Le voci. Parte la «nuova» Accademia per la Vita
Scienza e tecnica contro l’umano? Può accadere e in alcuni casi sta già accadendo. Ma non per questo bisogna rassegnarsi alla «normalizzazione del pensiero». Anzi, come fa notare il filosofo morale Adriano Pessina (insegna all’Università Cattolica), «la medicina stessa ha bisogno di un recupero di umanità ».
Nell’Aula nuova del Sinodo, dove ieri è stato inaugurato il primo workshop della rinnovata Pontificia Accademia per la vita, risuonano idealmente, accanto alle considerazioni degli scienziati, le parole pronunciate in mattinata dal Papa. E c’è accordo soprattutto su un punto. «La vita umana – sintetizza nel suo discorso introduttivo il presidente dell’Accademia, l’arcivescovo Vincenzo Paglia – non è la consegna di un codice di assemblaggio delle parti organiche, è la trasmissione dell’attitudine ad abitare relazioni personali: con significativi riscontri negli stessi processi biologici e psichici che anticipano la venuta alla luce. Essa, infine, è insieme intenzionalità d’amore ed esperienza d’amore». Ecco dunque il discorso di Francesco. «Il Papa – fa notare Paglia – ce lo ha ricordato nel suo intervento offrendoci una preziosa indicazione quando ha mostrato nell’alleanza tra l’uomo e la donna la guida della storia». Dunque «l’uomo e la donna, nella loro alleanza affettiva e generativa, sono parte integrante della definizione della vita umana: in senso reale e in senso cognitivo.
Non ne sono il fondamento, ma i mediatori, non i proprietari, ma gli affidatari: e sono come tali, nel punto più alto del ministero e della signoria che Dio ha consegnato all’umana creatura». Si comprende perciò quali e quanti problemi etici e anche pratici pongano pratiche come la maternità surrogata o anche la stessa procreazione assistita.
«Nessuno parla – ricorda Pessina – della frustrazione di quelle coppie che non riescono a diventare genitori neanche con l’inseminazione artificiale. E sono davvero molte». Chiara Giaccardi (docente di antropologia e sociologia dei media alla Cattolica) aggiunge: «Generare non è solo biologico, così non basta appropriarsi del processo biologico per generare. Si possono, da sempre mettere al mondo dei figli senza essere veramente genitori, o essere veri padri e madri senza legame di sangue».
Dunque «la tecnica si appropria della forma-funzione, del-l’esteriorità, della lettera del processo della gestazione, ma perde lo spirito». E perciò «il movimento del fabbricare» serve a dominare. Quello del «generare si apre a ciò che è altro, che interpella, che rinnova in direzioni che non avevamo previsto, alle quali ci affidiamo». Le conseguenze di una generazione-fabbricazione sono sotto gli occhi di tutti. Graciela Moya dell’Università Cattolica di Buenos Aires, fa notare che quando il figlio è un prodotto «c’è il rischio di considerarlo una merce e quindi di sottoporlo a una sorta di 'controllo di qua-lità', come quello su determinati beni di consumo, con la possibilità di scartarlo se non è venuto bene».
Ecco perché a questa logica bisogna rispondere con la convinzione che ogni figlio è un dono. Su questa linea gli interventi di Roberto dell’Oro della Loyola Marymount University di Los Angeles e di Helen Watt dell’Anscombe Bioethics Centre di Oxford (Regno Unito). I figli, sottolinea quest’ultima, «devono sapere chi sono e da dove vengono». Urgente appare nella nostra società anche il recupero del senso del limite.
«In un mondo in cui ciò che è possibile diventa anche doveroso – fa notare Pessina -– accettare il limite è considerato una crudeltà, rinunciare in nome del bene altrui è una rassegnazione immorale ». Secondo il filosofo, queste convinzioni vanno combattute, «sì in dialogo con tutti, ma anche a costo di essere politicamente scorretti». «La verità non genera immediatamente successo, ma può creare scambio di idee». Quello del dialogo del resto rientra nella mission della rinnovata Accademia. «È molto importante – conclude Paglia – dialogare con chi ha idee o impostazioni differenti dal mondo cattolico, in modo da affinare la nostra riflessione. Per questo sogno un’Accademia che sia luogo di confronto e di riflessioni innovative che corrano nel solco della verità».