Chiesa

Testimoni della fede. Martiri di Spagna, sono oltre 5mila i possibili beati

Andrea Galli martedì 13 agosto 2024

Le urne con le reliquie dei martiri claretiani di Barbastro

«Siamo assolutamente contrari a chiamarli martiri della guerra civile. Non hanno partecipato ad alcuna guerra, ne erano al di fuori, sono stati presi dalle loro case per essere uccisi». Don Jorge López Teulón parte da questa premessa quando gli chiediamo di fare il punto sul numero impressionante di beatificazioni (e canonizzazioni) di quelli che chiameremo vittime della persecuzione religiosa scatenatasi in Spagna a partire dal 1934 e che ha avuto l’acme nel triennio della guerra civile, tra il 1936 e il 1939. Vittime che sono già martiri per chi ne ha conservato la memoria, anche quando il riconoscimento ecclesiale non è ancora arrivato. Don López Teulón, oltre a essere postulatore della causa di beatificazione di 464 consacrati e laici assassinati nella provincia ecclesiastica di Toledo e nella diocesi di Avila, è anche uno dei massimi studiosi di quegli eventi, a cui ha dedicato numerose pubblicazioni.

Don López, il numero di coloro di cui è stata riconosciuta l’uccisione in odium fidei in quegli anni continua a crescere: può dirci le cifre aggiornate?

Tra la prima beatificazione avvenuta il 29 marzo 1987 – tre carmelitani scalzi uccisi a Guadalajara – e l’ultimo gruppo dell’arcidiocesi di Siviglia salito sugli altari il 18 novembre 2023 – un gruppo di 20 martiri tra sacerdoti, laici e un seminarista –, il martirologio della Spagna tra il 1934 e 1939 contempla 2.117 beati e 11 santi. Questi ultimi sono i nove martiri di Turón, uccisi durante la Rivoluzione delle Asturie dell’ottobre 1934, più san Pedro Poveda e san Jaime Hilario.

Quando si terranno le prossime beatificazioni?

Il prossimo autunno, anche se la data non è stata ancora annunciata. Riguarderanno un sacerdote diocesano, Cayetano Clausellas Ballvé, nato nel 1863 a Sabadell, e un padre di famiglia, Antonio Tort Reixachs, nato nel 1895 sempre vicino a Barcellona. Entrambi furono uccisi nel 1936. Il primo, cappellano di una casa di riposo, fu catturato dai miliziani il 14 agosto e fucilato alla schiena all’alba del giorno successivo. Il secondo, padre di 11 figli, molto devoto all’Eucaristia e alla Madonna, e soprattutto “colpevole” di aver dato rifugio nella sua casa a dei religiosi, fu assalito da uomini armati che ne saccheggiarono la casa, accanendosi sulle immagini sacre, lo torturarono in un convento trasformato in prigione e poi lo fucilarono nella notte tra il 3 e il 4 dicembre nei pressi del cimitero di Montcada.

Ci molte cause ancora aperte: se tutte giungeranno a compimento quale potrà essere il numero complessivo di beati e santi?

L’Ufficio per le cause dei santi della Conferenza episcopale spagnola ha recentemente presentato un ampio lavoro su quanto ciascuno di noi postulatori sta facendo nelle diocesi di riferimento e in alcune famiglie religiose: ci sono 3.280 martiri che possono raggiungere il traguardo della beatificazione in un futuro prossimo o lontano: 1.295 riguardano 22 cause che sono ancora in fase diocesana, mentre le cause degli altri 1.985 sono già approdate a Roma. Quindi degli oltre diecimila martiri – 12 vescovi, 4.235 sacerdoti secolari, 2.365 religiosi, 297 suore e più di tremila laici, cifre che sono state riviste al rialzo da alcuni storici – la metà potrà raggiungere gli altari.

Nella galleria degli orrori, c’è una storia che ha avuto un impatto particolare su di lei o che le sta particolarmente a cuore?

