Chiesa

L'intervista. Tagle: «Se sai dialogare anche i muri cadono»

Mimmo Muolo sabato 7 febbraio 2015
Tre settimane dopo, «l’entusiasmo per la visita del Papa continua », nelle Filippine. «Grazie a Dio – dice il cardinale Luis Antonio Tagle –, ma è tempo di tradurre questo entusiasmo in scelte pastorale concrete». Giunto a Roma per partecipare alla plenaria del Pontificio Consiglio per i laici di cui è membro, ieri l’arcivescovo di Manila ha tenuto una relazione sul tema dell’evangelizzazione delle grandi città. E in questa intervista ad Avvenire, oltre a soffermarsi sul suo intervento, traccia un bilancio della visita e dei suoi riflessi sul mondo dell’economia e sull’evangelizzazione dell’Asia. Eminenza, 7 milioni di persone intorno a papa Francesco. Sembra che Manila sia una città che non ha più bisogno di evangelizzazione. Magari fosse davvero così. Certo, quello che abbiamo vissuto ha dell’incredibile. Nessuno poteva prevederlo. È stato un moto spontaneo, un soffio dello Spirito Santo in una grande città segnata dalla povertà e anche da un certo anonimato, che mi ha stupito e rallegrato. Ecco, mi sono detto, la gente ama Cristo, ama la Chiesa e il Papa. Sono felice e anche orgoglioso del popolo filippino. Come tradurre l’entusiasmo in scelte pastorali concrete? Ora bisogna riflettere sul messaggio e sui gesti del Papa, per scoprire il senso più profondo di questa visita. Ma non solo una riflessione intellettuale, quanto piuttosto un discernimento del cuore per essere attenti alle chiamate dello Spirito e pronti all’azione verso i poveri. Sono lieto di constatare che parroci, laici e religiosi hanno offerto la loro disponibilità a proseguire secondo l’ispirazione del Papa. Qual è stato, secondo lei, il momento più importante della visita? Ogni momento è stato speciale, con una sua grazia specifica. Ma se posso parlare non come vescovo, quanto come persona che ha accompagnato il Papa anche negli incontri privati con i ragazzi di strada, durante il pranzo con 30 familiari delle vittime dei disastri naturali e nel colloquio con il padre della volontaria morta a Tacloban, devo dire che sono stato profondamente colpito dalla capacità del Santo Padre di ascoltare, imparare e aprire il suo cuore alla sofferenza degli altri. Da questo suo cuore scaturiscono poi le omelie, i gesti e le parole di un pastore che è grande, perché così umile di fronte alle lezioni che Dio gli dà tramite coloro che incontra. Il messaggio a favore dei poveri può fare breccia anche negli ambienti economici e finanziari? Me lo auguro vivamente. Intanto, per quanto riguarda le Filippine, qualche giorno dopo la visita ho partecipato a due grandi importanti convegni di uomini di affari e di manager. Tutti mi hanno detto di essere rimasti impressionati dalla visita del Santo Padre. Tanto è vero che nel secondo meeting la domanda centrale era: come dobbiamo riorganizzare il sistema economico per accogliere il messaggio del Papa? Che cosa le ha suggerito la visita in merito al tema dell’evangelizzazione delle grandi città, al centro dei lavori della plenaria? Che per annunciare il Vangelo in una metropoli ci sono tante vie aperte, e non sempre ovvie. Spetta a noi pastori, e anche ai laici, il compito di acquisire occhi nuovi per vederle, anche in un ambiente apparentemente ostile alla Chiesa. I giovani, per esempio. Ricordo una volta di aver incontrato una ragazza punk, poiché il padre mi aveva chiesto di parlarle. Sulle prime non voleva ascoltarmi, poi mi ha detto che si vestiva così perché il padre le aveva proibito di fumare, ma lui fumava una sigaretta dopo l’altra; e perché la madre, che non le dava soldi, era sempre in giro a fare shopping. Allora ho chiamato i genitori: «Forse è meglio se parlo con voi». In sostanza, spesso l’atteggiamento di rifiuto dei giovani verso la fede e la Chiesa è in realtà un modo di dire: cerchiamo qualcosa, ma non la troviamo. Essi non sono nemici, ma amici che chiamano la Chiesa a un livello superiore di integrità e di autenticità. Lo stesso discorso vale per i poveri e per la loro sete di Dio nei deserti urbani. Nuove forme di povertà richiedono nuove forme di carità. Specie nelle metropoli che per molti sono luoghi di sogni infranti e di morte civile prematura. Francesco sta prestando grande attenzione all’Asia. Che segnale è questo per l’evangelizzazione del continente? Dobbiamo cancellare l’immagine di un continente impermeabile al Vangelo. In Asia l’annuncio passa attraverso il dialogo, perché anche i muri cadono quando gli uomini sono capaci di dialogare. Di dialogo, invece, sembra non vogliano sentir parlare i gruppi fondamentalisti che proprio alcuni giorni fa hanno causato la morte di decine di poliziotti. Che cosa si sente di dire in proposito? Anche rappresentanti musulmani erano presenti alla visita del Papa. Io spero che tutti raccolgano il suo e nostro invito alla riconciliazione.