Intervista. Abu Dhabi, in dialogo nella casa delle tre religioni
La chiesa di San Francesco assieme a una moschea e a una sinagoga compone la Abrahamic Famly House
Il dialogo come vocazione, come dovere, come stile. Quanto mai necessario oggi con l’aggravarsi del conflitto mediorientale, escalation che chiama le fedi a dare ancora più forza al gene dell’incontro, presente nel Dna di ogni religione. «Penso che il dialogo faccia parte della natura religiosa dell’essere umano – sottolinea monsignor Paolo Martinelli, vicario apostolico dell’Arabia Meridionale, che comprende gli Emirati Arabi Uniti, l’Oman e lo Yemen –. Nessuno può concepirsi isolatamente. La stessa autocoscienza dell’uomo è destata dal fatto di essere chiamati per nome da qualcuno. Un bambino – secondo una nota immagine usata da Urs von Balthasar – è introdotto alla coscienza di sé perché è chiamato da un altro, dalla voce della madre e dal suo sorriso; nel dialogo al bambino si dischiude l’intero orizzonte dell’essere, nella sua bellezza, bontà e verità. Questa dinamica non riguarda solo l’inizio della vita umana. Riguarda tutta l’esistenza». Una prospettiva quanto mai presente nel cristianesimo. «La struttura dialogica – prosegue Martinelli - ha per noi fondamento nello stesso mistero di Dio Trinità. Il Dio della fede cristiana è il Dio-che-parla, come diceva Origene di Alessandria. Noi siamo creati ad immagine e somiglianza di Dio che è in sé stesso eterna comunicazione di amore. In questa prospettiva, la radice del dialogo tra persone di religioni e fedi diverse è da una parte la stessa natura umana che ci accomuna, dall’altra è la stessa esperienza religiosa, in cui l’uomo è chiamato ad uscire da sé stesso verso l’Altro, verso Dio; un dialogo che passa sempre attraverso gli altri che incontriamo».
Ed è appunto all’insegna del dialogo l’incontro “La Sapienza attraverso le tradizioni. Un’eredità del passato, una garanzia per il futuro”, tenutosi il 20 novembre presso l’Abrahamic Family House di Abu Dhabi per i vent’anni della Fondazione Oasis, centro internazionale che promuove la conoscenza del mondo islamico e l’incontro tra cristiani e musulmani.
La Fondazione Oasis è frutto di un’intuizione geniale e profetica del cardinale Angelo Scola. Da una parte raccoglie il bisogno delle comunità cristiane ed in particolare dai vescovi che vivono ed operano in Paesi a maggioranza islamica, di avere un confronto e degli strumenti per dialogare con il mondo islamico; dall’altra parte nasce dalla consapevolezza del mescolamento dei popoli – il meticciato di civiltà e di culture - grazie al movimento migratorio in atto dalle proporzioni inedite che richiede una conoscenza reciproca tra Occidente e mondo musulmano. Il metodo fondamentale di Oasis è quello della testimonianza dove cioè le persone si incontrano e comunicano da libertà a libertà la propria esperienza religiosa, superando vicendevoli pregiudizi e stereotipi, imparando a conoscersi veramente e a stimarsi.
Un momento dell'incontro del 20 novembre - Fondazione Oasis
Tra i protagonisti dell’appuntamento Sarah Stroumsa (Hebrew University di Gerusalemme), Ahab Bdaiwi (docente di pensiero islamico alla Leiden University) e Martino Diez (Fondazione Oasis).
Il fatto che Oasis nel XX anniversario della sua fondazione abbia dedicato un incontro al tema della sapienza è significativo perché la sapienza tematizza il rapporto tra la fede e la visione della vita. Nella sapienza la religione esce dalla tentazione di concepirsi come un sistema astratto di dottrine per essere, invece, esperienza umana illuminata dallo Spirito di Dio infuso nel cuore di chi crede.
Lei ha svolto una relazione sulla teologia sapienziale in Urs von Balthasar.
In von Baltasar il tema della sapienza è molto articolato. Nella TeoLogica afferma che non esiste nessun’altra verità al di fuori dell’amore tra il Padre e il Figlio nello Spirito Santo. La verità di Dio è una verità amante, una verità amorosa e amabile. L’amore trinitario è il fondamento di ogni vivente. Non a caso il tema della sapienza in Balthasar si esprime in particolare nel rapporto tra teologia e spiritualità, teologia e santità, teologia e preghiera, come dimensione sponsale tra Cristo e la Chiesa, tra Dio e l’anima credente. San Bonaventura da Bagnoregio, molto stimato da Balthasar, diceva che lo scopo della teologia è “ut boni fiamus”, perché diventiamo santi, conformandoci alla sapienza divina che per noi è Cristo crocifisso e risorto, datore dello Spirito senza misura.
L’incontro, organizzato dalla chiesa di San Francesco della Abrahamic Family House insieme alla Fondazione Oasis e all'Ufficio per il dialogo interelligioso ed ecumenico del Vicariato apostolico dell'Arabia meridionale, si è svolto proprio presso la Abrahamic Family House che anche architettonicamente richiama alla vicinanza tra le religioni.
Esprime in un modo emblematico un nuovo capitolo di storia del rapporto tra le religioni: in un’unica realtà troviamo tre luoghi di culto delle tre religioni che in modi diversi si relazionano alla figura di Abramo. È un invito alla conoscenza reciproca e al rispetto vicendevole.
La struttura è un richiamo al Documento sulla fratellanza umana firmato ad Abu Dhabi, nel 2019 da papa Francesco e dal grande imam di al-Azhar, Ahmad al-Tayyib.
La prospettiva espressa dal documento chiede un cambiamento di mentalità che riguarda tutti i credenti. Che le religioni si aprano alla conoscenza reciproca e alla collaborazione per l’umano che abbiamo in comune, per la pace, per la salvaguardia del creato, per la promozione di relazioni fraterne e per l’aiuto di chi è nel bisogno. Si tratta di riscoprire e vivere la pertinenza antropologica di ogni autentica esperienza religiosa. Questo cammino ha bisogno innanzitutto di percorsi educativi.
Monsignor Martinelli è vicario apostolico per l'Arabia meridionale - Dal Web
Alla luce dei conflitti in corso e di un’aggressività sempre più manifesta, ci sarebbe davvero bisogno di sapienza. Da dove ripartire per darle spazio, per farla agire?
Dall’umanità che abbiamo tutti in comune. Come afferma il documento sulla Fratellanza Umana, occorre combattere ogni uso ideologico della esperienza religiosa, ogni violenza perpetrata in nome di Dio. Per questo si deve superare l’utilizzo nazionalistico della religione. Per sua natura l’esperienza religiosa è esperienza di pace con Dio, con gli altri e con sé stessi. La prima sapienza di cui abbiamo bisogno è quella di ripartire dall’umano comune. Nel documento sulla Human Fraternity si afferma che «Dio ha proibito di uccidere, affermando che chiunque uccide una persona è come se avesse ucciso tutta l’umanità e chiunque ne salva una è come se avesse salvato l’umanità intera». Dio vuole che ci trattiamo tutti come fratelli e sorelle. Ogni guerra va contro il comandamento di Dio. Dio è sempre il Dio della pace e della misericordia.