Palermo. Lorefice consacra il «pantheon dei siciliani»
La consacrazione della Chiesa di San Domenico a Palermo. A presiedere la celebrazione l'arcivescovo Lorefice.
San Domenico, la seconda chiesa di Palermo per importanza, il pantheon dei siciliani illustri dove riposano le spoglie anche di Giovanni Falcone e dove vibrarono le parole del cardinale Salvatore Pappalardo al funerale del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, non era mai stata ufficialmente consacrata al culto. O comunque, «se n’era persa la memoria. Questa chiesa aveva smarrito i segni dell’appartenenza» sottolinea il priore, padre Sergio Catalano, all'inizio della solenne celebrazione di dedicazione presieduta dall'arcivescovo Corrado Lorefice e che si è svolta ieri pomeriggio, a conclusione del Giubileo per gli 800 anni della conferma dell’ordine dei domenicani da parte di papa Onorio III. «Questo tempo è iniziato accogliendo la salma del giudice ucciso dalla mafia, abbiamo ridato forza alla memoria del pantheon della Sicilia – continua padre Catalano –. Vogliamo essere presenti in questa città nel segno della giustizia e della pace, nella logica della fede. È un momento che rilancia la memoria dei domenicani a Palermo».
E come prevede il rito della dedicazione, sono stati consacrati con il crisma il piano dell’altare e le dodici croci di marmo e ottone sulle pareti perimetrali. Momento centrale la collocazione ai piedi dell’altare di un piccolo reliquiario tondeggiante del Settecento, contenente frammenti dei corpi di alcuni santi domenicani: San Pio V, San Pietro martire, San Raimondo da Peñafort, Santa Caterina da Siena, Santa Caterina de Ricci, San Ludovico Bertrando, San Giovanni da Salerno, Sant’Agnese da Montepulciano. L’argentiere Nino Amato ha curato la pulitura dell’altare.
Presenti i sette padri che vivono nel convento palermitano del centro storico e il provinciale Francesco La Vecchia, alcuni parroci di Palermo, il sindaco Leoluca Orlando e tantissimi fedeli. «L’Ordine dei predicatori ha al centro questa consapevolezza – dice durante l’omelia l’arcivescovo – che l’Evangelo deve essere annunziato, conosciuto, perché deve arrivare nella vita degli uomini come parola che cambia, parola che umanizza, che riesce a liberare tutta la bellezza che è insita nella realtà umana, quella bellezza originaria che deve rifulgere nel volto di ogni uomo e di ogni donna. L’ordine dei predicatori esiste perché il Vangelo arrivi come bella notizia, che renda bella la natura umana, come è bello questo altare, non per una leziosità umana, ma perché chi viene in questa chiesa riconosca la mensa. Se questo luogo ci vede riuniti attorno al Verbo che si è fatto carne, perché gli uomini fossero in pienezza capaci di far risplendere sul loro volto la dignità originaria di figli di Dio che rende l’umanità, bella, compiuta, allora questo altare diventa motivo di trasfigurazione della nostra vita umana».
Ma San Domenico è nel cuore dei palermitani anche per la memoria della grandezza e della creatività dell’uomo che essa custodisce, un po’ come "Santa Croce" a Firenze. «Qui – aggiunge Lorefice – ci ricordiamo che tutti siamo stati chiamati a far sì che la nostra vita possa esprimere quella bellezza che porta dentro, che aiuta la città a diventare degna dimora degli uomini e delle donne».