Seguendo l'esempio di Gesù che diceva "la mia dottrina non è mia", il sacerdote "non interpreta una filosofia, non parla da sè per crearsi ammiratori o un proprio partito: insegna in nome di Cristo presente, propone la verità che è Cristo stesso". Lo ha ricordato il Papa nell'Udienza Generale di oggi. "Non propogo le mie idee, non dico quanto mi piace, ma sono bocca e voce di Cristo e propongo questa unica dottrina", ha spiegato parlando come dovrebbe fare un qualunque sacerdote che "non annuncia le proprie idee ma una dottrina che non è sua perchè è di Cristo". E neppure però "sarebbe come un portavoce che legge un testo", infatti deve vivere lui per primo quanto annuncia e cioè "la genuina dottrina ecclesiale, espressa nel Catechismo della Chiesa Cattolica". Il "primo compito" del sacerdote è dunque il "munus docendi", cioè "quello di insegnare": un "compito" che oggi, "in piena emergenza educativa", "risulta particolarmente importante", se "esercitato concretamente attraverso il ministero di ciascun sacerdote", ha detto il Papa, che ha dedicato la catechesi dell'udienza generale di oggi - in una piazza S. Pietro affollata da circa 35 mila fedeli - alla "realtà feconda della configurazione del sacerdote a Cristo Capo, nell'esercizio dei 'tria munerà che riceve, cioè dei tre uffici di insegnare, santificare e governare". Il sacerdote che "insegna", ha puntualizzato subito dopo Benedetto XVI, "non propone mai se stesso, il proprio pensiero o la propria dottrina, ma, come Cristo rivela all'umanità il volto del Padre, la profonda comunione d'amore che Dio vive in se stesso e la 'vià che conduce a Lui, così il sacerdote è chiamato ad indicare agli uomini la realtà e la presenza di Dio, vivo ed operante nel mondo, annunciando tutto ciò che Dio stesso ha rivelato di Sè, che la tradizione ci ha consegnato e che il magistero autentico ha ininterrottamente interpretato per duemila anni".