Sette anni al fianco del cardinale Carlo Maria Martini nell’ultimo periodo del suo ministero in terra ambrosiana cadenzati da momenti di gioia, autoironia ma anche di forte impegno civile e sociale.Dalla sua parrocchia milanese di Sant’Antonio Maria Zaccaria don Gregorio Valerio descrive così il suo lungo servizio di segretario (dal 1996 al 2002) del cardinale Carlo Maria Martini: «Per me sono stati anni di grazia e devo confessare che nell’ultimo anno del suo ministero è venuto fuori il Martini più autobiografico e forse meno timido. Un uomo che oltre a parlare della Bibbia ha incominciato a parlare di sé».In una lunga carrellata di immagini don Valerio rievoca i pranzi e le cene avvenute con Martini con ospiti d’eccezione come l’allora cardinale Ratzinger, il monaco Ghislain La Font o l’allora presidente della Commissione europea Romano Prodi. «Mi colpì l’incontro che ebbe nell’aprile del 2001 con il futuro Benedetto XVI – racconta – venuto a Milano per la presentazione di un libro e come in quel frangente Ratzinger chiedesse a Martini di commemorare a Roma nel ventennale della morte, il cardinale Franjo Šeper , suo predecessore alla Dottrina della fede comprendendo la rinuncia all’invito dell’arcivescovo di Milano perché gravato da troppi impegni. Rimasi impressionato dai gesti di signorilità e stima di questi due grandi uomini di Chiesa».Nella mente di don Valerio affiorano i ricordi delle visite dal forte impatto emotivo con «il suo cardinale» ai parenti delle vittime della Camera iperbarica del Galeazzi nel 1997 e di Linate nel 2001.Centrale per capire il «Martini più nascosto» è, secondo don Valerio, ripartire dal suo rapporto con i detenuti: «Riteneva la realtà del carcere e lo ha spesso ripetuto "la sua parrocchia d’elezione". Nei suoi ultimi anni milanesi aveva pensato all’idea di realizzare un catechismo dedicato ai reclusi. È rimasto uno dei suoi sogni non avverati».La porta del suo studio, quasi sempre aperta, in arcivescovado come la sua passione di avere tanti orologi nel suo appartamento di piazza Fontana sono altre istantanee inedite del Martini arcivescovo di Milano: «C’era un orologio che gli serviva per ricordargli i momenti che doveva dedicare alla preghiera, alla meditazione e alla lettura».La mente di don Valerio in questo lungo amarcord del «cardinale Carlo Maria», si sofferma su quanto puntasse sui giovani «le sue sentinelle del mattino» o la stima per Enzo Biagi («Quando avrò bisogno di un direttore spirituale laico, sceglierò lei» gli disse). Lo sguardo di don Valerio corre poi al momento del distacco di Martini da Milano nel settembre del 2002: «Lo accompagnammo io e il suo autista Sandro Clerici nella casa dei gesuiti a Galloro. Mi sorprese da subito come entrò in quella comunità religiosa nella veste di un semplice padre, proponendosi anche nei ministeri più umili come il pulire la sua stanza con scopa e paletta. Fortunatamente il superiore della casa padre Filiberto Talamonti aveva trovato una signora adatta a quell’ufficio! Mi rimane ancora oggi impressa la frase che mi ripeteva spesso, pensando alla fatica del distacco: "Caro don Gregorio, il bello viene dopo!"».