Canale d’Agordo, dove Albino Luciani nacque e fu battezzato, dopo il centenario della nascita (17 ottobre 1912) si prepara ora al 35° anniversario dell’elezione a Pontefice con la presentazione della prima biografia in inglese del «Papa del sorriso», firmata da Paul Spackman. Questa sera alle 20.45 nella sala comunale di via Lotta, Spackman presenterà la sua opera al pubblico italiano.Dopo il momento musicale di domenica 25 alle 20.45, nella chiesa di Caviola, è prevista la celebrazione della Messa nel giorno anniversario dell’elezione, lunedì 26 agosto. Sarà a Canale d’Agordo alle 16.30, presieduta dal vescovo di Vicenza Beniamino Pizziol. La celebrazione sarà in piazza, dove saranno preparate sedie per tutti; una cornice che suggerisce il paragone con piazza San Pietro e che fa pensare alla parabola di vita di Albino Luciani, «il piccolo di una volta» chiamato a guidare la Chiesa universale. «Nessuno è venuto a dirmi: "Tu diventerai Papa". Oh! Se me lo avessero detto! Se me lo avessero detto, avrei studiato di più, mi sarei preparato. Adesso invece sono vecchio …», così Albino Luciani il 17 settembre 1978, dopo che, eletto Papa in un Conclave-lampo iniziato il 25 agosto precedente (durato ventisei ore e scandito da quattro scrutini) e fattosi chiamare Giovanni Paolo I (nome nuovissimo e inatteso), aveva già indicato come suo programma prioritario la realizzazione del Concilio di Giovanni XXIII e Paolo VI. Sono parole che raramente si ricordano e alle quali si continuano a preferirne altre, immaginarie, inserite nel colloquio con suor Lucia dos Santos , a Coimbra, l’11 luglio 1977, circa una mai documentata - e autorevolmente smentita - duplice profezia di suor Lucia dos Santos, quella, appunto, circa il papato e la morte repentina. In ogni caso, anche per papa Luciani, è arrivato il tempo in cui la mitologia retrocede lasciando spazio alla storia vera. Che senza dubbio è più interessante delle leggende. Sono passati infatti già 35 anni da quell’elezione nella famosa estate dei tre Papi, un Conclave che conobbe un’immediata convergenza definita «plebiscitaria», quasi con «il sapore di un’acclamazione». Trentacinque anni ed ecco che, anche il profilo di Luciani ,va stagliandosi sempre più nitido, oltre le immagini agiografiche del Papa del sorriso e le caricature dei pamphlet che l’hanno messo al centro di pagine da giallo o noir. «Ieri mattina io sono andato alla Sistina a votare tranquillamente. Mai avrei immaginato quello che stava per succedere. Appena è cominciato il pericolo per me, i due colleghi che mi erano vicini mi hanno sussurrato parole di coraggio. Uno ha detto: "Coraggio! Se il Signore dà un peso, dà anche l’aiuto per portarlo"….». Così nel primo Angelus, il Papa venuto dall’agordino parlando in prima persona e pronto di lì a poco ad offrire lezioni di umanità nei dialoghi improvvisati con i bambini nelle udienze, come ai tempi di Vittorio Veneto e di Venezia. Esprimendosi con spontaneità e accantonando i testi ufficiali. Spiegando a tutti che «l’amore a Dio è una specie di viaggio» e «Anche qui bisogna progredire. [...] Quindi, mai fermarsi. Progredire con l’aiuto di Dio, nell’amore di Dio».Certo, ora la memoria corre subito all’autopresentazione di papa Francesco iniziata con quel «buonasera» nel marzo scorso , capace di riecheggiare la prima volta al balcone del Papa dei trentatré giorni, ma anche alle successive parole di papa Bergoglio ai giornalisti, quando ad esempio raccontò loro che in Conclave il cardinale Claudio Hummes, suo grande amico «quando le cose sono diventate un po’ pericolose» lo «confortava». Poi difficile non richiamare la prima udienza generale di papa Luciani, il 6 settembre 1978 , tutta a battere lo stesso tasto della misericordia e del Signore che perdona , al cuore delle parole successive di papa Francesco prima nella chiesa di Sant’Anna poi all’Angelus del 17 marzo scorso, Ricordare oggi l’elezione del figlio di Giovanni Luciani e Bortola Tancon, nato centouno anni fa, significa, ancora una volta, ricordare tutta la parabola umana e spirituale di un prete veneto, che, servendo la Chiesa nel segno della verità e della carità, sorretto da una fede granitica e da uno strenuo senso del dovere, si lasciò sempre guidare da Dio. Dai tempi del Seminario di Feltre e di Belluno, come a Vittorio Veneto e a Venezia. Che poi qualcuno talvolta accostando, la figura di Jorge Bergoglio alla sua, esprima addirittura la sensazione di una sorta di remake quasi che lo Spirito si sia ripreso qualcosa indicato 35 anni fa è comprensibile. In questo quadro certe espressioni particolari dell’attuale vescovo di Roma, trovano facili precedenti non solo in Giovanni XXIII, ma anche in Luciani, che fece giusto in tempo a indicarci l’importanza della tenerezza di Dio e dell’incontro personale con la gente. Senza dimenticare, insieme all’umiltà (che detto con le parole di Benedetto XVI resta il vero «testamento spirituale» di Giovanni Paolo I), il suo sguardo sui poveri dilatato in un orizzonte mondiale, il suo invito alla sobrietà, al retto uso delle ricchezze. Anche questo qualcosa di antico e tornato di grande attualità. Richiamando passi cruciali della
Populorum Progressio di papa Montini, già da patriarca di Venezia Luciani avevano avuto modo di dire «La proprietà privata? È un diritto. Il libero commercio? Diritto anch’esso. Ma, prima di questi due, c’è un altro diritto più importante, dal quale i primi due dipendono, che cioè ogni uomo possa trovare sulla terra ciò che gli è necessario». Su questo tema sarebbe ritornato «con altro vello» sorprendendo chi sino a quel momento l’aveva schiacciato nella solita casella del «Papa conservatore».