Biotestamento. Fine vita, Bassetti: nutrire e idratare, gesti essenziali
Gualtiero Bassetti (Siciliani)
Garantire al medico l’obiezione di coscienza, evitare che il no all’accanimento terapeutico sconfini nell’eutanasia rinunciando a idratazione e alimentazione, evitare di fare del malato terminale uno "scarto". Il cardinale Gualtiero Bassetti intervistato da Radio Vaticana commenta le parole del Papa nel messaggio per la Giornata mondiale del malato. Ma, alla vigilia del ritorno in aula al Senato della legge sul fine vita – oggi – per quello che potrebbe essere il secondo e definitivo passaggio, quello del presidente della Cei suona come un estremo invito a riflettere sul rischio di toccare aspetti indisponibili della vita umana.
Le parole di papa Francesco sul fine vita «si collocano nel solco della sollecitudine della Chiesa, sempre caratterizzata dal contribuire a rendere più umana possibile la condizione del vivente che muore o del morente che vive», premette Bassetti. «Non si tratta certo – chiarisce – di rinunciare a quei gesti essenziali come sono il nutrire, l’idratare, il curare l’igiene della persona. Come Cei – aggiunge l’arcivescovo di Perugia – ci sta a cuore anche che venga riconosciuta, oltre alla possibilità di obiezione di coscienza del singolo medico, quella che riguarda le nostre strutture sanitarie». Anche perché «non è sempre facile – chiarisce – stabilire a priori un confine netto tra accanimento terapeutico ed eutanasia». Diventa quindi necessario «tenere insieme la volontà del paziente e il rispetto della coscienza e della competenza del medico». Un «discernimento» da effettuare nella «speciale relazione tra malato e medico», per stabilire «la giusta proporzionalità delle cure, che non può e non deve mai dar luogo a quella cultura dello scarto denunciata con forza dal Santo Padre». La vita umana ha una sua dignità dall’inizio alla fine. «Non è un caso – conclude il cardinale Bassetti – che il Papa abbia fatto riferimento alla parabola del Buon Samaritano» e all’«imperativo categorico di non abbandonare mai il malato».
Sono proprio questi i temi che rendono divisivo il testo all’esame del Senato, che martedì alle 11 torna in aula per l’esame dei 3mila e passa emendamenti presentati dal fronte che si oppone alla legge. Nel quale ci sono anche settori della maggioranza, come Ap (solo 5 o 6 senatori su 24 del partito di Alfano sarebbero disponibili a votare il testo senza modifiche), o esponenti di Des. Il che rende paradossale la situazione.
Portata la discussa legge all’esame dell’aula con un’improvvisa accelerazione allo scopo di "accontentare" i possibili alleati a sinistra del Pd (che poi si sono sfilati tutti), il partito di Renzi si trova ora ad aspettare il "soccorso" decisivo di Mdp e M5S, suoi avversari in chiave elettorale. Col risultato che, dopo un giorno e mezzo di lavori d’aula (oggi gran parte del tempo sarà assorbito dalle comunicazioni del premier Paolo Gentiloni per il Consiglio europeo) per arrivare al voto nei tempi prefissati giovedì mattina si dovrà arrivare a una forzatura regolamentare, una sorta di "canguro", chiudendo la porta in faccia al dialogo con l’ala centrista che invece si è resa disponibile a un’alleanza.
L’opposizione farà la sua parte chiedendo il voto segreto (bastano solo 15 voti) essendo il diritto alla salute uno dei diritti costituzionali cui il regolamento fa riferimento per farvi ricorso. Ma nella maggioranza ci sarà un nuovo appello da parte di Lucio Romano (Des), che potrebbe far breccia in alcuni settori del Pd, non solo in ambito cattolico. La richiesta verterà soprattutto sul ruolo del medico, sul ritorno alle "dichiarazioni", rinunciando alla dicitura attuale che parla di "disposizioni". Il Pd continua a mostrarsi restìo a ogni modifica, compresa quella volta a introdurre il registro nazionale dei biotestamenti, la cui esigenza è confermata dalla presentazione alla Camera di un emendamento alla legge di Bilancio da parte del Pd che intende finanziare con 5 milioni – paradossalmente – uno strumento non ancora previsto. L’obiezione è che alla Camera in caso di modifiche non ci sarebbero i tempi per un terzo passaggio, visto l’ingolfamento dei lavori proprio per la legge di Bilancio. Ma nessuno impedisce, in realtà, un supplemento di impegno delle Camere, a gennaio, col beneplacito del Quirinale, se ci fosse la necessità.