Chiesa

Il bilancio. Milano "conta" sulle sue parrocchie: dietro i numeri, storie di vita

Lorenzo Rosoli giovedì 18 luglio 2024

Delpini all’oratorio di Rho. Le attività educative assorbono la gran parte delle risorse delle parrocchie

La parrocchia? Se non ci fosse, bisognerebbe inventarla. Ma c’è. E conferma d’essere non solo «il volto storico che assume il cristianesimo quando abita la vita delle persone», ma ancora oggi «la struttura di base dell’esperienza di fede» e «la porta d’ingresso al cristianesimo». E certo si può «parlare a ragione», nelle incandescenze di questo cambiamento d’epoca, «della necessità di una riforma della parrocchia, ma solo a condizione di non abbandonare il carattere religioso e popolare (non settario) del cattolicesimo che essa rappresenta». E che la rende «unica e insostituibile». Così scrive monsignor Luca Bressan, vicario episcopale per la Cultura, nel suo contributo al “Bilancio di missione dell’Arcidiocesi di Milano 2022-2023”, diffuso di recente.

Un saldo di 12 milioni. Questo documento, alla seconda edizione, offre per la prima volta i dati aggregati dei rendiconti economici delle 1.107 parrocchie ambrosiane. Numeri che, col loro peculiare linguaggio, ricordano quanto la parrocchia sia e resti la struttura di base e la «figura quotidiana» della Chiesa per i cinque milioni e mezzo di abitanti della diocesi di Milano. Anzitutto: dall’elaborazione di 1.068 rendiconti di gestione relativi al 2022 di parrocchie e santuari, emerge come le entrate assommino a 239.158.446 euro e le uscite a 227.142.287 euro, con un saldo di oltre 12 milioni. Due le principali destinazione delle risorse: il 70%, pari a 166.783.965 euro, è stato indirizzato alle attività pastorali ordinarie, il 18% (43.119.403 euro) alle manutenzioni straordinarie e alle ristrutturazioni. Quei quasi 167 milioni sono stati impiegati per il 52% in ambito educativo-formativo, per il 22% in attività celebrativo-sacramentali, per il 14% in ambito caritativo-assistenziale, per il 9% in attività culturali e aggregative. La provenienza delle risorse? Il 67% viene da offerte, collette e altre entrate da attività pastorali ordinarie (per un totale di oltre 160 milioni di euro), il 24,5% da entrate per attività straordinarie, l’8,3% sono proventi da immobili. Ogni abitante della diocesi offre alla parrocchia – quale valore medio annuo – 28,94 euro.

Le parrocchie indebitate. Nel 2019 il debito consolidato delle parrocchie aveva toccato i 55.841.000 euro. Quell’anno, su iniziativa della diocesi, è stato avviato un processo di consolidamento delle esposizioni – che si è concretizzato, di norma, nella trasformazione del debito dalla forma dei brevi affidamenti a quella dei mutui programmabili. Da allora il debito consolidato delle parrocchie è sceso ai 41.714.796 euro del 2023. Che cosa manda in rosso i loro conti? L’86% dell’indebitamento è legato a voci come la costruzione delle chiese, gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria e ad altre spese per l’amministrazione del patrimonio immobiliare destinato al culto o alla vita sociale (oratori, campi sportivi, scuole materne). Il restante 14% dell’indebitamento sostiene e integra la tesoreria delle parrocchie che hanno croniche necessità – dalle piccole comunità di montagna ad alcune parrocchie della periferia di Milano. In questo percorso di riduzione del debito gioca un ruolo importante il “Fondo per la Perequazione” avviato nel 2016 dall’allora arcivescovo di Milano, il cardinale Angelo Scola, e rinnovato nel 2022 dal suo successore, Mario Delpini. Un modo con cui le parrocchie più “ricche” possono aiutare quelle più in difficoltà. Ebbene: dal 2016 al 2023 sono stati distribuiti 2.930.000 euro alle comunità più bisognose. E quasi 1,5 milioni solo nel 2022-2023.

Sostegno al territorio. Tutte queste cifre integrano i dati sulle risorse impiegate a livello di Curia e di “enti centrali”. Le risorse destinate nell’anno 2022-2023 assommano a 68.739.473 euro. Rispetto all’anno precedente si registra un significativo incremento, con un 32% di crescita dovuto, da un lato, alla definitiva uscita dall’emergenza Covid (che aveva limitato il volume dei servizi erogati) dall’altro all’aumento delle entrate da parrocchie ed enti (che ha permesso di assegnare più contributi al territorio). La parte più cospicua, il 43%, pari a quasi 30 milioni di euro, è stata indirizzata dunque al sostegno di attività e progetti sul territorio: di questi, oltre 17 milioni sono stati destinati a carità e assistenza, quasi 8 milioni alle necessità delle parrocchie, circa 1,7 milioni alle missioni, altrettanti ai progetti di educazione, formazione e cultura, poco più di 1 milione all’assistenza e formazione del clero. Il restante 40% delle risorse è stato destinato alla “cura amministrativa” (vigilanza canonica, consulenza amministrativa, servizi) e il 17% alla “cura pastorale” (indirizzo, coordinamento, formazione). Da dove vengono quei quasi 69 milioni? Il 34% da contributi di parrocchie, enti e privati, il 26% dall’assegnazione dell’8xmille ordinario e straordinario, il 36% da altri proventi di attività e servizi, il 4% dall’utilizzo di fondi vincolati o riserve di patrimonio.

L’unione fa il risparmio. Portando di nuovo l’attenzione sotto i campanili: sono 857 le parrocchie aderenti al Gad (Gruppo acquisti diocesano). Sommate ai 117 enti e altre realtà diocesane, portano a 974 i “clienti” supportati da Gsa (Gestione Servizi e Acquisti). L’unione fa la forza? Sì. E fa risparmiare, quando si tratta di acquistare energia, gas o altro. I benefici generati in totale per questa via? Superano i 7 milioni di euro.

Persone, oltre i numeri. Il Bilancio di missione non si ferma qui. Alle sezioni dedicate agli enti centrali e alle parrocchie se ne aggiungerà una terza dedicata ad ambiti specifici come la carità, l’educazione, la formazione e la comunicazione, ha annunciato monsignor Bruno Marinoni, vicario episcopale per gli Affari economici. Anche in questo caso: «non si tratta solo di numeri – come ha scritto l’arcivescovo Delpini introducendo l’ultimo Bilancio – ma di persone, di opere di carità, di volti e storie». Come quelle che abitano le oltre mille parrocchie ambrosiane.