I FUNERALI. Milano, l'addio a Martini «Pastore generoso»
Lampada per i miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino». È la frase del salmista che il cardinale Carlo Maria Martini ha scelto per la sua tomba. È la scritta issata sulla facciata del Duomo, nel cuore della città, dove, fra sabato pomeriggio e ieri mattina, duecentomila persone si sono recate per rendere l’estremo omaggio al cardinale biblista. È «la chiave per interpretare la sua esistenza e il suo ministero», scandisce il suo secondo successore sulla cattedra di Ambrogio, il cardinale Angelo Scola, nell’omelia del funerale pronunciata ieri pomeriggio in una Cattedrale gremita da oltre seimila fedeli e 1.200 sacerdoti concelebranti, mentre migliaia di persone, sfidando il maltempo, si sono dovute "accontentare" dei maxischermi allestiti nella piazza (la Curia parlerà di ventimila persone in totale al funerale). Numeri, sottolinea Scola, che dicono di un’«imponente manifestazione di affetto e di fede». E che sono la risposta a chi pensa che la morte sia la fine di tutto. No, la vita oltre la morte non è un «miserevole inganno» (Scola cita il filosofo Adorno): «Chi muore nel Signore, col Signore è destinato a risorgere. Per questo la morte del cardinale Martini è un fiorire». «Caro Padre – aveva detto poco prima Scola – noi ora ti facciamo corona. E lo facciamo perché nella luce del Risorto, garante del tuo compiuto destino, sappiamo dove sei. Sei nell’orizzonte della vita piena, sei con noi. Questa è la nostra speranza certa. Non siamo qui per il tuo passato, ma per il tuo presente e per il nostro futuro».
Nelle navate politici e gente comuneIl Duomo è letteralmente pieno quando, alle 16, inizia il rito funebre. Sotto l’altare, una bara di legno chiaro. Appoggiato sopra, l’Evangeliario ambrosiano aperto sulla pagina di Pasqua. Nel feretro la salma è stata composta con la veste rossa cardinalizia e – secondo la tradizione degli arcivescovi milanesi – con gli abiti liturgici pontificali di colore bianco. Durante il rito – sempre secondo l’uso delle esequie ambrosiane – il defunto è collocato con i piedi rivolti verso l’altare del Duomo. All’inizio della Messa, ecco il messaggio di Benedetto XVI (a lato il testo integrale) letto dal suo rappresentante, il cardinale Angelo Comastri, in una Cattedrale immersa in un silenzio vibrante, carico di commozione. Con Scola (che ha presieduto il rito) e Comastri, altri dieci i cardinali (oltre a 38 vescovi): Dionigi Tettamanzi, il primo successore di Martini a Milano (che al termine del rito pronuncerà un saluto accolto dal caloroso applauso dell’assemblea; si veda a lato); Angelo Bagnasco, presidente della Cei; e poi Marco Cè, Francesco Coccopalmerio, Laurent Monsengwo Pasinya, Silvano Piovanelli, Severino Poletto, Gianfranco Ravasi, Paolo Romeo e Agostino Vallini. C’è il preposito generale della Compagnia di Gesù, padre Adolfo Nicolás; ci sono gli esponenti delle altre Chiese cristiane di Milano, della comunità islamica e dell’Unione buddhista italiana. Nella prima fila di banchi, i familiari di Martini, a partire dalla sorella Maris e dai nipoti Giulia e Giovanni, figli di lei. Folta la partecipazione delle autorità civili e degli esponenti politici. Trenta i parlamentari, 35 i sindaci. Col presidente del Consiglio Mario Monti, sempre nella prima fila, i ministri Andrea Riccardi, Lorenzo Ornaghi, Piero Giarda, Renato Balduzzi; la vicepresidente della Camera Rosy Bindi siede al fianco del presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni; poco più in là il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, e il presidente della Provincia, Guido Podestà. Il "ventaglio" dei politici va da Romano Prodi a Pierferdinando Casini, da Nichi Vendola a Mariastella Gelmini; non mancano esponenti dell’economia come il presidente di Intesa Sanpaolo Giovanni Bazoli e il presidente della Fondazione Cariplo Giuseppe Guzzetti; c’è anche il presidente dell’Inter, Massimo Moratti. Hanno portato l’omaggio della «famiglia» di Avvenire il direttore generale Paolo Nusiner e il direttore Marco Tarquinio. L’assemblea dei fedeli è quanto di più composito si possa immaginare: adulti, giovani, anziani, religiosi, suore, famiglie... Martini ha lasciato una traccia profonda nel cuore di Milano, della città, della sua Chiesa. Da questo "cuore" la sua eco ha trovato più vasta risonanza. L’omaggio dei 200mila e l’attenzione dei mass media lo attesta.
«La comunione: pluriformità nell’unit໫Carissimi, siamo qui convocati dalla figura imponente di questo uomo di Chiesa per esprimergli la nostra commossa gratitudine», aveva detto Scola in omelia. Un grazie per la testimonianza offerta «anche nella prova della malattia e della morte». «La luce della Parola di Dio, sulla scia del Concilio Vaticano II, abbondantemente profusa dal cardinale su tutti gli uomini e le donne, non solo della terra ambrosiana, è il dono attraverso il quale Gesù accoglie chiunque decide di seguirlo», spiega l’arcivescovo. «Affidare al Padre questo amato pastore significa assumersi fino in fondo la responsabilità di credere – più che mai in questo anno della fede – e di testimoniare il bene della fede a tutti. Ci chiede di diventare, con lui, mendicanti di Cristo»; lui «che viveva eucaristicamente nella fede della Risurrezione, ha sempre cercato di abbracciare tutto l’uomo e tutti gli uomini». Infine: «Nella Chiesa le diversità di temperamento e di sensibilità, come le diverse letture delle urgenze del tempo, esprimono la legge della comunione: la pluriformità nell’unità. Questa legge scaturisce da un atteggiamento agostiniano molto caro al cardinale – scandisce Scola –: chi ha trovato Cristo, proprio perché certo della Sua presenza, continua, indomito, a cercare». Terminato il rito funebre, la sepoltura. In forma privata. Alle 19, nel Duomo ormai vuoto, dove sono rimasti solo i familiari con Scola, il Capitolo della Cattedrale, il Consiglio episcopale milanese. La salma di Martini è stata tumulata nella navata sinistra, ai piedi dell’altare della Croce di San Carlo Borromeo.