Un nuovo beato per la Chiesa di Torino. Sabato 17 settembre alla Piccola Casa della Divina Provvidenza, cuore dell’opera di San Giuseppe Benedetto Cottolengo, don Francesco Paleari è stato proclamato beato. La celebrazione, presieduta dal cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle cause dei santi, vede per la prima volta un prete cottolenghino salire agli onori degli altari, ma la festa coinvolge anche la comunità natale di Pogliano Milanese, la diocesi di Torino in cui fu incardinato sacerdote nel 1886 e per la quale svolse numerosi incarichi, il Terz’ordine Francescano cui aderì sin dagli anni del seminario e quanti hanno conosciuto e approfondito la vita «semplice e straordinaria» di «don Franceschino». La vita di un prete capace di far sentire chiunque lo incontrasse «vicino a Dio», di un sacerdote radicato nella spiritualità cottolenghina, ma «anima Chiesa»: pronto a servire in tutte le realtà.
Don Francesco Paleari era nato a Pogliano Milanese il 22 ottobre 1863 e il 6 gennaio 1877 veniva accolto nella Piccola Casa della Divina Provvidenza di Torino, dal primo successore del Cottolengo, padre Luigi Anglesio. Ordinato sacerdote il 18 settembre 1886 dall’arcivescovo di Torino il cardinale Gaetano Alimonda, entrò a far parte della «Congregazione dei Preti della Santissima Trinità» fondata dal Cottolengo per il servizio ai poveri, ai malati e ai sofferenti, ai quali si donò per tutta la vita, nel ministero pastorale. Fin da giovane fu insegnante di latino e filosofia nel Seminario della Piccola Casa e presso i Missionari della Consolata, fondati dal beato Giuseppe Allamano di cui fu consigliere e collaboratore. Conosciute le sue doti umane e spirituali, per don Paleari arrivarono presto dall’arcidiocesi di Torino, richieste di nuovi incarichi. Per più di 40 anni fu confessore e direttore spirituale del seminario diocesano, predicatore di Esercizi al clero, a religiosi e religiose fuori e dentro la Piccola Casa e ad ogni ceto di persone. Fu anche provicario generale e vicario moniale dell’arcidiocesi torinese.
Morì il 7 maggio del 1939 e passarono due giorni prima che si esaurisse la fila di gente che transitava in processione di fronte alla salma esposta nell’atrio della Piccola Casa. Una fama di santità che portò in breve all’apertura del processo di beatificazione, l’11 giugno del 1947 (fu dichiarato venerabile il 6 aprile del 1998 e il 10 dicembre 2010 fu approvato il miracolo ottenuto per sua intercessione). «Don Francesco – spiega il postulatore padre Giovangiuseppe Califano – da tutte le testimonianze raccolte emerge come un prete che tra i tanti aspetti virtuosi ha vissuto con straordinario eroismo soprattutto il servizio pastorale di confessore e direttore spirituale. Era capace di effondere serenità e di far sempre sperimentare l’accoglienza di Dio verso il sofferente nell’animo e nel corpo. Non badava a sacrifici per ascoltare anche 400 confessioni a settimana e per tutti, con l’umiltà di San Francesco al quale come terziario era devoto, aveva parole di conforto e incoraggiamento». «Nella confessione poi e fuori del sacramento – racconta don Italo Ruffino, decano del clero torinese che lo conobbe negli anni del Seminario – gli bastavano pochissime parole, che poi ti trovavi calde nel cuore e ne vivevi per un bel po’».
Un esempio importante dunque per la Famiglia Cottolenghina, ma anche per tutta la Chiesa torinese: «La beatificazione di don Francesco Paleari sacerdote del Cottolengo – sottolinea l’arcivescovo Cesare Nosiglia – è un grande dono per la diocesi di Torino che vede così allargarsi la schiera numerosa di santi e beati che ne segnano il cammino spirituale ed ecclesiale. Essi sono il frutto più fecondo di una comunità cristiana che trova anche oggi nella fede in Cristo unita strettamente alla carità verso i poveri la via della sua testimonianza missionaria nella società. In questo tempo di grave crisi etica e sociale la beatificazione del Paleari offre inoltre alla nostra Chiesa locale uno stimolo forte di speranza e coraggio per percorrere la stessa via che questo umile e semplice sacerdote cottolenghino ha mostrato, seminando attorno a sé per tanti sacerdoti, religiosi e religiose, famiglie, fedeli, sani e ammalati, ricchi e poveri, la gioia pasquale che ne caratterizzava il sorriso e ne animava il servizio e l’intera vita».