In cammino verso Roma. Paolo Molon e la sua storia di pellegrino sotto la luna
Il sorriso di Paolo Molon al suo arrivo a Roma dopo 750 chilometri a piedi
A piedi, sotto la luce della luna e i raggi del sole all’alba, da solo, con uno zaino di 10 chili e un paio di scarpe risuolate per 750 chilometri, da Meledo nel cuore del Vicentino, fino giungere a Roma. «Ce l’ho fatta», le sue parole ai famigliari che da casa seguivano Paolo Molon, 63 anni, pensionato, che a metà luglio è partito da Meledo, ostinato a raggiungere a piedi la Capitale nel cuore dell’estate. Un’impresa d’altri tempi, ardita e titanica per le alte temperature che ha dovuto affrontare: «Ho pensato varie volte di non farcela» ha confessato Paolo, al suo rientro a casa (in treno), dopo 20 giorni di cammino. «Per questo ho pregato il buon Dio, non tanto di darmi la forza fisica, quanto quella spirituale e mentale che in un cammino è fondamentale ».
Paolo ha iniziato a camminare da pellegrino, solo un anno fa, per studio e amore: quello teologico che lo vede studente al terzo anno all’Istituto di scienze teologiche di Vicenza, prossimo alla tesi di laurea. E quello umano verso la moglie Lorenza Chiarello con cui è sposato da 35 anni, per cui come regalo di anniversario è arrivato a piedi fino ad Aquileia. A spingerlo stavolta fino a Roma è stata la pragmatica esperienza di capire, per studio, cosa significasse un tempo essere pellegrino.
Non un cammino di piacere dunque, ma un vero pellegrinaggio lungo la via del Nord della Romea Strata, per poi collegarsi alla Francigena fino alla Città Eterna. Tempi duri per i pellegrino di allora, come per chi oggi sono dotati di Gps: «I piedi rimangono gli stessi – afferma lui –, e purtroppo non tutto è segnalato in maniera chiara, così in mancanza di segnaletica stradale sono uscito fuori pista alcune volte. Tra le difficoltà vi è stato poi il trovare alloggio lungo le 16 tappe coperte, con un passo fino a 5-6 chilometri l’ora, quando l’andatura normale è di 3, per 30-35 chilometri giornalieri». Eppure Paolo non è un camminatore seriale. È un novello del cammino: «E ora fatico a fermarmi». Prima di prepararsi alla discesa su Roma, si è allenato a giorni alterni con e senza moglie: «Ho iniziato a febbraio – aggiunge lui –, coprendo 8 chilometri da Meledo a Sarego in compagnia. I restanti giorni in solitaria, da casa mia a Lonigo, per 14 chilometri esclusa la domenica che ovviamente la dedico al Signore».
«Non potevo partire prima, per via degli impegni di studio, così mi sono messo alla prova non immaginando di trovare un sole tanto feroce che mi ha obbligato a camminare di notte dalle 2 alle 10 del mattino. Immergendomi nel silenzio surreale di borghi e città, ma soprattutto quello della natura con i suo abitanti selvatici: caprioli, cervi, cinghiali, tassi, istrici, gufi, civette e cani ». Un cammino al buio, quando il mondo è addormentato: «Ho compreso che se cerchi l’armonia, anche il resto delle creature che incontri e non vedi con la luce si armonizzano, anche grazie a un pizzico di fortuna».
«Certo mi sono perso i grandi panorami toscani e laziali baciati e seccati dal sole, ma almeno così ho evitato la disidratazione». Il suo arrivo a Roma all’alba del 9 agosto scorso, quando ha visto spuntare oltre al sole, anche il Cupolone di San Pietro: «Potete immaginare i sentimenti che nascono dentro. La fatica sembra svanire e vedi la meta a portata di mano. Pensi alla tanta strada fatta e quello che tutto ciò ti lascerà per la vita. Ripensi alla tesi che discuterò tra qualche mese, e l’utilità di avere fatto tutto questo», fino all’incontro con papa Francesco, qualche giorno dopo nell’udienza del mercoledì, portandogli il suo bagaglio di esperienza pellegrina dal sapore di altri tempi.