Africa. Vocazioni dell’altro mondo: in Nigeria il Seminario con più di 700 futuri preti
Ore 5. A Enugu, la capitale dell’omonimo Stato nel sudest della Nigeria, città di 800mila abitanti, mentre è ancora buio e i più consumano le ultime ore di sonno, 531 giovani uomini si alzano, si preparano in fretta, indossano la loro talare bianca e alle 5.30 riempiono in silenzio la chiesa del locale Seminario cattolico, nel campus che sorge poco distante dalla Zik Avenue, una delle arterie principali del traffico urbano. Poi un’ora fatta di adorazione eucaristica, meditazione e lodi. Alle 6.45 la Messa e alle 7.30 la meritata colazione.
Così inizia la giornata tipo del Bigard Seminary, centro di formazione del clero della provincia ecclesiastica che fa capo all’arcidiocesi di Onitsha e comprende le diocesi suffraganee di Abakaliki, Awgu, Awka, Ekwulobia, Enugu, Nnewi e Nsukka. Il Bigard da tempo ha la nomea di più grande Seminario cattolico del mondo, anche se il primato è incerto, è insidiato dal Seminario di Ledalero, sulla Isola di Flores nel sudest dell’arcipelago indonesiano, cresciuto esponenzialmente negli ultimi anni. Di sicuro con i suoi attuali 771 seminaristi – di cui 531 diocesani, che vivono lì, e 240 che appartengono a congregazioni religiose presenti in zona, cappuccini, claretiani, vincenziani, somaschi, che lì studiano ma tornano a dormire nelle proprie comunità – ha pochi rivali. E rappresenta un polmone unico per il cattolicesimo non solo nigeriano, attirando studenti anche da Paesi vicini come il Camerun.
Una liturgia eucaristica nella chiesa del Seminario di Enugu (Nigeria) che contiene 800 persone sedute - .
«Da qui sono usciti 35 vescovi, 14 arcivescovi e 4 cardinali – spiega il rettore, Albert Okechukwu Ikpenwa – e due dei porporati sono viventi: il cardinale Francis Arinze [emerito della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacrament ndr] e il cardinale Peter Okpaleke, vescovo di Ekwulobia. Dal Bigard Seminary sono passati anche molti che non sono giunti all’ordinazione ma sono diventati ingegneri, medici, professori universitari, esponenti politici o hanno fatto carriera nell’esercito. Il nostro è un contributo anche alla vita civile della Nigeria». Ikpenwa, 57 anni, alle spalle un dottorato in teologia morale alla Pontificia Accademia Alfonsiana e anni di apostolato nella diocesi di Passau in Germania, poliglotta, ha il compito di supervisionare il cammino di centinaia di aspiranti al sacerdozio. «Non è facile, certo – commenta – ma sono tanti anche i formatori e i direttori spirituali. I seminaristi sono divisi in gruppi, con un sacerdote responsabile, in modo che ognuno sia ben seguito». Anche l’organizzazione materiale della cittadella non è banale. «I seminaristi fanno le pulizie, curano la struttura e il verde, senza personale ausiliario, cercando di tenere tutto più in ordine possibile» dice il rettore.
Una veduta dall’altro del Seminario di Enugu in Nigeria - .
Il Bigard Seminary compie 100 anni di vita. Aprì i battenti infatti nel 1924 a Onitsha – primo rettore fu l’irlandese William O’Donnel, padre spiritano – e dopo aver cambiato diverse sedi nel 1951 si stabilì definitivamente nell’attuale. I preparativi per la celebrazione del centenario sono iniziati il 13 novembre del 2019 con una Messa solenne e l’ordinazione di 25 diaconi presieduta dall’allora nunzio apostolico in Nigeria, monsignor Antonio Guido Filipazzi, oggi nunzio in Polonia, e sono proseguiti in questi anni con una ricca serie di iniziative, tra cui un Festival di arte e cultura nel 2021, un concorso di canto e musica nel 2022 e uno sulla conoscenza della Bibbia nel 2023. La grande festa conclusiva sarà il prossimo 21 novembre.
L’orchestra del Seminario di Enugu in Nigeria - .
I soldi che servirono per iniziare il Seminario arrivarono dall’Opus Sancti Petri Apostoli, oggi Pontificia Opera San Pietro Apostolo, fondata dalla francese Jeanne Bigard (1859-1914), un busto della quale campeggia nei giardini curati dai seminaristi. Nata in una ricca famiglia della Normandia, Jeanne Bigard si appassionò alle imprese dei missionari e in particola alla formazione del clero autoctono nelle terre di nuova evangelizzazione, fino a devolvere tutti i suoi beni per la causa, creando l’opera che è arrivata fino ai nostri giorni. Ebbe una vita segnata da grandi dolori familiari – il padre magistrato si suicidò, un fratello morì giovane in un incendio – e lei stessa finì i suoi anni ricoverata per il deteriorarsi della sua salute psichica. La sua parabola sembrò quella del seme che cade a terra e muore per dare molto frutto: nel suo caso una moltitudine di sacerdoti. E a Enugu non l’hanno dimenticata.