Papa a cui segue la proiezione di un video con la testimonianza di alcune vittime. Poi una breve introduzione del Papa, «di tipo metodologico, non un discorso lungo impegnativo», seguita da una prima relazione poi il tempo per le domande e quindi una seconda relazione a cui seguiranno i lavori di gruppo. Nel pomeriggio si riprende con la terza relazione e le domande. In aula si ritornerà per la presentazione dei lavori di gruppo. La serata si concluderà con una preghiera e la testimonianza di una vittima. Nove in tutto saranno i relatori nel corso delle tre giornate: la relazione del cardinale Tagle sarà la prima, poi mons. Scicluna, la terza del cardinale Salazar Gomez, nella seconda giornata sarà la volta del cardinale Gracias, poi quella di Cupich, e del cardinale tedesco Marx. Saranno relatrici anche tre donne: Linda Ghisoni, Sottosegretario del dicastero per i laici, la famiglia e la vita, Veronica Openibo, religiosa nigeriana e la decana dei vaticanisti, Valentina Alazraki che concluderà l’elenco dei relatori.
A celebrare la messa il 24 febbraio, presieduta dal Papa e conclusa dal suo discorso, sarà monsignor Coleridge, presidente dei vescovi australiani. Rispondendo a una domanda dei giornalisti sul fatto che più dell’80% delle vittime degli abusi nella Chiesa siano teenager maschi, l’arcivescovo di Chicago ha risposto: «Credo che sia importante riconoscere il fatto che nella maggioranza dei casi le vittime degli abusi siano maschi – ha precisato – ma le organizzazioni internazionali hanno studiato profondamente questa questione: l’omosessualità di per sé non è una causa, gli abusi sono spesso una questione di opportunità, di occasione, hanno a che fare con un basso livello di istruzione».
Ciò non significa, tuttavia, sottovalutare l’importanza dello screening: per dimostrarlo, il cardinale ha citato il caso degli Usa, dove il picco degli abusi si è registrato negli anni Sessanta. «Ora siamo a 5 casi di abusi all'anno in media – ha detto citando il dato del 2017 – di cui 4 coinvolgono i sacerdoti. Un calo notevolissimo». «Quando si adottano i metodi di screening adeguati per i seminaristi – ha poi commentato – si vede che i casi di abusi diminuiscono in maniera radicale». Sull'efficacia dello screening psicologico per i candidati al sacerdozio si è espresso anche padre Hans Zollner, presidente del Centro per la protezione dei minori della Pontificia Università Gregoriana e referente del comitato organizzativo, che ha esortato tuttavia a non assolutizzarli: «Un test psicologico o un test a domande e risposte non può mai indicare con precisione assoluta se una persona sia omosessuale o a rischio pedofilico. Certo, esiste un livello di certezza di una valutazione, ma non è possibile su basi solo psicologiche dire al cento per cento se quella persona svilupperà o meno tali atteggiamenti. Gli psichiatri, in passato, pensavano di risolvere trattando gli abusatori: dopo un anno di cura, venivano rimandati in parrocchia e ricominciavano ad abusare. Oggi uno psichiatra serio non lo fa più, proprio perché non c’è la certezza assoluta». A proposito invece del recente invito a non caricare troppo di aspettative l’evento, rispondendo alle domande dei giornalisti monsignor Scicluna ha commentato: «Maggiori sono le aspettative, maggiore è la frustrazione. Non si possono risolvere tutti i problemi in tre giorni, sarebbe un’aspettativa irrazionale. Se invece ci aspettiamo un follow up dopo l’incontro, l’aspettativa diventa ragionevole».