La storia. Moscati, il santo del 118
San Giuseppe Moscati
La pietà popolare risolve “il problema” con una semplice frase: avere un santo cui affidarsi. Si tratta solo di trovare quello giusto. Perché la differenza conta, eccome. Uno o l’altro non fa lo stesso. Un po’ come in famiglia, o tra amici. Ci sono persone con cui riesce più facile aprirsi, perché hanno avuto problemi simili al tuoi o nel cui vissuto ci sono stati situazioni uguali a quelle che dovrai affrontare tu. Fatte le debite proporzioni, alzando lo sguardo al cielo, per i santi vale il medesimo principio. Tutti portano a Dio, è il loro principale compito, ma attraverso strade, situazioni, problematiche anche molto differenti.
Vecchi e nuovi patroni
Sant'Omobono è il patrono dei sarti - Immagine di archivio
Una varietà che spiega il compito dei patroni, alla cui protezione si affidano le più differenti categorie professionali. E umane. Per esempio si prega san Filippo Neri per gli educatori, Camillo de Lellis per i moribondi, Giuseppe da Copertino per gli esaminandi mentre San Giovanni Leonardi è patrono dei farmacisti, Omobono per i sarti e il vescovo del VI secolo san Onorato (saint’Honoré) dei pasticcieri.
Il calendario della devozione e dell’affidamento, però non è immutabile. Per documentarlo basta scorrere l’elenco dei più recenti santi e beati e, in parallelo, pensare alle implicanze, anche per la fede, legate alle professioni nate con la rivoluzione informatica e l’avvento delle tecnologie più innovative, da internet alla telemedicina. Sullo sfondo il via libera dato dall’Assemblea generale della Cei nel 2021 alla «costituzione di alcuni santi patroni: san Martino di Tours patrono del volontariato in Italia; san Giovanni Bosco patrono degli ispettori del lavoro; la Beata Vergine delle Grazie dal Ponte di Porretta Terme patrona della Pallacanestro».
Modello di amore ai malati
Operatori chiamati dal 118 - Ansa
L’iter per il riconoscimento di un testimone della fede cui dedicare un luogo o una categoria è infatti piuttosto complesso. Regolato in modo estremamente articolato da Urbano VIII nel 1630 e poi un po’ alleggerito dalle “Normae de patronis constituendis” promulgate nel 1973 da Paolo VI, prevede come ultimo passaggio la conferma vaticana, per la precisione del Dicastero per il culto divino e la disciplina dei sacramenti. Un sì definitivo arrivato per san Giuseppe Moscati (1880-1927) riconosciuto dunque «patrono dei medici, infermieri e soccorritori del Sistema dell’emergenza territoriale 118 italiano, della Medicina e chirurgia di emergenza nazionale». Inutile dire che si tratta del camice bianco campano, di eccezionale bravura e competenza cui si deve la frase simbolo, per così dire, dell’approccio credente alla cura della sofferenza: «il dolore va trattato non come una contrazione muscolare, ma come il grido di un’anima, a cui un altro fratello, il medico, accorre con l’ardenza dell’amore, la carità».
In una sanità «talvolta disumanizzata perché piegata alle logiche economiche – ha commentato l’approvazione della Santa Sede, Mario Balzanelli, presidente della Società italiana Sistema 118 (Sis118) – volevamo proporre un punto di riferimento spirituale, vocazionale, per il lavoro che svolgiamo tutti i giorni, sempre in prima linea». Non poteva esserci scelta migliore se è vero che il 12 aprile 1927, quando morì a Napoli stroncato da un infarto a soli 46 anni, Moscati per la gente era già «il medico santo». Ora il nuovo “titolo”, per il cui riconoscimento durante il lockdown sono state raccolte oltre 5mila firme, poi diventate 7mila. «Era un sanitario, un medico, un ricercatore, un professore universitario, un laico, uno di noi», aggiunge Balzanelli, sottolineando come dal Covid alla guerra «le crisi mondiali pongano al centro della nostra riflessione la priorità assoluta, irrinunciabile, di agire, uniti, come comunità umana, a tutela della vita». E il 118, il servizio sanitario d’emergenza è chiamato a fare proprio questo: prendersi cura, senza indugi, subito, di chi sta male. La cui salvezza spesso dipende proprio dalla velocità di un intervento competente. Come sapeva garantire Moscati oggi patrono di categoria ma prima ancora esigente riferimento professionale. E umano. Esempio di chi alla presunzione del ruolo ha sempre anteposto lo stlle cristiano, di considerare il malato, prima ancora che un paziente, un fratello. «Non la scienza – spiegava infatti Moscati –, ma la carità ha trasformato il mondo, in alcuni periodi; e solo pochissimi uomini son passati alla storia per la scienza; ma tutti potranno rimanere imperituri, simbolo dell’eternità della vita, in cui la morte non è che una tappa, una metamorfosi per un più alto ascenso, se si dedicheranno al bene».