«Il vescovo di Roma va dunque per confermare i cristiani nella fede, ma torna a casa sua confermato dalla vostra fede, dalla vostra gioia, dalla vostra speranza!». Benedetto XVI è visibilmente contento. Davanti a sé ha la bella
piazza Politeama di Palermo stracolma di giovani. Come successore di Pietro è arrivato per dieci intense ore nel capoluogo siciliano per confermare i fedeli nella fede e confortarli nel loro impegno civile in un contesto segnato dal fenomeno mafioso. E ritorna a Roma confortato dalla «fede», dalla «gioia», e dalla «speranza» che ha trovato tra i tantissimi fedeli che sono accorsi a vederlo da vicino. Ad ascoltare le sue parole.La giornata del Papa comincia presto. Lo attende una città colorata di bianco e di giallo. Con migliaia di persone che lo salutano festanti dietro le transenne che custodiscono il percorso papale. La grande spianata del Foro Italico, stracolma di fedeli provenienti da tutta l’isola, è pronta per la Santa Messa. Sia la questura che i carabinieri di Palermo – lo ricorderà padre Federico Lombardi di fronte alla propalazione di cifre "minimizzanti" – riferiscono di oltre 200mila persone presenti. Insieme al Pontefice concelebrano una trentina di vescovi. Ci sono l’arcivescovo Paolo Romeo e il suo predecessore, il cardinale Salvatore De Giorgi. Da Roma è venuto anche il siciliano con il più alto incarico in Curia, l’uditore di Rota, monsignor Giuseppe Sciacca. Prima della messa Romeo e il sindaco Diego Cammarata salutano il Papa. L’arcivescovo di Palermo lo ringrazia per il suo continuare «a guidare il popolo santo di Dio con una dottrina luminosa ed ispirata, che conferma e amplia lo sguardo di fede delle Chiese particolari». La cerimonia è solenne. Nell’omelia Benedetto XVI saluta per nome il metropolita e il primo cittadino della città, e poi anche le altre «autorità civili e militari». In prima fila ad ascoltarlo ci sono infatti il presidente del Senato Renato Schifani, il presidente della Regione Raffaele Lombardo, i ministri Angelino Alfano e Stefania Prestigiacomo.Benedetto XVI ricorda che a «Palermo, come anche in tutta la Sicilia, non mancano difficoltà, problemi e preoccupazioni». C’è «precarietà», dovuta a «mancanza di lavoro», a «incertezza per il futuro», a «sofferenza fisica e morale». E alla «criminalità organizzata». «Oggi – aggiunge – sono in mezzo a voi per testimoniare la mia vicinanza ed il mio ricordo nella preghiera». «Sono qui – ribadisce – per darvi un forte incoraggiamento a non aver paura di testimoniare con chiarezza i valori umani e cristiani, così profondamente radicati nella fede e nella storia di questo territorio e della sua popolazione». E lo fa ricordando che «la domanda fondamentale» è quella che gli apostoli fanno a Gesù: «Accresci in noi la fede». Perché «i discepoli non chiedono doni materiali, non chiedono privilegi, ma chiedono la grazia della fede, che orienti e illumini tutta la vita». Perché «la fede, anche un pizzico di fede, è in grado di compiere cose impensabili, straordinarie». Benedetto XVI ricorda anche dal Vangelo parte anche «un insegnamento di umiltà». «Davanti a Dio - spiega - non dobbiamo presentarci come chi crede di aver reso un servizio e di meritare una grande ricompensa». «Questa è un’illusione - aggiunge - che può nascere in tutti, anche nelle persone che lavorano molto al servizio del Signore, nella Chiesa». E invita i laici a non «avere timore di vivere e testimoniare la fede nei vari ambiti della società, nelle molteplici situazioni dell’esistenza umana, soprattutto in quelle difficili!». A «chi pensa che davanti al male, spesso profondo, non ci sia nulla da fare», ricorda che «chi è saldamente fondato sulla fede, chi ha piena fiducia in Dio e vive nella Chiesa è capace di portare la forza dirompente del Vangelo». Il Papa indica come esempio le figure dei Santi e delle Sante fioriti in tutti i secoli a Palermo e in tutta la Sicilia. Cita le grandi protettrici della tradizione: Rosalia a Palermo, Agata a Catania, Lucia a Siracusa. E indica quello di «laici e sacerdoti di oggi a voi ben noti, come ad esempio, don Pino Puglisi». Benedetto XVI citerà il nome del compianto parroco di Brancaccio altre due volte. Lo cita
nell’incontro con i religiosi del pomeriggio in Cattedrale, dove – dopo aver ribadito che il sacerdote deve essere «vicinissimo» alle «preoccupazioni quotidiano del Popolo di Dio», «ma da sacerdote, sempre nella prospettiva della salvezza e del Regno di Dio» – ricorda il recente anniversario del «barbaro assassinio» di don Puglisi, «ucciso dalla mafia». E lo cita la sera nell’incontro con i giovani, come esempio «tra i vostri sacerdoti che sono per voi autentici padri e fratelli nella fede». Sempre ai giovani il Papa indica come «splendide testimonianze di giovani» le figure di Chiara Badano, elevata all’onore degli altari da pochi giorni, della beata Pina Suriano, delle venerabili Maria Carmelina Leone e Maria Magro, dei servi di Dio Rosario Livatino e Mario Giuseppe Restivo.Ed è proprio parlando
ai giovani che Benedetto XVI rinnova la ferma e inequivocabile condanna della mafia. «Non cedete – esorta – alle suggestioni della mafia, che è una strada di morte, incompatibile con il Vangelo, come tante volte i vostri vescovi hanno detto e dicono!».Una condanna che viene rafforzata dal gesto, simbolico e non previsto, che il Papa vuole compiere prima di lasciare l’isola: un momento di preghiera davanti alla stele che a Capaci ricorda le vittime del tragico attentato contro il giudice Giovanni Falcone e la sua scorta. È il suggello ad un avvenimento che ha avuto forse come solo neo una copertura mediatica piuttosto modesta. Un avvenimento – ha scritto il direttore dell’"Osservatore Romano" Giovanni Maria Vian, presente a Palermo, nel suo editoriale – che «la maggioranza dei media italiani» sembra non aver «valutato per quello che veramente si è mostrato».