Anticipazione. Navarro-Valls: «Guardando Wojtyla morto fui sicuro che era già in Dio»
Navarro-Valls con Giovanni Paolo II
Esce oggi, edito da Mondadori, il libro “I miei anni con Giovanni Paolo II” (552 pagine, 22 euro). Si tratta di un ritratto intimo di papa Wojtyla nel racconto di Joaquín Navarro -Valls, per oltre vent’anni a fianco del Pontefice come direttore della Sala stampa vaticana. Nel 45° anniversario dell’elezione di Giovanni Paolo II, il volume raccoglie gli appunti personali di Navarro-Valls durante quegli anni. Pagine che, scritte sotto forma di diario e pubblicate per volere dell’autore solo dopo la sua scomparsa, offrono non solo un interessante spaccato dell’impegno della Santa Sede nel complesso intrecciarsi dell’attualità internazionale, ma svelano anche dettagli preziosi della vita quotidiana di Wojtyla. In questa pagina pubblichiamo un estratto del racconto degli ultimi momenti di vita di Giovanni Paolo II scomparso il 2 aprile 2005. Medico e giornalista, intellettuale poliglotta, Navarro- Valls è morto il 5 luglio 2017 a ottant’anni.
SE NE STA ANDANDO 1° APRILE 2005
Buzzonetti mi chiama alle sei di mattina. Le condizioni permangono gravi. Mi detta un nuovo comunicato, questa volta più esplicito. Lo diffondiamo mezz’ora dopo. Si parla di «shock settico con collasso cardiovascolare», si aggiunge che «è stata rispettata la volontà del Santo Padre di rimanere nella sua casa», e che il quadro clinico si è evoluto negativamente durante la notte. Si precisa che il papa era «cosciente, lucido e sereno», che ieri ha ricevuto l’Eucaristia – il viatico – e questa mattina ha concelebrato la Santa Messa.
Prima delle nove mi reco direttamente all’appartamento del pontefice senza passare in ufficio. Incontro prima Dziwisz e poi Buzzonetti. Vedo nel corridoio qualche vassoio con avanzi di cibo: sicuramente medici e infermieri sono stati in piedi tutta la notte. Entro nella cappella del Santo Padre e mi trattengo lì per mezz’ora. Una delle monache che si occupano dell’appartamento del papa entra portando fiori ed esce. Sull’altare, una piccola immagine di Cristo resuscitato che mettono sempre nel periodo pasquale. Quando ho finito, entro nella stanza del papa.
È nel suo letto, a cui hanno cambiato la posizione, ed è parallelo alle finestre laterali che non si affacciano sulla piazza. Dietro il capezzale, lo strumento medico di ausilio alla respirazione. È intubato con la sonda nasale per l’alimentazione; la cannula tracheale è collegata a un apparecchio di assistenza respiratoria, e uno dei medici aiuta comprimendo la sfera di gomma. In questo momento nella stanza ci sono Dziwisz, le tre suore dell’appartamento, Wanda Pó³tawska, Buzzonetti, altri due medici – uno è Polisca – con due infermieri.
Il papa è cosciente e cerca di dire qualcosa a suor Tobiana, che non riesce a comprenderlo. Suor Tobiana è inginocchiata accanto al letto e gli tiene la mano destra. Gli danno un cartoncino grande con un evidenziatore, ma mi sembra che non riescano a decifrare quello che scrive. Soffre. È evidente la difficoltà nella respirazione.
Mi fermo per un momento in preghiera. Prima di uscire, mi avvicino al papa per baciargli la mano destra: la mano è piena di ematomi causati dalle siringhe ed è molto fredda. Porta uno scapolare di lana e una croce d’oro: questa croce, mi dirà più tardi Dziwisz, proveniva dal cardinale Sapieha, che l’aveva ricevuta da Pio XII; ha delle reliquie di santi. Uscendo, vedo Sodano che parla con Dziwisz in corridoio. Si tratta di rendere pubbliche alcune nomine già approvate dal papa, per le quali si metterà in evidenza la data del giorno in cui le ha firmate.
Poi esco con Buzzonetti e parliamo della situazione. È gravissima. Rimaniamo d’accordo di vederci tutti i giorni due volte, la mattina e la sera.
Alle dodici e mezza, quando c’è il briefing con i giornalisti, regna un grande silenzio. Dico che immagino avranno molte domande, ma che risponderò solo a un paio. Non ricordo la prima. La seconda me l’ha rivolta Andreas English, un giornalista tedesco.
«Dal punto di vista personale, come vive questo momento?» È allora che la tensione si spezza, e perdo il controllo delle emozioni. Rispondo: «I sentimenti personali non hanno spazio in questo luogo… È certamente un’immagine nuova del pontificato: il papa nel suo letto, che soffre, molto sereno, con le inevitabili difficoltà a respirare». Le parole escono a singhiozzo, ho un nodo in gola, che si nota in diretta sulle televisioni di mezzo mondo. A quanto pare, molti sono stati più turbati per la mia commozione in pubblico che per i termini tecnici che stavo pronunciando sulla situazione gravissima del Santo Padre. Forse ha contribuito a far comprendere meglio che qualcosa di molto grave stava avvenendo. Si è introdotto un elemento di verità, di vera umanità, che naturalmente io non avevo voluto comunicare in modo deliberato.
Nel pomeriggio torno all’appartamento del papa. Entro nella sua stanza e vedo che è assopito. Parlo di nuovo con Dziwisz e con Buzzonetti, il quale crede che non ci sia niente da fare dal punto di vista medico. Dziwisz è sereno. Gli domando se il Santo Padre ha pronunciato qualche parola in questi giorni. Mi riferisce: «Benedico la Chiesa, benedico la mia diocesi di Roma. Benedico tutto il mondo, senza escludere nessuno». Prendo nota e conservo queste parole per trasmetterle eventualmente in un altro momento.
Verso sera vengono le tre suore che si occupavano del papa al Gemelli. Pensavo che dovessero dare il cambio alle suore polacche, ma in realtà sono venute solo a vedere il Santo Padre.
Alle sei e mezza diffondo un altro comunicato in cui si dice: «Le condizioni generali e cardiorespiratorie del Santo Padre sono peggiorate ancora. Si evidenzia una crescente ipotensione, mentre la respirazione è superficiale. Si è creato un quadro clinico di insufficienza cardiocircolatoria e renale. I parametri biologici sono notevolmente pregiudicati. Il Santo Padre – con visibile partecipazione – si unisce alle continue preghiere di coloro che lo assistono». Lascio il cellulare acceso per tutta la notte.
UN GIORNO DI TRISTEZZA E GIOIA 2 APRILE 2005
Oggi, alle 21.37 il papa è deceduto. Mi sento incapace di analizzare questa situazione: né il fatto in sé, né in relazione con la Chiesa, né in relazione a me stesso.
Sono entrato questa sera nella sua stanza. Era ancora nel letto, con una benda intorno alla testa. Non ho potuto recitare nessuna preghiera in suffragio per la sua anima. Ho la sicurezza assoluta che sta già godendo di Dio.
La copertina de "I miei anni con Giovanni Paolo II" - Mondadori
© Cattedra Navarro-Valls, Facoltà di Comunicazione Pontificia Università della Santa Croce, Roma, 2023
© 2023 Mondadori Libri S.p.A., Milano