Chiesa. Nel Diritto canonico la carità è legge. Quarant’anni fa nasceva il nuovo Codice
Francesco presiede l'apertura del 94° Anno giudiziario del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano
«Imparate anche a comprendere e – oso dire – ad amare il diritto canonico nella sua necessità intrinseca e nelle forme della sua applicazione pratica: una società senza diritto sarebbe una società priva di diritti. Il diritto è condizione dell’amore». Così scriveva Benedetto XVI in una lettera ai seminaristi dell’ottobre 2010. Un invito suggestivo per seguire il quale può essere utile soffermarsi sul 40° anniversario del nuovo Codice di diritto canonico, che fu promulgato il 25 gennaio 1983 ed entrò in vigore il 27 novembre dello stesso anno. È quello che avverrà oggi all’Università di Bologna con un convegno organizzato dal dipartimento di scienze giuridiche e che vedrà presenti, insieme a numerosi accademici, il prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica – il vertice della giustizia della Chiesa, che presiede alla legittimità di tutto il sistema giudiziario canonico – il cardinale Dominique Mamberti, il segretario del Dicastero per i testi legislativi, il vescovo Juan Ignacio Arrieta, e il segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin.
«Il diritto è al servizio della giustizia: senza giustizia anche la misericordia e la carità finirebbero per tradurre, per echeggiare papa Francesco, un’“ideologia del buonismo distruttivo”» commenta le parole di Ratzinger Geraldina Boni, ordinario di diritto canonico, diritto ecclesiastico e storia del diritto canonico a Bologna, che ha coordinato l’organizzazione del convegno. Se è così le chiediamo allora come mai la dimensione giuridica della Chiesa incontri spesso resistenze o incomprensioni, come se fosse una sovrastruttura fin troppo umana. «L’avversione per il diritto è sempre esistita nella Chiesa, fin dalle correnti ereticali dei primi secoli – spiega la studiosa – ha costellato la sua peregrinazione costantemente. Nasce spesso dall’idea che il diritto sia una contaminazione e un tradimento dell’indole genuina della Chiesa, un elemento di corruzione del kerigma, l’annuncio del Vangelo, in antitesi con la carità cristiana già descritta dalle splendide parole di Paolo di Tarso. Ma non si può contrapporre legge e Vangelo, norma e spirito, diritto e carisma: già da più passi dello stesso Nuovo Testamento è possibile desumere con chiarezza che carisma e istituzione, amore e ministero coesistono e debbono coesistere, avendo una funzione diversa, ma solidale: e un ampio magistero lo ha confermato con fermezza. Questo è il primo concetto che spiego ai miei studenti per far loro comprendere la specificità dello ius canonicum: prendendo le distanze sia dal giuspositivismo – fuorviante nella Chiesa – sia dall’antigiuridicismo».
Di fermenti antigiuridicisti fu pregno anche il primo periodo del post-Concilio, Giovanni Paolo II ne era conscio e si adoperò molto per la revisione del Codice di diritto canonico del 1917, fino al varo del nuovo. «Il Codice del 1983 è stato il frutto maturo delle acquisizioni del Concilio Vaticano II – spiega la Boni – e ha rimediato a molti difetti della codificazione abrogata: anzitutto si è scelta una sistematica incentrata su quelli che sono i tria munera Christi, accentuando la singolarità del diritto ecclesiale contro assimilazioni esasperate del medesimo ai diritti secolari; si è valorizzata la dimensione della Chiesa particolare e dell’episcopato a fronte di precedenti impostazioni eccessivamente verticalizzate; si è elevato a protagonista il fedele, “il semplice battezzato”, abbandonando l’ossessiva attenzione sui chierici di periodi passati. Solo per indicare alcune innovazioni».
Il convegno di oggi si celebra anche in un luogo evocativo, sottolinea la Boni: «A Bologna nacque la scienza del diritto canonico, con Graziano, tra XII e XIII secolo, e poi ci fu tutta l’epoca dei Papi giuristi, che spesso si formavano a Bologna, diventavano maestri di diritto e poi, eletti successori di Pietro, diventavano supremi legislatori. In un libro che ho scritto ed è appena uscito per Morcelliana, Il diritto nella storia della Chiesa, mi sono dilungata su questo periodo aureo del diritto della Chiesa, nel Medioevo, dove si sono trovate le più brillanti soluzioni giuridiche, in cui l’auctoritas, il legislatore, si fidava e collaborava con la ratio, cioè con la dottrina: entrambe volte a far sì che nelle leggi canoniche risplendesse quella rationabilitas, cioè la corrispondenza al disegno divino indirizzato alla libertà dell’uomo, che ne è la sostanza e la forza. Con il convegno di oggi vorremmo rimarcare l’importanza del diritto per una società ecclesiale ben ordinata, ma anche cercare di rilanciare la collaborazione della canonistica anche laica, nelle università statali, con il legislatore, che si è un po’ arenata».