Ce ne sono decine. Nella causa che sto seguendo a Toledo c’è la vicenda di un ragazzo di 16 anni, Santiago Mosquera. Se penso alla facilità che abbiamo oggi di tacere, cambiare opinione o dire “pie” bugie è impressionante come un giovane che è stato colpito da una pallottola e ha passato tutta la notte tra i cadaveri abbia ancora la forza di dire: “No, mai, la bestemmia è un peccato”. Nell’ottobre del 2022 ho avuto l’opportunità di riesumare i suoi resti e di vedere il cranio spaccato dal piccone con cui è stato ucciso. Mi ha colpito profondamente il fatto che sua madre lasciò nel testamento dei soldi per far celebrare delle Messe per l’anima di colui che aveva ucciso suo figlio.

Cosa ha alimentato una tale violenza contro religiosi, sacerdoti, suore? Anche tenendo conto delle tremende tensioni politiche di allora è difficile capire.

In Spagna ci fu un tentativo di persecuzione, un’esplosione di rabbia sociale, nella cosiddetta Settimana Tragica del febbraio 1909. La Chiesa era accusata di non stare con i poveri. Esattamente il 28 febbraio 1909 il cardinale Ciriaco María Sancha y Hervás, beatificato nel 2009, veniva sepolto nella Cattedrale di Toledo. La sua tomba in bronzo, che ha ricevuto fiori ogni giorno fino al momento dell’esumazione del cardinale, porta il seguente epitaffio: «Visse povero e morì poverissimo». Sancha si recava spesso di persona nelle baraccopoli, su un asino, distribuendo ai poveri coperte e pane. Questo era ciò che faceva il primate di Spagna pochi mesi prima della Settimana Tragica. Se il cardinale primate agiva così, immagino che molti altri abbiano fatto lo stesso. Per tornare alla sua domanda, i fattori della persecuzione sono stati molteplici. Ma c’è abbastanza documentazione per dimostrare che il comunismo ha cercato di porre fine alla Chiesa cattolica. È sconvolgente come si sia accanito contro le istituzioni educative (centinaia i martiri fra i Maristi, i Lasalliani e in numero minore fra altre congregazioni) e contro le istituzioni caritative (gli Ospedalieri di San Giovanni di Dio che curavano i bambini tubercolotici o lavoravano negli istituti psichiatrici).

Ci sono stati casi di pentimento fra gli autori degli omicidi?

Ci sono state storie di riconciliazione e di perdono. Juan Huguet, era nato sull’Isola di Minorca nel 1913 ed era stato ordinato sacerdote il 6 giugno 1936 a Barcellona dal vescovo Manuel Irurita – che sarebbe stato anche lui martirizzato. Huguet fu assassinato a Ferrerías, sull’Isola di Minorca, un mese e mezzo dopo, il 23 luglio. Il brigadiere Pedro Marqués e suoi miliziani arrestarono il giovane sacerdote e altri quattro compagni. Ordinano loro: “Toglietevi quella tonaca nauseabonda!” E poi, vedendo che Juan Huguet portava un crocifisso di metallo, glielo strappò e gli puntò contro la pistola dicendo: “O ci sputi sopra o ti ammazzo!”. Huguet fece un cenno negativo con la testa. Volse gli occhi verso l’alto, mise le braccia in croce e con voce forte e sicura esclamò: “Viva Cristo Re!”. E il brigadiere gli sparò in testa. Alla fine della guerra Pedro Marqués si convertì. Dal momento in cui aveva sparato la sua coscienza non lo aveva lasciato in pace. Alla fine della guerra avrebbe potuto fuggire ma non lo fece. Fu processato e condannato a morte. Prima di essere fucilato si confessò, andò a Messa poi si avvicinò al sacerdote gli disse: “In questo abbraccio voglio abbracciare quel sacerdote che ho ucciso ingiustamente”. Ma penso anche a un sacerdote della mia diocesi: da ragazzo e poi da seminarista sua madre gli fece portare da mangiare a uno di quelli che avevano sparato a suo marito, che era a letto con la tubercolosi. Rivelò al figlio chi era quell’uomo la sera prima della sua prima Messa, perché potesse celebrare l’Eucaristia perdonando coloro che avevano ucciso suo padre.