Verona. Missioni, apre il nuovo centro di formazione nazionale
Alcuni corsisti del Cum
Oggi, 21 settembre, si tiene l’inaugurazione della nuova sede del Centro Unitario per la formazione missionaria (Cum), in via Gaetano Trezza 15 a Verona alla presenza del presidente della fondazione Missio, il vescovo Michele Auturo, del direttore di Missio, don Giuseppe Pizzoli, del sindaco di Verona, Damiano Tommasi e di altre autorità. Il vescovo di Verona, Domenico Pompili, in visita missionaria in Vietnam, ha mandato un video messaggio augurale. Il Cum, come sezione di Missio, è il centro della Conferenza episcopale italiana che, a livello italiano, cura la formazione dei missionari e delle missionarie che, a vario titolo, partono per le tante forme di cooperazione con le chiese nel sud del mondo, i missionari che rientrano, i missionari stranieri che arrivano in Italia per studio o per impegni pastorali nelle diocesi o negli istituti di appartenenza. La storia del Cum è da sempre legata a Verona: nasce alla fine degli anni ’60 subito dopo il Concilio Vaticano II come Seminario per l’America Latina, si trasforma in Ceial e Ceias, Centri ecclesiali per l’America latina, l’Africa e l’Asia, che si riunirono nel Cum. Nei mesi scorsi il trasferimento delle attività in via Gaetano Trezza 15, in quella che è stata la Casa provinciale della Provincia Lombardo Veneta dei Camilliani. Qual è oggi la realtà del Cum?, chi forma, per quali destinazioni ce lo dice don Marco Testa, direttore del Centro.
«In queste settimane il Cum ospita il Corso per i missionari partenti dall’Italia – racconta il sacerdote –. Abbiamo la gioia di poter anche quest’anno aiutare una trentina di persone (laici e laiche, preti diocesani, religiose, seminaristi) inviati dalle diocesi italiane nell’ambito della cooperazione tra le Chiese. Nei mesi scorsi la casa è stata abitata da più di trenta operatori pastorali di origine estera accolti dalle Chiese che sono in Italia per il servizio pastorale, spesso abbinato alla prosecuzione degli studi teologici. A inizio novembre accoglieremo i missionari che rientrano in Italia. Altre iniziative si susseguono sempre nell’ambito della formazione missionaria, sulla quale è certo necessario rilanciare l’impegno di tutta la Chiesa come anche il Sinodo in atto ci sprona a fare. Ecco, il Cum oggi è questo».
Don Testa, cambia tutto, sta cambiando anche la missione?
Il CUM si pone a servizio principalmente della missione come cooperazione, come scambio. Ed è evidente, per i numeri dei partecipanti ai nostri corsi, che oggi le Chiese d’Italia, ricevono missionari più di quanti ne inviano ed i numeri sono davvero sbilanciati, nell’ordine di 1 a 5. Sono varie le sfide aperte: accogliere chi arriva in Italia per il servizio pastorale come veri missionari che possono aiutare a rigenerare le nostre comunità piuttosto affaticate e d’altra parte non chiudere alla possibilità di invio. Non si parte in missione perché siamo ricchi di mezzi e di persone, ma perché il partire, come l’accogliere, è vitale per vivere l’esperienza cristiana.
A cosa forma il Cum?
Il Cum forma a non partire per la missione allo sbaraglio o in cerca di avventura. Non si va alla conquista del mondo a portare i valori di cui presumiamo essere depositari. Le attività del Cum non hanno la pretesa di fare tutto ma sono occasioni per aiutare chi si dispone alla missione (nel mondo o in Italia) a svestirsi delle proprie sicurezze, a togliersi i sandali davanti alla terra sacra delle persone, dei popoli e delle culture. Lo facciamo provando a specchiarci nello stile raccontato dalle pagine bibliche, da Abramo a Mosè, da Gesù, agli apostoli, che tanti altri testimoni, nel corso dei secoli e anche nei recenti, decenni hanno vissuto, alle volte fino al dono totale di sé.