Chiesa

Papa Francesco. «Fratelli perché c'è un Padre comune»

giovedì 12 dicembre 2013

Una condanna delle organizzazioni criminali, che "offendono gravemente Dio, nuocciono ai fratelli e danneggiano il creato", è contenuta nel Messaggio di Papa Francesco per la Giornata della Pace, che sarà celebrata il prossimo primo gennaio. Il Papa fa riferimenti precisi "al dramma lacerante della droga, alla tragedia dello sfruttamento del lavoro, alla speculazione finanziaria, alla prostituzione che ogni giorno miete vittime innocenti rubando loro il futuro, all'abominio del traffico di esseri umani, ai reati e agli abusi contro i minori, alla schiavitù che ancora diffonde il suo orrore in tante parti del mondo, alla tragedia spesso inascoltata dei migranti".

"Finchè ci sarà una così grande quantità di armamenti in circolazione come quella attuale, si potranno sempre trovare nuovi pretesti per avviare le ostilità". Con queste parole Papa Francesco rinnova l'appello di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI "in favore della non proliferazione delle armi e del disarmo da parte di tutti, a cominciare dal disarmo nucleare e chimico". "Non possiamo non constatare - denuncia nel Messaggio presentato oggi nella Sala stampa della Santa sede - che gli accordi internazionali e le leggi nazionali, pur essendo necessari ed altamente auspicabili, non sono sufficienti da soli a porre l'umanità al riparo dal rischio dei conflitti armati".Nel suo primo Messaggio per il primo gennaio, il Papa prende le mosse proprio "dalle molte situazioni di sperequazione, di povertà e di ingiustizia", che "segnalano non solo una profonda carenza di fraternità, ma anche l'assenza di una cultura della solidarietà" con la convivenza umana diventata sempre più simile "a un mero 'do ut des' pragmatico ed egoista". Evocando nel testo il racconto biblico delle origini, per cui "tutti gli uomini derivano da genitori comuni, da Adamo ed Eva", il Pontefice suggerisce di "interrogarsi sui motivi profondi che hanno indotto Caino a misconoscere il vincolo di fraternità e, assieme, il vincolo di reciprocità e di comunione che lo legava a suo fratello Abele". La vicenda insegna che "l'umanità porta inscritta in sè una vocazione alla fraternità, ma anche la possibilità drammatica del suo tradimento". Si tratta, per Bergoglio, di quello stesso "egoismo quotidiano, che è alla base di tante guerre e tante ingiustizie: molti uomini e donne muoiono infatti per mano di fratelli e di sorelle che non sanno riconoscersi tali, cioè come esseri fatti per la reciprocità, per la comunione e per il dono". Una vocazione "contrastata e smentita nei fatti", in un mondo caratterizzato dalla "globalizzazione dell'indifferenza".