Novant'anni. Opus Dei al femminile, storia d'amore iniziata il giorno di san Valentino
La chiamata alla santità dei laici nella loro comunissima quotidianità di per sé non poteva conoscere limiti: quel mattino del 2 ottobre 1928 a Madrid il 26enne sacerdote spagnolo “vide” lo scenario mozzafiato della santificazione del lavoro e della famiglia come un orizzonte universale. Lo sguardo di Dio sull’umanità del quale fu messo a parte come con un lampo accecante non poteva conoscere esclusioni. Ma don Josemaría Escrivá era figlio del suo tempo, e l’Opus Dei quel giorno nacque declinata solo al maschile.
Il futuro santo, canonizzato nel 2002, aveva però attitudine a vedere lungo, ben oltre il recinto del «si è fatto sempre così» – come dice oggi papa Francesco – e avvertiva tutta l’urgenza di stare al passo con un mondo in vertiginosa trasformazione, spinto dal desiderio bruciante di riportare Dio nel cuore delle attività di milioni di laici cristiani. Tutti. Gli bastò dunque meno di un anno e mezzo perché nel suo cuore affiorasse la certezza che «i cammini divini della terra» attendevano anche le donne. Era il 14 febbraio 1930, novant’anni fa esatti.
Un anniversario che è oggi occasione per una festa «di famiglia», com’è nello stile della Prelatura, da tre anni sotto la guida di don Fernando Ocáriz, il terzo successore di Escrivá: «Dalla santità della donna dipende in gran parte la santità delle persone che le stanno accanto – scrive il prelato dell’Opus Dei in una lettera ai membri e agli amici dell’istituzione laicale, pubblicata su www.opusdei.it – questo ha sempre ritenuto san Josemaría, con la ferma convinzione che “la donna è chiamata ad apportare alla famiglia, alla società civile, alla Chiesa, qualche cosa di caratteristico che le è proprio e che soltanto lei può dare”».
Ocáriz invita a vivere questa giornata con una «fede riconoscente per la divinità della vocazione cristiana personale e della corrispondente missione apostolica che il Signore ci affida; in modo particolare nel contemplare l’estensione e l’intensità del lavoro cristiano che portano avanti le donne dell’Opus Dei, mettendo in gioco tutta la loro ricchezza spirituale e umana con le persone del nostro tempo». Senza citarla esplicitamente, il prelato sembra evocare Guadalupe Ortiz, scienziata e insegnante, prima laica dell’Opus Dei ad arrivare sugli altari, beatificata a Madrid il 18 maggio di un anno fa. Quel 14 febbraio di novant’anni fa viene ricordato da Federica Colzani, giovane responsabile per l’Italia delle donne dell’Opus Dei, come il giorno in cui san Josemaría «accolse la luce divina che gli ispirava una partecipazione coinvolgente delle donne nella vita della Chiesa, nel mondo. La data – aggiunge, con finezza – coincide con la festa degli innamorati, ritenuta da molti commerciale. Io la ritengo una preziosa coincidenza per cogliere l’amore umano e divino che le donne dell’Opus Dei, in quanto donne di Cristo in mezzo al mondo, cercano di trasmettere a chi sta loro accanto. Esercitando con tenacia la vita politica, la professione dell’insegnante, curando un malato, accogliendo un’immigrata, spiegando ai figli come si usano i social. Con errori, come tutti, e con gesti d’Amore». Già la santificazione dei laici nel 1928 – e certo non solo in Spagna – era considerata poco meno che un’eresia (ci vorrà il Vaticano II per renderla patrimonio della Chiesa) figuriamoci per le donne.
Un’intuizione che costò a Escrivá e alla giovane realtà ecclesiale appena nata una lunga incomprensione: «Negli anni 30 e 40 il messaggio di san Josemaría era estremamente innovativo – nota don Normann Insam, vicario dell’Opus Dei per l’Italia – se si considera il contesto sociale del tempo, pensare di includere anche le donne laiche nel suo insegnamento di impegno cristiano in tutte le occupazioni del mondo era addirittura rivoluzionario».
Quello cui don Insam oggi invita è dunque «un pensiero di gratitudine e ammirazione per quella prima generazione di donne coraggiose e piene di fede che accolsero l’invito divino di san Josemaría, contribuendo con le loro vite a realizzare quella che avrebbe potuto facilmente restare l’idea impossibile di un prete sognatore». Un sogno che oggi si è fatto indispensabile compagnia quotidiana per migliaia di donne, in Italia e in tutto il mondo.