Chiesa

Perche sì. «Procreazione responsabile? Rispettiamo tutte le scelte»

Elisabetta Musitelli lunedì 14 settembre 2015
Gentile direttore,la ringrazio per le pagine che Avvenire sta dedicando alle tematiche famigliari trattate dal Sinodo. Un arricchimento umano e teologico che aiuterà non solo i sacerdoti, ma anche laici e famiglie, che sono così diverse, problematiche, ma ricche di passione e di desiderio di riconoscimento nella società e nella Chiesa. Mi hanno impressionata (sì, proprio impressionata!) le lettere pubblicate l’8 agosto, in riferimento anche molto polemico alla sintesi dell’intervento del teologo don Maurizio Chiodi sulla procreazione responsabile. Mi son detta: «Ma questa è una minoranza di laici praticanti, perché la maggioranza...».Sono pediatra e lavoro da anni con tante famiglie. Conosco le difficoltà di procreazione (aumentata la sterilità dei singoli e di coppia), di gestione dei figli nati in rapida successione, il dramma di avere figli disabili più o meno gravi, le difficoltà per l’adozione e le possibilità di una “buona” fecondazione assistita. I metodi naturali così semplici ma impegnativi non sono possibili per numerose coppie: quando i bimbi malati richiedono assistenza notturna, quando una gravidanza si rinvia per motivi di salute materna, quando deve essere evitata per patologie genetiche familiari , quando i mariti si assentano per lavoro per periodi ripetuti, quando... Insomma, ogni famiglia è una storia a parte. Ogni coppia percorre una strada familiare, un percorso sociale o un cammino di fede diverso uno dall’altro. Ma il comune denominatore che riscontro tra le centinaia di famiglie che seguo ora o conosciute nel passato è il desiderio di essere accolte “come sono” con le loro fatiche, i loro drammi, le loro incapacità a gestire i figli. Le loro fragilità.Ci sono poi le mamme che dopo il secondo o terzo parto cesareo, devono assolutamente evitare un’altra gravidanza, praticando tecniche chirurgiche note (perché di rottura d’utero si muore in pochi minuti!). Ebbene, proprio queste mamme, alcune amiche o conoscenti, sono piene di vita, attive in parrocchia, nei gruppi di volontariato, nel disagio sociale o tra i ragazzi. Fanno parte attiva nelle parrocchie. Sono cristiane “vere”. Che cosa voglio dire, gentile direttore, ad altri amici lettori? Dal piccolo angolo di mondo in cui lavoro, le diverse tecniche che possono aiutare una procreazione “responsabile” delle famiglie così diverse tra loro sono una “buona” possibilità per rendere le coppie unite, per aiutare le famiglie, per accogliere i figli veramente con amore e responsabilità. Molte mamme di disabili gravi vorrebbero altri figli, ma la loro vita così dedita al figlio fragile non lo permette, nonostante gli aiuti di molti. Non è vero che solamente le coppie che utilizzano i metodi naturali «mettono la vita sempre al primo posto... che solamente questi metodi sono moralmente buoni... che queste coppie sono le sole disponibili ad aprirsi alla vita...». Come scritto, anche con indignazione, nelle lettere di cui sopra.C’è molto bene, molta vita, molta fatica, ma anche molto amore nelle coppie, che sono la maggioranza, che pensano in modo diverso una procreazione responsabile, nella vita moderna così concreta e faticosa per le famiglie! Termino con un ringraziamento al teologo Chiodi: la Chiesa, anche italiana, ha bisogno di idee, di proposte, di pensieri nuovi per una pastorale familiare che sia di aiuto e di sostegno alle famiglie di oggi. Il coraggio dei teologi che mettono in luce atteggiamenti diffusi tra i cristiani di oggi deve essere premiato con un surplus di riflessione e di ricerca da parte di tutta la Chiesa, laici e consacrati insieme. L’utilizzo dei metodi naturali può essere l’obiettivo e il traguardo per alcune coppie cristiane, ma non può essere il percorso iniziale o intermedio di altre. Che sono oggi la maggioranza. Che il Sinodo della Chiesa ci aiuti a capire che il bene per ogni singolo uomo e per ogni famiglia, non è limitato al rispetto formale di norme forse desuete, ma è/sarà sempre l’aiuto concreto a vivere con il “cuore” la famiglia di oggi, quella del terzo millennio.