Chiesa

La teologa. Noceti: lavoro lungo ma i tempi sono maturi per affrontare la questione

LAURA BADARACCHI sabato 14 maggio 2016
Da due giorni è sommersa di messaggi dei suoi studenti. Perché Serena Noceti, vicepresidente dell’Ati (Associazione teologica italiana) e docente di teologia sistematica presso la Facoltà teologica dell’Italia centrale, tiene un corso di teologia del diaconato all’Istituto superiore di scienze religiose 'I. Galantini' (Firenze) e con i giovani che seguono le sue lezioni presenta anche la storia del diaconato delle donne nella Chiesa primitiva. «L’annuncio del Papa di voler istituire una commissione di studio sul diaconato femminile ha suscitato reazioni positive in tutto il mondo. Segno che era proprio il momento per affrontare la questione. Si avverte un grande desiderio di ascoltare la parola delle donne nella Chiesa», commenta. Sul servizio autorevole delle donne nella Chiesa «abbiamo un riferimento importante nel Nuovo Testamento: al capitolo 16 della Lettera ai Romani san Paolo parla di Febe, 'nostra sorella', diacono della Chiesa di Cencre, un sobborgo di Corinto, molto probabilmente la latrice della lettera alla comunità di Roma. Poi ci sono decine di attestazioni di fonti letterarie, liturgiche, storiche e anche epigrafiche (sulle tombe), soprattutto nella Chiesa d’Oriente, che vanno dal II-III secolo fino al VI-VII secolo. Possiamo citare, come esempio, le lettere indirizzate da san Giovanni Crisostomo alla diaconessa Olimpiade », riferisce la teologa. Ma cosa facevano, in pratica, le diacone o diaconesse? «Avevano una funzione di evangelizzazione, servizio ai poveri, visita alle donne a domicilio, sostegno ai riti battesimali. Sappiamo che non presiedevano la celebrazione liturgica ma erano scelte dal vescovo, venivano sostenute economicamente dalle diocesi e avevano un ruolo ministeriale particolare riconosciuto dalla comunità. Ovviamente queste funzioni devono essere considerate e inserite nel contesto sociale del tempo, in cui il ruolo e gli spazi di azione della donna erano diversi rispetto a oggi. Secondo alcuni teologi e storici, queste donne ricevevano una vera e propria ordinazione come gli uomini diaconi, secondo altri invece si trattava di un mandato o di una semplice benedizione per poter esercitare il ministero », precisa Noceti. Per comprendere cosa significa oggi essere diacono, tuttavia, non si può attingere solo alla Chiesa delle origini e alla tradizione, ma occorre «guardare alla teologia del diaconato secondo il Vaticano II. Al numero 29 della Lumen Gentium il Concilio dice che i diaconi sono ordinati per il ministero e non per il sacerdozio: vuol dire che custodiscono l’apostolicità della fede, servono la Parola di annuncio del Vangelo che ci fa Chiesa, la proclamano solennemente anche nella liturgia, animando le comunità cristiane anche nel servizio ai poveri, e questo potrebbero farlo anche le donne». Un punto su cui la Commissione di studio annunciata da Francesco dovrà «lavorare molto, a partire anche da decine di studi storici, liturgici, teologici che nel post-Concilio si sono interrogati sul diaconato alle donne». © RIPRODUZIONE RISERVATA Serena Noceti