In una piazza San Pietro sorvegliata per una sorta di prove generali di Giubileo, il Papa stamane ha proseguito, davanti ad almeno 25mila persone, le sue catechesi sulla vita della "famiglia, la sua vita reale, con i suoi tempi e i suoi avvenimenti". Su questo tema, ha ricordato il Papa, ha utilizzato altre volte tre parole: "Permesso, grazie, scusa". “Queste parole aprono la strada per vivere bene nella famiglia, per vivere in pace. Sono parole semplici, ma non così semplici da mettere in pratica! Racchiudono una grande forza: la forza di custodire la casa, anche attraverso mille difficoltà e prove; invece la loro mancanza, a poco a poco apre delle crepe che possono farla persino crollare”.
Buona educazione, non “buone maniere”“Noi – ha detto - le intendiamo normalmente come le parole della ‘buona educazione’. Va bene, una persona ben educata chiede permesso, dice grazie o si scusa se sbaglia. Va bene, ma la buona educazione è molto importante. Un grande vescovo, san Francesco di Sales, soleva dire che ‘la buona educazione è già mezza santità’. Però, attenzione, nella storia abbiamo conosciuto anche un formalismo delle buone maniere che può diventare maschera che nasconde l’aridità dell’animo e il disinteresse per l’altro. Si suole dire: ‘Dietro tante buone maniere si nascondono cattive abitudini’. Nemmeno la religione è al riparo da questo rischio, che fa scivolare l’osservanza formale nella mondanità spirituale. Il diavolo che tenta Gesù sfoggia buone maniere - ma è proprio un signore, un cavaliere - e cita le Sacre Scritture, sembra un teologo. Il suo stile appare corretto, ma il suo intento è quello di sviare dalla verità dell’amore di Dio. Noi invece intendiamo la buona educazione nei suoi termini autentici, dove lo stile dei buoni rapporti è saldamente radicato nell’amore del bene e nel rispetto dell’altro. La famiglia vive di questa finezza del voler bene”.
Un linguaggio gentile pieno di amore“La prima parola – ha affermato il Papa - è ‘permesso?’. Quando ci preoccupiamo di chiedere gentilmente anche quello che magari pensiamo di poter pretendere, noi poniamo un vero presidio per lo spirito della convivenza matrimoniale e famigliare. Entrare nella vita dell’altro, anche quando fa parte della nostra vita, chiede la delicatezza di un atteggiamento non invasivo, che rinnova la fiducia e il rispetto. La confidenza, insomma, non autorizza a dare tutto per scontato. E l’amore, quanto più è intimo e profondo, tanto più esige il rispetto della libertà e la capacità di attendere che l’altro apra la porta del suo cuore. A questo proposito ricordiamo quella parola di Gesù nel libro dell’Apocalisse che abbiamo sentito: «Ecco, io sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me» (3,20). Ma anche il Signore chiede il permesso per entrare! Non dimentichiamolo”. A braccio ha aggiunto: ‘Prima di fare una cosa in famiglia: ‘Permesso, posso farlo? Ti piace che io faccia così?’. Quel linguaggio proprio educato ma pieno d’amore. E questo fa tanto bene alle famiglie”.
La capacità di ringraziare“La seconda parola è ‘grazie’. Certe volte viene da pensare che stiamo diventando una civiltà delle cattive maniere e delle cattive parole, come se fossero un segno di emancipazione. Le sentiamo dire tante volte anche pubblicamente. La gentilezza e la capacità di ringraziare vengono viste come un segno di debolezza, a volte suscitano addirittura diffidenza. Questa tendenza va contrastata nel grembo stesso della famiglia. Dobbiamo diventare intransigenti sull’educazione alla gratitudine, alla riconoscenza: la dignità della persona e la giustizia sociale passano entrambe di qui. Se la vita famigliare trascura questo stile, anche la vita sociale lo perderà. La gratitudine, poi, per un credente, è nel cuore stesso della fede: un cristiano che non sa ringraziare è uno che ha dimenticato la lingua di Dio. Sentite bene: un cristiano che non sa ringraziare è uno che ha dimenticato la lingua di Dio. È brutto questo! Ricordiamo la domanda di Gesù, quando guarì dieci lebbrosi e solo uno di loro tornò a ringraziare (cfr Lc 17,18)”. A braccio ha aggiunto: “Una volta ho sentito di una persona anziana, molto saggia, molto buona, semplice, ma con quella saggezza della pietà, della vita … La gratitudine è una pianta che cresce soltanto nella terra delle anime nobili. Quella nobiltà dell’anima, quella grazia di Dio nell’anima ci spinge a dire: ‘Grazie alla gratitudine’. È il fiore di un’anima nobile. È una bella cosa questa”.
