«Se si vuole valorizzare la figura della donna nella Chiesa cattolica e darle un ruolo più centrale come è accaduto in altre confessioni cristiane la via del diaconato può rappresentare un strada che si può percorrere tranquillamente perché si tratta di un’istituzione che si prolunga fino all’XI secolo. Gli esempi da cui ripartire? Certamente dalle testimonianze che ci arrivano dalla Chiesa dei primi secoli». È il primo commento che arriva da
Emanuela Prinzivalli docente di Storia del cristianesimo all’università “La Sapienza” di Roma alla luce dell’annuncio fatto da papa Francesco di voler pensare di istituire una commissione di studio sul diaconato femminile nella Chiesa primitiva. La professoressa Prinzivalli elenca i «casi più antichi» di diaconato a cui sono state chiamate nei secoli le donne – e confermato anche da tanti passi del Nuovo Testamento – mettendo soprattutto in evidenza le differenza tra la Chiesa delle origini «soprattutto nei primi tre secoli» e quell’attuale. «Molto probabilmente il titolo di diacono della Chiesa antica pensato per le donne – argomenta la studiosa – corrispondono a un servizio dato per la comunità che noi non sappiamo ben definire rispetto all’evoluzione successiva». La storica del cristianesimo ricorda alcune fonti a cui vi è un chiaro riferimento alla figura della donna destinata a rivestire questo tipo di ministero. «Mi viene in mente il passo della lettera ai Romani in cui san Paolo parla di una donna Febe, la “diaconos” della comunità di Cencre da lui descritta come “protettrice”». E aggiunge un particolare: «Un altro caso in cui è più evidente un accenno al “diaconato femminile” lo si riscontra nel capitolo terzo della Prima lettera a Timoteo. In quel passo si parla e si indica delle donne – all’interno di una gerarchia di Chiesa che era già strutturata in senso verticale – chiamate ad avvicinarsi alle stesse virtù praticate dai diaconi (uomini) e quindi allo stesso ruolo. Si tratta di figure descritte come: “dignitose, sobrie, non calunniatrici, fedeli in ogni cosa”. Sono insomma donne chiamate a rivestire le stesse virtù cristiane prescritte ai diaconi». La professoressa annota poi un altro precedente che potrebbe essere preso in esame dalla possibile commissione sul diaconato femminile pensata da Francesco. «Certamente una testimonianza sul ruolo attivo di donne all’interno della Chiesa – spiega – ci arriva da Plinio il giovane allora governatore della Bitinia agli inizi II secolo in cui egli accenna alla messa sotto tortura di due schiave definite “ministrae”. Questa declinazione al femminile in lingua latina ci aiuta a capire che queste donne avevano un ruolo rilevante e non certo marginale nella Chiesa di Bitinia». E aggiunge altri particolari: «I casi palesi di “donne diacono” si manifestano chiaramente alla fine del IV secolo – si pensi alla Chiesa di Costantinopoli – come Olimpia amica di Giovanni Crisostomo che viene ordinata con l’imposizione delle mani da lui. Erano dedite alla liturgia e alla cura pastorale della parte femminile della Chiesa di quel tempo. Altro esempio? Ci arriva dalla “Didascalia apostolorum” in Siria nel III secolo: nel cui testo, di tipo canonistico, si afferma che le donne non possono essere preti me c’è l’affermazione precisa di “donne diacono” dove addirittura la diaconessa è immagine dello Spirito Santo. Gli spazi del diaconato femminile da allora specialmente nella Chiesa d’Occidente si restringeranno progressivamente. Ma i casi di studio da cui partire sono innumerevoli».