Liturgia. Debutta il nuovo Messale. Ecco che cosa cambia a Messa
La preghiera del Padre Nostro nel nuovo Messale
Ci sono parroci che distribuiranno una sorta di “vademecum” per la celebrazione. Ci sono sacerdoti che hanno già annunciato di spiegare passo dopo passo le novità. Ci sono gruppi di animazione liturgica che introdurranno la liturgia indicando ciò che è stato modificato. Dal 29 novembre “cambia” la Messa in molte delle diocesi italiane. Perché con la prima Domenica d’Avvento si celebrerà l’Eucaristia con il nuovo Messale Romano. Certo, occorrerà fare l’orecchio alle numerose variazioni che contiene la nuova traduzione italiana del libro. La maggior parte riguarda le formule del sacerdote, mentre i ritocchi che dovranno essere imparati dall’assemblea sono pochi: così ha voluto il gruppo di lavoro che ha curato la traduzione per evitare “scossoni” destinati a creare eccessive difficoltà.
Già nei riti di introduzione dovremmo abituarci a un verbo al plurale: «siano». Non sentiremo più «La grazia del Signore nostro Gesù Cristo, l’amore di Dio Padre e la comunione dello Spirito Santo sia con tutti voi», ma «La grazia del Signore nostro Gesù Cristo, l’amore di Dio Padre e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi». È stato rivisto anche l’atto penitenziale con un’aggiunta “inclusiva”: accanto al vocabolo «fratelli» ci sarà «sorelle». Ecco che diremo: «Confesso a Dio onnipotente e a voi, fratelli e sorelle...». Poi: «E supplico la beata sempre Vergine Maria, gli angeli, i santi e voi, fratelli e sorelle...». Inoltre il nuovo Messale privilegerà le invocazioni in greco Kýrie, eléison e Christe, eléison sull’italiano «Signore, pietà» e «Cristo, pietà». Si arriva al Gloria – ma non lo reciteremo in Avvento perché si omette – che avrà la nuova formulazione «pace in terra agli uomini, amati dal Signore». Una revisione che sostituisce gli «uomini di buona volontà».
Il nuovo Messale Romano in italiano curato dalla Cei - Avvenire
La liturgia eucaristica vede fin dall’inizio alcune revisioni. Dopo l’orazione sulle offerte, il sacerdote inviterà a pregare dicendo: «Pregate, fratelli e sorelle, perché questa nostra famiglia, radunata dallo Spirito Santo nel nome di Cristo, possa offrire il sacrificio gradito a Dio Padre onnipotente». Un discorso a parte meritano le Preghiere eucaristiche e i prefazi. Sono ben sei i nuovi prefazi: uno per i martiri, due per i pastori, due per i santi dottori (che possono essere utilizzati anche in riferimento alle donne dottore della Chiesa per le quali finora mancavano testi specifici), uno per la festa di Maria Maddalena. La Preghiera eucaristica II, quella fra le più utilizzate, non manca di cambiamenti. Dopo il Santo, il sacerdote dirà allargando le braccia: «Veramente santo sei tu, o Padre, fonte di ogni santità». E proseguirà: «Ti preghiamo: santifica questi doni con la rugiada del tuo Spirito». Tutto ciò sostituisce la precedente formulazione: «Padre veramente santo, fonte di ogni santità, santifica questi doni con l’effusione del tuo Spirito».
L’atto penitenziale ha un’aggiunta “inclusiva”. Così diremo: «Confesso a Dio onnipotente e a voi, fratelli e sorelle...».
SIGNORE, PIETÀ
Così prevale il «Kýrie»
Sono privilegiate le invocazioni in greco «Kýrie, eléison» e «Christe, eléison» sull’italiano «Signore, pietà» e «Cristo, pietà».
GLORIA
Gli «amati dal Signore»
Il Gloria avrà la nuova formulazione «pace in terra agli uomini, amati dal Signore» che sostituisce gli «uomini di buona volontà».
CONSACRAZIONE 1
La «rugiada» dello Spirito
Dopo il Santo, il prete dirà: «Veramente santo sei tu, o Padre...». E proseguirà: «Santifica questi doni con la rugiada del tuo Spirito».
CONSACRAZIONE 2
«Presbiteri e diaconi»
Nella consacrazione si ha «Consegnandosi volontariamente alla passione». E nell’intercessione per la Chiesa l’unione con «tutto l’ordine sacerdotale» diventa con «i presbiteri e i diaconi».
PADRE NOSTRO
«Non abbandonarci...»Nel Padre Nostro entreranno le parole «Non abbandonarci alla tentazione» che prendono il postodi «Non ci indurre in tentazione».
Dono da scambiare
Il rito della pace conterrà la nuova enunciazione «Scambiatevi il dono della pace» che subentra a «Scambiatevi un segno di pace».
AGNELLO DI DIO
La «cena dell’Agnello»
Il prete dirà: «Ecco l’Agnello di Dio.... Beati gli invitati alla cena dell’Agnello».
LA CONCLUSIONE
Più sobrio il congedo
Al termine ci sarà la formula: «Andate e annunciate il Vangelo del Signore».
