Roma. Addio a Irene, prima mamma di Nomadelfia
A Nomadelfia, dove «la fraternità è legge» e si vive come nelle prime comunità cristiane, più che piangere per la scomparsa, si gioisce e si ringrazia Dio per quella che definiscono la «partenza per la vita eterna» di Irene Bertoni, prima «mamma di vocazione» e assieme a don Zeno Saltini cofondatrice di questa particolare esperienza e della cittadella nei pressi di Grosseto.LA STORIA DI NOMADELFIA
Nata a Mirandola, in provincia di Modena, il 6 febbraio 1923, Irene è morta domenica a Roma dove ormai viveva stabilmente dagli anni Settanta nella casa donata ai nomadelfi da Paolo VI.
«Con lei – come ha scritto in un messaggio di cordoglio il vescovo di Grosseto, Rodolfo Cetoloni – è nata una forma nuova e profetica di maternità, quella delle mamme di vocazione, donne che nella loro esistenza si sono prese cura di bambini che non avrebbero avuto alcun altro affetto, crescendoli, facendoli diventare donne e uomini cristiani. Di questo servizio dobbiamo essere grati a Irene e a tutte le mamme di vocazione che Nomadelfia ha generato e offerto al nostro tempo. In lei – conclude monsignor Cetoloni – vediamo il segno forte di una cristiana che ha saputo prendere sul serio il Vangelo, la chiamata alla fecondità di vita, che è di tutti, e il rispetto per ogni esistenza, di cui si è fatta carico amandola e curandola in quella logica evangelica dell’attenzione ai più piccoli, a coloro cioè che oggi Papa Francesco ci indica come gli “scarti” di una società che continua a marginalizzare e tende ad escludere, a scartare appunto».
Irene aveva appena 18 anni, non era all’epoca nemmeno maggiorenne, quando nel 1941 iniziò a seguire don Zeno e si presentò al proprio vescovo con due ragazzi abbandonati: «Non sono nati da me – spiegò –, ma è come se li avessi partoriti io». Il vescovo benedisse la giovane liceale e la sua maternità non dalla carne o dal sangue, ma dallo spirito e dalla volontà.