Nella chiesa di San Martino a Batignano, in provincia di Grosseto, il prossimo 16 aprile verrà aperta la Porta Santa. Perché nel luogo di culto è sepolto il venerabile padre Giovanni Nicolucci, conosciuto anche come Giovanni da San Guglielmo (Montecassiano, 15 luglio 1552 - Batignano, 14 agosto 1621), agostiniano scalzo preso dalla diocesi come punto di riferimento per il Giubileo della misericordia. A lui saranno dedicati anche un documentario e una mostra storica che girerà per le parrocchie, per diffonderne la venerazione. Durante la sua vita «sentì il dolore per ogni situazione di peccato e agì perché fosse essiccata la sorgente che lo generava », scrivono i suoi biografi. La sua figura, poco nota, parla di una consolazione e misericordia ricevuta e donata spendendosi concretamente per l’altro. Fratello dei più poveri e balsamo nelle ferite della società del tempo, fu anzitutto un uomo delle periferie: preferì più volte rimanere a predicare nei villaggi della Maremma che accettare gli inviti della nobiltà di allora, in particolare della granduchessa Cristina di Lorena, di cui era padre spirituale. Come agostiniano scalzo, padre Giovanni professò un quarto voto: quello dell’umiltà. A lui gli abitanti di Batignano - paesino che si trova a pochi chilometri dalla comunità di Nomadelfia, fondata da don Zeno Saltini - sono particolarmente legati e impegnati a ravvivarne la memoria: venerandolo già come un santo, hanno acquistato le prime due biografie del religioso in copia originale, risalenti rispettivamente al 1629 e 1733. Verrà riproposto in una prossima pubblicazione un suo opuscolo spirituale, intitolato 'La scala dei quindici gradi'. Oltre che alla confessione, padre Nicolucci (sacerdote dal 1576) fu maestro dei novizi e priore in diversi conventi dell’Umbria e delle Marche, anche se coltivava il desiderio di ritirarsi a vita contemplativa. Un’aspirazione che lo accompagnò nel 1597 in Maremma, dove si stabilì presso l’eremo di Malavalle, luogo in cui visse san Guglielmo eremita nel XII secolo. Per vent’anni padre Giovanni condusse una predicazione itinerante nei villaggi e a Roma, Firenze, Genova, raggiungendoli a dorso di mulo o di cavallo, oppure a piedi. Il primo posto che visitava al suo arrivo era il carcere, portando conforto e regali ai detenuti; poi andava a trovare i malati in ospedale, e a Castiglione della Pescaia riuscì a costruirne uno con le elemosine raccolte. Poi pregava e piangeva per i peccatori. Toccante un episodio, citato spesso dai batignanesi: invitato a pranzo dalla ricca famiglia Franci, accettò, lui eremita austero. Ma a tavola tirò fuori dalla sua bisaccia un tozzo di pane. Il padrone di casa, risentito, lo esortò a servirsi dei cibi preparati, ma lui rispose: «Non posso: il tuo pane gronda il sangue dei poveri». Lo dimostrò spezzando uno dei pani bianchissimi, da cui fiottò del sangue, nello stupore dei commensali. Segno che la sua predicazione e l’appello alla conversione volevano raggiungere proprio tutti, nessuno escluso.
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