L’inizio del racconto sull’istituzione dell’Eucaristia si trasforma da «Offrendosi liberamente alla sua passione» a «Consegnandosi volontariamente alla passione». Cambia anche la formula «Per averci ammessi alla tua presenza a compiere il servizio sacerdotale» che diventa «Perché ci hai resi degni di stare alla tua presenza...». Il «Ricordati di tutti i presenti» diventa «Ricordati di tutti coloro che sono qui riuniti» perché i fedeli non sono semplicemente presenti a Messa ma riuniti nel nome di Cristo. E nell’intercessione per la Chiesa l’unione con «tutto l’ordine sacerdotale» diventa con «i presbiteri e i diaconi». Varia anche la Preghiera eucaristica della Riconciliazione I dove si leggeva «Prese il calice del vino e di nuovo rese grazie» e ora troviamo «Prese il calice colmo del frutto della vite».
I riti di Comunione si aprono con il Padre Nostro. Nella preghiera insegnata da Cristo è previsto l’inserimento di un «anche» («Come anche noi li rimettiamo»). Quindi il cambiamento caro a papa Francesco: non ci sarà più «E non ci indurre in tentazione», ma «Non abbandonarci alla tentazione». In questo modo il testo contenuto nella versione italiana Cei della Bibbia, datata 2008, e già inserito nella rinnovata edizione italiana del Lezionario, entra nell’ordinamento della Messa.
Il rito della pace – che mancherà a causa della pandemia – conterrà la nuova enunciazione «Scambiatevi il dono della pace» che subentra a «Scambiatevi un segno di pace». E, quando il sacerdote mostrerà il pane e il vino consacrati, dirà: «Ecco l’Agnello di Dio, ecco colui che toglie i peccati del mondo. Beati gli invitati alla cena dell’Agnello». Una rimodulazione perché nel nuovo Messale «Beati gli invitati» non apre ma chiude la formula e si parla di «cena dell’Agnello», non più di «cena del Signore». Per la conclusione della Messa è prevista la nuova formula: «Andate e annunciate il Vangelo del Signore». Ma i vescovi danno la possibilità di congedare la gente anche con le tradizionali parole latine: Ite, Missa est.
Anche nel rito ambrosiano entrano alcune delle novità presenti nel Messale Romano “numero 3”. Sono ad esempio il “nuovo” Gloria e il “nuovo” Padre Nostro. Poi la riformulazione «Ecco l’Agnello di Dio... Beati gli invitati alla cena dell’Agnello». O le variazioni delle Preghiere eucaristiche. Si tratta di tutte le parti comuni del rito della Messa che vengono recepite anche nelle celebrazioni dell’arcidiocesi di Milano. Il tutto avverrà dal 29 novembre, terza Domenica dell’Avvento ambrosiano che coincide con la prima Domenica d’Avvento nel rito romano. Lo ha stabilito l’arcivescovo Mario Delpini che, tenendo conto della scelta della Conferenza episcopale lombarda di utilizzare da oggi il nuovo Messale Romano, ha voluto adottare in contemporanea le revisioni liturgiche come segno di comunione. Per esplicitare meglio le novità, sul sito Internet della Chiesa di Milano sono pubblicati una scheda e un commento di monsignor Claudio Magnoli, segretario della Congregazione del rito ambrosiano.
Il vescovo Maniago: si apre un nuovo capitolo per la Chiesa italiana. E il Messale è segno di speranza nella pandemia
Il giorno atteso è arrivato. Dal 29 novembre il nuovo Messale Romano si apre sugli altari delle parrocchie della Penisola. Almeno così ha scelto la maggioranza delle Conferenze episcopali regionali o dei singoli vescovi. Eppure questa prima Domenica d’Avvento, che inaugura l’Anno liturgico, sarà ricordata non solo per il rinnovato “libro dell’Eucaristia” che comincia a essere utilizzato nella Chiesa italiana ma anche per l’avvio del cammino verso il Natale segnato dalla pandemia con le sue restrizioni fisiche, le misure anti-Covid e anche le paure. «È provvidenziale questa concomitanza», sostiene il vescovo di Castellaneta, Claudio Maniago, che come presidente della Commissione episcopale Cei per la liturgia ha guidato la fase conclusiva e più complessa del lavoro che ha portato alla pubblicazione della terza edizione italiana del Messale. Non un esordio in sordina, come qualcuno potrebbe sostenere. «È vero che il libro liturgico viene adottato in un momento nel quale le celebrazioni vedono ridurre il numero dei fedeli e la partecipazione è condizionata dalle limitazioni agli spostamenti, insieme a una diffusa preoccupazione. Tuttavia il fatto che la Chiesa italiana scelga di aprire un nuovo capitolo della sua vita ecclesiale con il Messale all’inizio dell’Anno liturgico è segno di speranza. E credo che sia anche consolatorio». Perché il volume curato dalla Cei e illustrato da Mimmo Paladino non è il «libro del prete, ma della comunità», tiene a far sapere Maniago. Ed è frutto di diciotto anni di impegno: tanti ne sono serviti per arrivare alla traduzione italiana della terza edizione tipica latina varata dalla Santa Sede nel 2002 per aggiornare e arricchire il Messale Romano di Paolo VI, emblema della riforma liturgica scaturita dal Concilio.
