"Il mondo è stanco di incantatori bugiardi, e mi permetto di dire di preti alla moda o di vescovi alla moda. La gente 'fiuta', perché il popolo di Dio ha il fiuto, la gente fiuta e si allontana quando riconosce i narcisisti, i manipolatori, i difensori delle cause proprie, i banditori di vane crociate. Piuttosto, cercate di assecondare Dio, che già si introduce prima ancora del vostro arrivo". È uno dei passaggi del discorso che il
Papa ha rivolto ai partecipanti al
Corso di formazione per nuovi vescovi, organizzato a Roma dalla Congregazione per i vescovi in collaborazione con quella per le Chiese Orientali. Erano presenti in Sala Clementina anche i
cardinali Marc Ouellet e Leonardo Sandri, prefetti dei due dicasteri. Nelle parole di
papa Francesco c'è l'invito alla Chiesa a lasciarsi “destabilizzare” dal Signore e ad essere vicina alla gente per trasmettere la misericordia di Dio.
RENDERE PASTORALE LA MISERICORDIA. Ai vescovi, e in particolare ai nuovi presuli, il Papa ha indiato la missione di rendere pastorale la misericordia di Dio. Il compito, “non facile” ha detto il Pontefice nel suo ampio discorso, è quello di renderla “accessibile, tangibile, incontrabile” nelle Chiese in modo che esse siano “case dove albergano santità, verità e amore”.
NO AI VESCOVI "ALLA MODA". Una misericordia da offrire a questo “mondo mendicante”, ha osservato, senza tuttavia “attrarre a se stessi”:
“
Il mondo è stanco di incantatori bugiardi. E mi permetto di dire: di preti ‘alla moda’ o di vescovi ‘alla moda’. La gente ‘fiuta’ –
il popolo di Dio ha il fiuto di Dio – la gente ‘fiuta’ e si allontana quando riconosce i narcisisti, i manipolatori, i difensori delle cause proprie, i banditori di vane crociate. Piuttosto, cercate di assecondare Dio, che già si introduce prima ancora del vostro arrivo”, ha ribadito Francesco.
D’altra parte gli uomini “hanno bisogno della misericordia”: coscienti di essere “feriti e 'mezzi morti'”, ha osservato, tendono la mano per mendicarla, rimanendo “affascinati” dalla sua capacità di “chinarsi”, anche quando “un certo reumatismo dell'anima” impedisce di piegarsi.
NON ARRENDERSI E NON LAMENTARSI. Servono dunque persone che sappiano far emergere dagli “sgrammaticati cuori odierni” la volontà ad ascoltare il Signore, favorendo “il silenzio” che rende ciò possibile.
“
Dio non si arrende mai! Siamo noi che, abituati alla resa, spesso ci accomodiamo preferendo lasciarci convincere che veramente hanno potuto eliminarlo e inventiamo discorsi amari per giustificare la pigrizia che ci blocca nel suono immobile delle vane lamentele.
Le lamentele di un vescovo sono cose brutte”.
NON RISPARMIARE GLI SFORZI. L’esortazione è a lasciarsi “destabilizzare” da Dio: la sua misericordia - ha proseguito Francesco - è la “sola realtà” che consente all’uomo di non perdersi “definitivamente”. Ciò si traduce allora in
“non avere altra prospettiva” da cui guardare i fedeli che quella della loro “unicità”, non lasciando “nulla di intentato” pur di raggiungerli, non risparmiando “alcuno sforzo” per ricuperarli.
PERCORSI GUIDATI. La via è “iniziare” ciascuna Chiesa ad un cammino d’amore, quando oggi – ha constatato il Papa –
“si è perso il senso dell’iniziazione”:
“Pensate all’emergenza educativa, alla trasmissione sia dei contenuti sia dei valori, pensate all’analfabetismo affettivo, ai percorsi vocazionali, al discernimento nelle famiglie, alla ricerca della pace: tutto ciò richiede iniziazione e percorsi guidati, con perseveranza, pazienza e costanza, che sono i segni che distinguono il buon pastore dal mercenario”.
IL RUOLO DEI SEMINARI. Le “strutture di iniziazione” delle Chiese locali, ha spiegato, sono i seminari:
“Non lasciatevi tentare dai numeri e dalla quantità delle vocazioni, ma
cercate piuttosto la qualità del discepolato. Né numeri né quantità: soltanto qualità. Non private i seminaristi della vostra ferma e tenera paternità”.
Far dunque crescere i seminaristi “fino al punto di acquisire la libertà di stare in Dio tranquilli e sereni”, non preda “dei propri capricci e succubi delle proprie fragilità”, ma liberi di abbracciare quanto Dio chiede loro. Poi
stare “attenti” a che non si rifugino “nelle rigidità”: sotto - ha affermato - c’è sempre “qualcosa di brutto”. Quindi
accompagnare “con paziente sollecitudine” il clero.
“Vi prego pure di agire con grande prudenza e responsabilità nell’accogliere candidati o incardinare sacerdoti nelle vostre Chiese locali. Per favore, prudenza e responsabilità in questo. Ricordate che sin dagli inizi si è voluto inscindibile il rapporto tra una Chiesa locale e i suoi sacerdoti e
non si è mai accettato un clero vagante o in transito da un posto all’altro. E questa è una malattia dei nostri tempi”.
ACCOMPAGNARE LE FAMIGLIE. Al contempo, ha raccomandato di accompagnare le famiglie “incoraggiando l’immenso bene che elargiscono” nella società,
seguendo “soprattutto quelle più ferite” nel “discernimento” e con “empatia”.
“Non ‘passate oltre’ davanti alle loro fragilità. Fermatevi per lasciare che
il vostro cuore di pastori sia trafitto dalla visione della loro ferita; avvicinatevi con delicatezza e senza paura. Mettete davanti ai loro occhi la gioia dell’amore autentico e della grazia con la quale Dio lo eleva alla partecipazione del proprio Amore”.