Chiesa. È morto l'arcivescovo Teissier. Pastore del dialogo e del servizio
Nato a Lione nel 1929 monsignor Teissier ha guidato le Chiese algerine di Orano e di Algeri
Per tutti era semplicemente père Teissier. Per molti è stato davvero un padre. In Francia, ma soprattutto in Algeria, la morte di monsignor Henri Teissier, arcivescovo emerito di Algeri, avvenuta ieri a Lione, città in cui era nato nel 1929, ha suscitato un cordoglio vastissimo. Tanto quanto era vasta la rete straordinaria di relazioni che - anche qui in Italia - aveva saputo tessere nel corso della sua lunga vita. Una vita al servizio della piccola Chiesa d’Algeria e del grande popolo algerino. «Non siamo qui per fare numero, ma per fare segno – amava ripetere –. Segno fedele dell’amore universale di Dio per tutti gli uomini».
Una Chiesa dell’incontro, una Chiesa dell’amicizia, che progressivamente aveva accompagnato a non essere più “Chiesa in Algeria”, ma “Chiesa d’Algeria”, autenticamente parte di quella terra. «Perché il senso di questa nostra presenza – ci spiegava – sta proprio nell’“esserci” nello stare qui e soprattutto nello “stare-con”, in un dialogo della vita che si realizza nel servizio alla popolazione tutta e nella condivisione con i fratelli musulmani». Fedeltà, amicizia e incontro. Li ha vissuti sino in fondo il pèreTeissier, anche e soprattutto nei momenti più difficili.
Perché non solo ha attraversato per settant’anni la storia recente dell’Algeria. Ha anche scritto un po’ di quella storia. Prima come giovane prete a servizio della comunità francese al tempo della colonia, poi sempre più calato nella realtà algerina, di cui era profondissimo conoscitore della storia, della cultura e della lingua. Oltre che dell’islam. Ha conosciuto gli sconvolgimenti post indipendenza, che hanno comportato anche la nazionalizzazione di molte opere della Chiesa, a cominciare dalle scuole e dai centri sanitari. È stato vescovo di Orano dal 1972 all’81, e quindi vicario di un altro grande pastore, il cardinale Léon-Etienne Duval, arcivescovo di Algeri, da cui ha preso il testimone nell’88 alla vigilia del conflitto civile, che per tutti gli anni Novanta ha fatto sprofondare il Paese in una spirale di terrore e morte. Sono stati anni di prove molto dure per Teissier. Anni in cui, uno dopo l’altro, venivano uccisi 19 tra religiose e religiosi, tra cui i sette monaci di Tibhirine. Suoi confratelli e consorelle che, anche a distanza d’anni, ricordava con commozione. Così come tutti i suoi amici algerini musulmani, intellettuali, giornalisti, imam, persone libere che si erano opposte come lui all’oscurantismo dei terroristi. E lo avevano pagato con la vita. Spesso monsignor Teissier si chiedeva perché non lui.
Una domanda che lo ha sempre accompagnato, mentre instancabilmente e con un’energia impressionante sino all’ultimo, continuava a portare avanti la sua missione di testimonianza e di memoria. «Vogliamo essere una Chiesa della relazione con la società algerina – insisteva –. Vogliamo dare a questa società la possibilità di vedere che esistono cristiani fedeli a Gesù e al suo Vangelo, alla preghiera e al servizio dei fratelli. Non solo una Chiesa che serve i cristiani, ma che serve e ama il popolo algerino e vive in comunione con tutti».
E poi la memoria. Dei 19 martiri e con loro di tutte le persone che avevano donato la vita negli anni bui del terrorismo islamista. Per questo aveva molto insistito per avviare la causa di beatificazione, non da tutti condivisa. Ma che è stata - e ho avuto l’onore di farne parte ai suoi esordi - una straordinaria opera di memoria viva e condivisa, che ha portato, l’8 dicembre 2018, alla proclamazione dei 19 nuovi beati a Orano, nella diocesi di monsignor Pierre Claverie, ucciso nell’agosto del 1996. Per la prima volta nella storia una cerimonia di beatificazione avveniva in un Paese musulmano.
C’è mancato poco che non partecipasse anche alla canonizzazione di Charles de Foucauld, rinviata al prossimo anno. Ma per coincidenza, o per un disegno divino, il père Teissier è morto proprio nel giorno della sua festa, il primo dicembre. «Immaginiamo il bell’incontro con frère Charles – scrive l’attuale arcivescovo di Algeri, Paul Desfarges –. Oggi in cielo è un giorno di festa».