Eccellenza, quale il significato di questa “rivoluzione gentile” a Messa?
Mi affido alle parole impiegate dai vescovi nel messaggio che ha accompagnato l’uscita del Messale: esso è un dono prezioso per riscoprire la bellezza e la fecondità della celebrazione eucaristica. Come ha detto il Papa nell’accogliere la prima copia che gli abbiamo consegnato a fine agosto, rivedere un libro può essere anche relativamente semplice; ben più impegnativo è cambiare la mentalità e quindi far maturare una rinnovata consapevolezza intorno all’Eucaristia. Per questo il nuovo Messale rappresenta un’occasione da non sprecare.
Per tornare a riassaporare a pieno il gusto della liturgia?
C’è attesa per il Messale: un’attesa che non è solo curiosità ma desiderio di contemplare sempre di più il mistero celebrato. Ecco perché, a partire dal nuovo libro liturgico, le parrocchie e le diocesi sono invitate a proporre itinerari di formazione. Come si può vivere bene la celebrazione se non si conoscono gesti e significati? È un diritto di ogni battezzato sapere e non in maniera superficiale. Una maggiore consapevolezza consente una partecipazione più viva e attiva.
Il nuovo Messale Romano in italiano curato dalla Cei - Avvenire
Il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, scrive in apertura del volume che il nuovo Messale è più rispondente al linguaggio e alle situazioni pastorali di oggi.
Nella traduzione, accanto alla fedeltà al testo latino, si è cercato uno stile che fosse consono alla lingua contemporanea, pur rispettando la dignità del linguaggio liturgico che, essendo destinato a momenti di alto valore, ha una sua peculiare dignità. Nel libro abbiamo tenuto conto anche di nuove sensibilità che sono emerse negli anni e che sono state declinate ad esempio in un linguaggio più inclusivo: penso al Confesso dove è stata adottata l’espressione «fratelli e sorelle».
Perché ci sono voluti quasi due decenni per arrivare alla pubblicazione?
Il Messale in italiano ha una sua particolare rilevanza: fa da esempio per le traduzioni in altre lingue nazionali ed è quello usato dal Papa. Tutto ciò ha richiesto specifiche accortezze. E poi il testo è stato al centro di un percorso sinodale che ha coinvolto l’intero episcopato italiano ma anche vari organismi della Santa Sede.
Numerose sono le revisioni. Occorrerà farci l’orecchio e impararle.
La nuova edizione del Messale chiederà a tutti più attenzione: e questo male non fa. I sacerdoti si troveranno in più occasioni testi con una traduzione nuova. Come le Preghiere eucaristiche: alcune sono state riviste in modo significativo. Per le parti dell’assemblea è stato adottato il criterio di ridurre al minimo le variazioni per non disorientare. Tuttavia alcuni cambiamenti toccano il Padre Nostro o il Gloria. Nella preghiera insegnata da Gesù abbiamo voluto modificare l’espressione «Non ci indurre in tentazione» che creava disagio. Un disagio espresso anche dal Papa di fronte a parole che potevano lasciar trasparire l’immagine di un Dio non misericordioso. Adesso dobbiamo affrontare il piccolo sacrificio di usare la nuova versione ma la preghiera risulta più precisa e quindi più bella.
Non è stato messo mano al «Versato per voi e per tutti» che traduce la locuzione latina «Pro multis». Perché?
La scelta scaturisce da una decisione dell’episcopato confermata anche da una votazione. «Per tutti» non tradisce l’originale ed è un’espressione profondamente vera che racchiude il messaggio di salvezza di Cristo. Un eventuale cambiamento poteva essere faticoso da comprendere.
Il nuovo Messale Romano in italiano curato dalla Cei - Avvenire
Il nuovo Messale è comunque ricco di novità.
Anzitutto perché la terza edizione tipica latina contiene molti più testi o nuove versioni di preghiere. E vorrei evidenziare che ci sono ben sei nuovi prefazi di cui quattro di matrice italiana e quindi esclusivi per il nostro Messale. Infatti, nel momento in cui siamo andati a tradurre l’originale latino, abbiamo avvertito la necessità di proporre alla Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti i quattro nuovi prefazi, due per i pastori e due per i dottori della Chiesa, che sono stati composti dalla Chiesa italiana. E il dicastero vaticano li ha accolti.
L’introduzione firmata dalla Cei avverte che non va aggiunto o tolto nulla a quanto è scritto nel libro. Basta con le Messe fai-da-te?
Due sono gli eccessi. Uno è quello della creatività che, sebbene nasca dallo zelo di coinvolgere le assemblee, inficia un testo che dice come la Chiesa sia una quando celebra. E poi c’è il rubricismo asettico, ossia il rispetto freddo delle norme, che, non tenendo conto di come un’assemblea viva questo o quel tempo, questo o quel luogo, non anima la liturgia con tutte le possibilità che il Messale prevede.