SANTA SEDE. Il Papa impone il pallio a 44 arcivescovi
"Non prevalebunt": il potere distruttivo del male non prevarrà sulla Chiesa che è comunità di peccatori, ma fondata sul messaggio di Cristo. Diventiamo, noi tutti pastori della Chiesa, "cooperatori della verità", che è "una e sinfonica". E richiede "l'impegno costante della conversione" da tutte le comunità. Dal Papa una certezza e un appello, espressi nella messa solenne di San Pietro e Paolo, davanti a 44 arcivescovi metropoliti, cui oggi ha consegnato il "pallio", la stola di lana che simboleggia l'unione con la Chiesa e il Pontefice.Benedetto XVI, usando le parole del Vangelo e dei profeti, indica l'esempio di "nuova fratellanza" offerto da Pietro e Paolo: "Benché assai differenti umanamente l'uno dall'altro e malgrado non siano mancati conflitti, hanno realizzato un modo nuovo di essere fratelli". I due apostoli, le due colonne su cui si fonda la Chiesa, sempre raffigurati l'uno con le chiavi e l'altro con la spada, non sono, rimarca papa Ratzinger, né Romolo e Remo né Caino e Abele, cioè non sono "antagonisti".Come era solito fare Paolo VI, Benedetto XVI ha dedicato l'omelia per la festa dei due maggiori apostoli a una disanima sulla Chiesa, e, con il suo stile di teologo e pastore, si è impegnato a ricordare, spiegare, far entrare nel cuore del servizio alla Chiesa, comunità pur sempre fatta di peccatori, ma chiamata all'annuncio di Cristo e all'unità. E non ha sottratto all'analisi neppure il suo ruolo di pontefice, anzi, proprio da questo ha preso le mosse.Pietro e Paolo, dunque, le chiavi per aprire le porte del Regno e la spada "per la missione di evangelizzatore". Ma soprattutto Pietro, che è "roccia", non perché roccia fosse Simone prima di diventare Pietro, e neppure dopo: appena Cristo gli ha affidato l'incarico di custodire la sua Chiesa, ha ricordato papa Ratzinger, Pietro già lo rinnegava. L'essere roccia, cioè, non si basa sulle '"capacità umane ma sua una particolare rivelazione di Dio Padre", e in questo c'è "tutto il dramma della storia dello stesso papato": da una parte "grazie alla luce e forza che gli vengono dall'alto" è "fondamento della Chiesa, dall'altra lungo i secoli emerge anche la debolezza degli uomini, che solo l'apertura a Dio può trasformare".Per questo Benedetto XVI è certo che le forze del male non prevarranno neppure su questa sua Chiesa attraversata da tensioni e problemi. Il mio potere in quanto Papa - ha spiegato ancora oggi davanti agli arcivescovi, tra loro anche i tre italiani Francesco Moraglia, Filippo Santoro e Arrigo Miglio, e i rappresentanti di tanti Paesi e di tutti i continenti - "rassicura sul futuro della Chiesa" perché la fonda su Dio. Le decisioni del papa in quanto papa, specialmente quelle dottrinarie e disciplinari, ha spiegato, citando anche la scomunica, valgono anche davanti a Dio. La certezza che il male non avrà la meglio sulla Chiesa inoltre Benedetto XVI la trae da quella grazia speciale che questa ha, cioè il "potere di rimettere i peccati, una grazia - ha sottolineato - che toglie energie alle forze del caos e del male". Riferimenti all'unità della Chiesa anche all'Angelus, con gli auspici di piena unità dei cristiani, nel saluto al Patriarcato di Costantinopoli, e il grazie ai giovani radunati in piazza: "conto anche sulle vostre preghiere per continuare a servire la Chiesa con la mitezza e la forza dello Spirito Santo".
Come di consueto, in occasione della Festa degli apostoli Pietro e Paolo, patroni della Città di Roma, alla celebrazione è stata presente una delegazione del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli, composta da: Emmanuel Adamakis, Metropolita di Francia, direttore dell'Ufficio della Chiesa ortodossa presso l'Unione Europea; Ilias Katre, vescovo di Philomelion (Usa); Paisios Kokkinakis, Codicografo del Santo Sinodo del Patriarcato Ecumenico.