Assemblea sinodale europea di Praga. Mura: la Chiesa, tenda che si muove
Quello di Praga è «un incontro di popoli, di credenti che vogliono camminare insieme. Un dono dello Spirito» in cui la voglia di unità domina sulle storie che dividono. Monsignor Antonio Mura guida la delegazione della Cei che partecipa all’Assemblea sinodale europea, iniziata domenica scorsa per concludersi il prossimo 12 febbraio. «Qui con 200 partecipanti e rappresentanze da tutto il continente – spiega il vescovo di Nuoro e Lanusei – la parola chiave, il senso dominante è l’ascolto, pur nelle differenze che naturalmente emergono. Ed è bello perché “cammino sinodale” significa camminare insieme, anche nelle diversità».
A Praga ciascuna delegazione offre un proprio contributo. Qual è lo “specifico italiano”?
Abbiamo rappresentato una realtà che ha coinvolto tantissime persone, oltre 500mila. Davvero una rete nazionale. Credo che dalla nostra relazione sia emersa tutta la ricchezza di un cammino che, senza uniformare, ha dato voce a un grande patrimonio di territori, di luoghi, di diocesi, di parrocchie. Basti pensare, penso sia un unicum, ai 400 referenti diocesani, a quelli parrocchiali. Lo scorso 31 gennaio abbiamo messo insieme online, in attesa di farlo in presenza, quasi 300 persone. Un momento molto bello.
La dimensione del condividere è l’aspetto dominante anche di questi lavori continentali.
Vorrei citare l’Ucraina che, malgrado le ovvie difficoltà legate alla guerra, ha voluto portare il suo contributo, condividere con gli altri anche il dolore, la rabbia talvolta, per quello che sta vivendo. Il “mettere insieme” ci sta unendo in questi giorni. Mi ha colpito molto sentire dalla delegazione ucraina il richiamo ai valori cristiani che sono più importanti della vita.
Lei ha fatto riferimento all’esperienza italiana. Alla luce dei numeri si può parlare di una partecipazione di popolo. In qualche modo una risposta a chi vede nel Cammino sinodale un’esperienza fumosa, aleatoria.
Non si può considerare fumosa una realtà che coinvolge tante persone, che si mette in ascolto delle loro storie, delle loro richieste, delle loro proposte. Dietro c’è la vita delle comunità. Ascoltarle è un dovere, non farlo sarebbe un delitto.
A Praga i lavori prevedono sessioni plenarie e gruppi di lavoro.
Le parole base sono quelle indicate dal documento preparatorio continentale che vale naturalmente per tutto il mondo, diviso per aree. A partite da quel testo ci stiamo interrogando, anche a livello di gruppi, su tre domande: le intuizioni fondamentali che «risuonano in modo più intenso con le esperienze e le realtà concrete della Chiesa continentale», quindi le questioni, le problematiche, le divergenze emerse. E poi le priorità da indicare al Sinodo che si svolgerà in ottobre. Devo dire che ogni gruppo ha offerto un panorama incredibile di attese, speranze e, anche, fatiche.
Mi sembra di capire che a Praga si respira un bel clima.
Non ci sono contrapposizioni nette. Anche quando emergono diversità lo si evidenzia in un clima di grandissima attenzione all’unità, ritenendo le differenze una ricchezza.
Il tutto confluirà poi in un testo finale che dovrebbe essere approvato oggi.
Sì, un documento su questi giorni di cammino europeo che costituirà la base, insieme a quello degli altri continenti, per l’ Instrumentum laboris del Sinodo universale.
Il Cammino sinodale deve indicare uno stile di lavoro delle comunità ecclesiali. Un’indicazione che può essere di cambiamento.
Una delle cose emerse qui, così come in Italia, è lo stile dell’ascolto reciproco senza pregiudizi, della conversazione spirituale. Questo credo che rimarrà, o almeno io mi auguro che rimanga nelle parrocchie, nelle diocesi. È lo stile che ha segnato la realtà del Cammino sinodale. In Italia i due anni di ascolto sono stati preparatori alla fase sapienziale e poi profetica, sempre mantenendo questo stile.
L’espressione che sia nei testi, sia negli interventi di questi giorni, viene sottolineata maggiormente è quella della tenda. Lo stesso documento di lavoro la cita nel titolo tratto da Isaia: “Allarga lo spazio della tua tenda”.
È l’immagine, molto simbolica, che domina la tappa continentale. Perché la tenda è mobile e al tempo stesso ha bisogno di paletti che possono essere spostati per fare entrare altre persone e far sì che nessuno si senta “lontano”. La tenda è l’immagine di una Chiesa che si muove sapendo che nessuna persona ma anche nessun luogo è lontano, come ribadiamo nel documento nazionale presentato qui. L’importante è che si senta guidata dallo Spirito.
Se lei dovesse riassumere la bellezza e l’importanza di quest’esperienza continentale, cosa direbbe?
Che è lo Spirito Santo ad agire, e che qui si manifesta in lingue diverse ma che si esprimono in una bella forma di condivisione di persone e storie. Sentirsene parte è davvero un grande dono. E aggiungerei che mi porto dietro il clima di accoglienza, che smorza ma non attenua tutte le diversità. E le fa sentire ricchezza.