Vaticano. Pedofilia, tutti i vescovi cileni offrono le dimissioni al Papa
La conferenza stampa di monsignor Luis Fernando Ramos Perez (a destra), segretario della Conferenza episcopale cilena, e monsignor Juan Ignacio Gonzalez Errazuriz (a sinistra), vescovo di San Bernardo (Fotogramma)
Con un gesto che non sembra avere precedenti i vescovi cileni hanno rimesso in blocco il proprio mandato nelle mani di Papa Francesco. Un gesto estremo, maturato dopo gli incontri che i 34 presuli (31 in servizio e 3 emeriti) hanno avuto con il Pontefice in Vaticano, a seguito della profonda crisi della Chiesa cilena, colpita duramente dallo scandalo di abusi sessuali nei confronti di minori e successive coperture.
Oggi l’annuncio con un comunicato letto durante un incontro con la stampa tenuto da Luis Fernando Ramos Perez, ausiliare di Santiago e segretario generale della conferenza episcopale, e da Juan Ignacio González Errazuriz, del clero dell’Opus Dei, vescovo di San Bernardo e membro del Consiglio permanente. I due presuli hanno letto ai giornalisti una dichiarazione in spagnolo e italiano aggiungendo poi una spiegazione sul testo letto.
Dopo tre giorni di incontri con Papa Francesco e «molte ore dedicate alla meditazione e alla preghiera, seguendo le sue indicazioni», i presuli cileni ringraziano Papa Francesco per «il suo ascolto paterno e la sua correzione fraterna». E «specialmente» chiedono «perdono per il dolore causato alle vittime, al Papa, al Popolo di Dio e al loro Paese», per «i gravi errori e le omissioni» da loro commessi. I vescovi cileni ringraziano anche l’arcivescovo Charles Scicluna e don Jordi Bertomeu, che sono stati inviati dal Papa in Cile per indagare sugli abusi, «per la loro dedizione pastorale e personale, nonché per lo sforzo investito nelle ultime settimane per cercare di sanare le ferite della società e della Chiesa» cilena.
«Ringraziamo le vittime – affermano poi i vescovi - per la loro perseveranza e il loro coraggio, nonostante le enormi difficoltà personali, spirituali, sociali e familiari che hanno dovuto affrontare, unite spesso all’incomprensione e agli attacchi della stessa comunità ecclesiale». «Ancora una volta – aggiungono – imploriamo il loro perdono e il loro aiuto per continuare ad avanzare sul cammino della guarigione delle ferite, perché possano rimarginarsi».
In secondo luogo, nel comunicato si annuncia che «tutti i vescovi presenti a Roma, per iscritto, hanno rimesso i loro incarichi nelle mani del Santo Padre, affinché decida lui liberamente per ciascuno di loro». «Ci mettiamo in cammino – continuano i presuli nel loro comunicato – sapendo che questi giorni di dialogo onesto hanno rappresentato una pietra miliare di un profondo processo di cambiamento guidato da Papa Francesco. In comunione con lui, vogliamo ristabilire la giustizia e contribuire alla riparazione del danno causato, per dare nuovo impulso alla missione profetica della Chiesa in Cile, il cui centro sarebbe sempre dovuto essere in Cristo».
Dopo aver letto la Dichiarazione monsignor Ramos Perez ha voluto specificato che quello delle dimissioni "collettive" è «un gesto collegiale per assumere - non senza dolore - i gravi fatti accaduti e perché il Santo Padre possa liberamente disporre di tutti noi». Dal canto suo monsignor González Errazuriz, vescovo di San Bernardo, ha affermato che fino a quando il Papa non prenderà una decisione, «tutti i vescovi del Paese continuano ad essere nel pieno delle loro funzioni pastorali». Attualmente sono solo 4 i membri dell’episcopato che hanno superato i 75 anni: gli arcivescovi di Puerto Montt e Santiago e i vescovi di Rancagua e Valparaiso. Mentre sono quattro i vescovi legati alla figura di don Fernando Karadima, il sacerdote riconosciuto colpevole di abusi: i presuli di Osorno, Linares e Talca e un ausiliare di Santiago.
Venerdì la Santa Sede ha diffuso una lettera del Papa ai vescovi cileni, mentre un’altra missiva del Pontefice, molto dura nei contenuti, è stata diffusa dai media cileni nonostante dovesse rimanere riservata. In questa seconda lettera Francesco chiede ai vescovi di riconoscere i loro errori e di non sentirsi superiori agli altri. E si dice preoccupato per l'atteggiamento tenuto da alcuni di loro dopo lo scandalo: il problema - scrive il Papa in questo documento - non si risolve «solo con la rimozione di persone, che pure bisogna fare», ma «non è sufficiente». Bisogna che i vescovi non cadano nella tentazione di voler salvare se stessi e la loro reputazione: «il problema è il sistema».
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