Siria. Padre Mourad, che fu rapito nel 2015 dal Daesh, è il nuovo arcivescovo di Homs
Padre Jaques Mourad è il nuovo arcivescovo di Homs, in Siria
Poco più di anno fa parlando agli studenti del liceo Amaldi di Roma diceva «che la violenza esiste solo quando c’è una reazione violenta». Se la si accoglie «con pazienza, amore, sensibilità, la violenza se ne va». Padre Jaques Mourad è il nuovo arcivescovo di Homs. Il Papa infatti, ha dato il suo assenso all’elezione fatta dal Sinodo dei vescovi della Chiesa patriarcale di Antiochia dei Siri. Il nome di Mourad torna così agli onori delle cronache per un motivo ben più piacevole di sette anni fa. Allora il sentimento dominante era l’angoscia. Un “calvario” spirituale iniziato il 21 maggio 2015 quando i monaco fu rapito da un gruppo di estremisti islamici nel monastero di Mar Elian, in Siria e terminato solo al momento del rilascio dopo cinque mesi di prigionia. In quei giorni – ha raccontato ancora agli studenti romani – ho ricevuto due doni: la capacità di guardare i miei rapitori negli occhi «cercando l’uomo, e la il silenzio. Il non reagire alla violenza è stata la risposta più forte, tanto che i miei carcerieri hanno iniziato a trattarmi con meno durezza. Restavo in silenzio con un piccolo sorriso e con uno sguardo mite».
Mourad, nato ad Aleppo, in Siria il 28 giugno 1968, è il co-fondatore della comunità di Mar Mousa, assieme a padre Paolo Dall’Oglio, il gesuita romano rapito nel 2013 e di cui non si sa più nulla. Dopo l’ingresso nel Seminario di Charfet, in Libano la biografia del nuovo vescovo prosegue con il baccalaureato in filosofia e teologia e, a seguire, la licenza in Liturgia presso l’Università Saint-Esprit di Kaslik. Entrato nella Comunità monastica di Deir Mar Musa Al-Abashi, Mourad ha emesso i primi voti il 20 luglio 1993. Il 29 giugno 2011è stato ordinato sacerdote e incardinato nell’arcieparchia di Homs dei Siri. Dal 2000 al 2015 è stato incaricato del Convento di Mar Elian e della parrocchia di Qaryatayn.
Già segretario particolare dell’arcivescovo, recita il bollettino della sala Stampa vaticana, con l’invasione della Piana di Ninive si è occupato degli sfollati siri presso la Chiesa Mar Shmoni in Erbil, e per due anni è stato “protosincello” cioè vicario generale dell’arcieparchia. Tra gli altri incarichi affidatigli, quello di insegnante di Sacra Scrittura e di curatore di un programma radiofonico. Dopo il rapimento, raccontato nel libro “Un monaco in ostaggio. La lotta per la pace di un prigioniero dei jihadisti” edito in Italia da Effatà, ha abitato nei monasteri di Cori, in Italia e di Sulaymanyah (Iraq). Rientrato in Siria nel 2020, è stato vice-superiore ed economo della comunità di Mar Elian.
Un pastore, dunque, pur relativamente giovane ma dalla grande esperienza, maturata nella sofferenza, cui ha opposto la preghiera e il dialogo. Basi su cui ha radicato il proprio impegno nella ricostruzione. Umana, di sé stesso, e materiale. Quella, in particolare, del monastero di Mar Elian, che i jihadisti avevano distrutto. Un nuovo inizio – ha scritto Mourad in una lettera ripresa da AsiaNews – «coronato dalla riconsacrazione della chiesa e della cappella per mano del vescovo siro-cattolico di Damasco, Jihad Battah, e del vescovo siro-ortodosso di Homs, Matta el-Khoury. La presenza dei due vescovi ha costituito un solenne atto di riconciliazione delle due Chiese di Qaryatayn, che in passato avevano avuto forti contrasti sulla proprietà del Monastero stesso».
Perché il dialogo aiuta sempre e fa superare abissi di incomprensione. All’interno della stessa famiglia e, a maggior ragione, nei confronti di fedi diverse dalla nostra. «Nel rapporto con gli altri – spiega Mourad – occorrono più umiltà e chiarezza. Abbiamo bisogno di leggere profondamente il Vangelo per viverlo come si deve».