Chiesa

Santa Sede. Lombardi: caso Wesolowski, indagini proseguono

Andrea Galli giovedì 4 dicembre 2014
«Prevalga sempre la verità». Così si è espresso ieri papa Francesco con il procuratore generale della Repubblica Dominicana, Francisco Dominguez Brito, giunto a Roma per il caso dell’ex nunzio apostolico nel Paese caraibico, il polacco Jozef Wesolowski, sui cui pesano le imputazioni di abusi sessuali su minori e possesso di materiale pedopornografico. Lo ha dichiarato lo stesso Dominguez Brito in una nota. Sempre secondo il procuratore generale, nel suo intervento Bergoglio ha chiesto che «le istituzioni di entrambe le giurisdizioni agiscano con piena libertà e dentro il quadro delle norme». Posto agli arresti domiciliari in Vaticano lo scorso 26 agosto, Wesolowski «è stato autorizzato a una certa libertà di movimento, ma con obbligo di permanenza all’interno dello Stato e soggetto a opportune limitazioni nelle comunicazioni con l’esterno», ha reso noto il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi, «essendo scaduti i termini per la custodia preventiva e in considerazione delle sue condizioni di salute». All’incontro tra il Papa e la massima autorità inquirente dominicana erano presenti anche il magistrato di Santiago, Luisa Liranzo, il deputato Victor Suarez, presidente della Commissione delle relazioni esterne della Camera dei deputati, e Tessie Sanchez, direttore generale della comunicazione della procura generale dominicana. Ieri Dominguez Brito ha avuto un colloquio anche il promotore di giustizia del tribunale dello Stato della Città del Vaticano, Gian Piero Milano. Un confronto, ha informato padre Lombardi, «utile per ambedue le parti, data la complessità dell’inchiesta e la eventualità di una rogatoria internazionale da parte vaticana per acquisire ulteriori elementi». Il gesuita ha poi specificato che «la magistratura dello Stato della Città del Vaticano, continuando le indagini, ha compiuto un primo interrogatorio dell’imputato, a cui ne seguiranno altri». Wesolowski, 66 anni, è stato condannato in prima istanza dalla Congregazione della dottrina della fede alla dimissione dallo stato clericale.