Svoltata l’ultima curva, il traguardo pare d’improvviso vicinissimo. Ma è adesso che viene il bello, e la lunga strada percorsa fin qui – da Sydney 2008 – comincia ad assumere un rilievo diverso. Tra un mese tondo, il 21 agosto, attorno al Papa nella spianata di Cuatro Vientos, alle porte di Madrid, sarà riunito un numero difficilmente prevedibile di giovani, qualcuno si spinge a parlare di un milione, forse addirittura due, ma in fondo è importante saperlo? La Chiesa non dà appuntamento ai giovani nelle loro Giornate mondiali per bruciare nuovi record di presenze, quasi si trattasse di eventi d’immagine per mostrarsi ancora capace di muovere grandi masse giovanili che in teoria – a sentire i soloni del cristianesimo pubblicamente "impresentabile" – dovrebbero averle voltato da tempo le spalle. Quello che conta davvero è un dato di fatto sotto gli occhi di chi lo vuole vedere, e che in questa vigilia immediata va colto per mettere meglio a fuoco il traguardo alle viste. Alle Gmg che si susseguono a cadenza triennale i giovani non solo vanno in massa, ben felici di andare e spesso anche di tornare (un recente sondaggio sugli iscritti all’incontro spagnolo mostra che un quarto ha già alle spalle almeno una Giornata mondiale). A muoverli non è l’impulso vacanziero dettato dal periodo estivo, dal gruppo di amici o dalla destinazione allettante: e se anche queste considerazioni entrano nello zaino dei ragazzi (sarebbe anomalo il contrario), la verità è che a un evento complesso come quello di Madrid i giovani si sono meticolosamente preparati, seguendo un itinerario di avvicinamento spesso molto lungo, cadenzato su tappe solenni o più intime, raccogliendo con tenacia il denaro necessario, cementando il gruppo pronto alla trasferta, assemblando un’agenda di idee e parole sulle quali hanno lavorato durante i mesi verso la meta finale. È un viaggio del cuore e della vita, un’avventura dell’anima destinata a scavare un solco. Una festa, certo, ma «una festa della fede» come ama definirla Benedetto XVI, non una baldoria agostana come altre. Chi si accinge a partire sa ormai bene che in quei pochi giorni madrileni può giocarsi molto del proprio futuro, se solo è disposto a lasciare a casa le coordinate abituali. È il frutto già consistente della prima parte del viaggio, quella che si sta per concludere sotto la scaletta del pullman o dell’aereo per la Spagna. Ad aver scelto la strada che promette di condurre a una porta stretta – stando ai dati sugli iscritti ufficiali – sono stati sinora oltre 86mila giovani italiani, addirittura più numerosi dei padroni di casa (82mila), per non parlare di francesi (50mila) o americani (26mila). È un fenomeno che sbalordisce a ogni Gmg: decine di migliaia di ragazzi delle nostre città decidono di guardare in faccia la vita che stanno conducendo, i suoi punti più o meno fermi, le aspirazioni per le quali spendono anni decisivi, un’intera architettura di sogni e progetti così tanto esposta al vento di un relativismo «secondo il quale – spiega il Papa nel messaggio per la Giornata 2011 – tutto si equivale e non esiste alcuna verità, né alcun punto di riferimento assoluto». Avvertono, forse ancora solo confusamente, che tutto questo «non genera la vera libertà, ma instabilità, smarrimento, conformismo alle mode del momento». Sabbia, niente di affidabile. Per ben altro si vuole vivere, va solo capito come fare a chiarirselo. È pur sempre vero che «la gioventù – sono ancora parole del Papa – rimane l’età in cui si è alla ricerca della vita più grande». È a questa «vita più grande» che sanno di voler ambire, ora che manca solo un mese alla Giornata mondiale, ora che il bagaglio interiore è già piegato per bene e pronto al viaggio. Ora che si contano i giorni e le ore, e non più i mesi. Madrid – come già Parigi, Roma, Toronto, Colonia, Sydney – può dare una risposta a quanti stanno decidendo che fare di sé. E per chi l’affronta col cuore aperto, la Gmg non tradisce mai le promesse.