Dove non ci si chiede scusa manca l’aria“La terza parola è ‘scusa’. Parola difficile, certo, eppure così necessaria. Quando manca, piccole crepe si allargano – anche senza volerlo – fino a diventare fossati profondi. Non per nulla nella preghiera insegnata da Gesù, il “Padre nostro”, che riassume tutte le domande essenziali per la nostra vita, troviamo questa espressione: «Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori» (Mt 6,12). Riconoscere di aver mancato, ed essere desiderosi di restituire ciò che si è tolto – rispetto, sincerità, amore – rende degni del perdono. E così si ferma l’infezione. Se non siamo capaci di scusarci, vuol dire che neppure siamo capaci di perdonare. Nella casa dove non ci si chiede scusa incomincia a mancare l’aria, le acque diventano stagnanti. Tante ferite degli affetti, tante lacerazioni nelle famiglie incominciano con la perdita di questa parola preziosa: “Scusami”. Nella vita matrimoniale si litiga tante volte… anche ‘volano i piatti’ eh!, ma vi do un consiglio: mai finire la giornata senza fare la pace”.
Mai finire la giornata senza fare la pace in famigliaA braccio ha proseguito: “Sentite bene: avete litigato moglie e marito? Figli con i genitori? Avete litigato forte? Ma non sta bene. Ma non è il problema: il problema è che questo sentimento sia presente il giorno dopo. Per questo se avete litigato mai finire la giornata senza fare la pace in famiglia. E come devo fare la pace? Mettermi in ginocchio? No! Soltanto un piccolo gesto, una cosina così. E l’armonia familiare torna, eh! Basta una carezza! Senza parole. Ma mai finire la giornata in famiglia senza fare la pace. Capito questo? Non è facile, eh! Ma si deve fare. E con questo la vita sarà più bella”.
Non dimenticare le tre parole-chiave della famiglia“Queste tre parole-chiave della famiglia sono parole semplici, e forse in un primo momento ci fanno sorridere. Ma quando le dimentichiamo, non c’è più niente da ridere, vero? La nostra educazione, forse, le trascura troppo. Il Signore ci aiuti a rimetterle al giusto posto, nel nostro cuore, nella nostra casa, e anche nella nostra convivenza civile. E adesso vi invito a ripetere tutti insieme queste tre parole: ‘permesso’, ‘grazie’, ‘scusa’… tutti insieme: (piazza) ‘permesso’, ‘grazie’, ‘scusa’. Sono le parole per entrare proprio nell’amore della famiglia, perché la famiglia (rimanga bene). Poi ripetere quel consiglio che ho dato, tutti insieme: mai finire la giornata senza fare la pace. Tutti: (piazza): mai finire la giornata senza fare la pace. Grazie”.
La statua della Madonna di Fatima
Giunto sul sagrato di San Pietro al termine del giro in "papamobile" nella piazza, papa Francesco si è fermato per alcuni istanti in preghiera davanti alla statua della Madonna di Fatima, portata oggi dai disabili dell'Unitalsi in occasione della ricorrenza della prima apparizione mariana nella località portoghese a tre piccoli pastori, il 13 maggio 1917.
Durante il percorso in jeep in Piazza San Pietro, ad un certo punto papa Francesco ha fatto fermare l'auto ed è sceso per salutare un gruppo di bambini delle scuole, con grembiuli e cappellini, provenienti da Larino, in Molise. Il Papa si è intrattenuto per alcuni istanti con gli scolari, accompagnati dalle insegnanti e da un sacerdote che gli ha consegnato un dono in una confezione di cartone, scambiandoci alcune battute. Alla fine, prima di risalire sull'auto ha fatto fare ai bambini il segno della croce e ha detto "pregate per me". Oggi tra l'altro ricorre l'anniversario dell'attentato a papa Wojtyla, compiuto il 13 maggio del 1981 dal turco Ali Agca.
L'incontro con gli organizzatori del concerto per i poveriAlle ore 9 di questa mattina, prima dell'udienza generale, nell'Auletta dell'Aula Paolo VI, Papa Francesco ha incontrato gli organizzatori e gli sponsor del "Concerto per i Poveri" e con i poveri. L'evento, che avrà luogo domani alle ore 18 nell'Aula Paolo VI in Vaticano, è organizzato per sostenere le opere di carità di Papa Francesco, ed è patrocinato dall'Elemosineria Apostolica, dal Pontificio Consiglio della Cultura, dal Pontificio Consiglio per la promozione della Nuova Evangelizzazione e dalla Fondazione San Matteo in memoria del cardinale Van Thuan.
"Buongiorno a tutti e ringrazio di questa visita", ha detto Jorge Mario Bergoglio. "Ringrazio di tutto quello che voi avete fatto, fate e farete per questo concerto, che ci unisce. La musica ha questa capacità di unire le anime e di unirci con il Signore, sempre ci porta… è orizzontale e anche verticale, va in alto, e ci libera delle angosce. Anche la musica triste, pensiamo a quegli adagi lamentosi, anche questa ci aiuta nei momenti di difficoltà. Vi ringrazio tanto, perché farà bene a tutti un po'di spirito nell'affarismo materiale che sempre ci circonda e ci abbassa, ci toglie la gioia. E come credenti abbiamo la gioia di un Padre che ci ama tutti e la gioia di poter fare fratellanza con tutti. Però questa gioia voi la seminate adesso in questo concerto. Sarà un concerto per seminare gioia, non un'allegria divertente di un momento, no: il seme rimarrà lì nelle anime di tutti e farà tanto bene a tutti. Vi ringrazio per il bene che fate, grazie tante, di cuore".