Chiesa

Londra. Matrimoni omosessuali, no anglicano

Silvia Guzzetti giovedì 19 gennaio 2023

No ai matrimoni in chiesa tra persone dello stesso sesso. Ma queste coppie potranno essere benedette purché unite civilmente in forma stabile. È questo il compromesso raggiunto dalla Chiesa d’Inghilterra (Comunione anglicana) la Chiesa di stato inglese, guidata dal sovrano re Carlo III.

L’assemblea dei vescovi, rispondendo a “Living in love and faith”, “Vivere nell’amore e nella fede”, un processo di consultazione in materia di sessualità durato sei anni, che ha coinvolto i fedeli anglicani, ha confermato che il matrimonio rimane un’unione duratura tra un uomo e una donna. Tuttavia sempre i vescovi anglicani, guidati dall’arcivescovo di Canterbury, Justin Welby, guida teologica della “Chiesa d’Inghilterra”, hanno proposto una serie di preghiere, le “Preghiere di amore e di fede”, che potranno essere usate per benedire in chiesa i matrimoni omosessuali e le unioni civili, e come formula di ringraziamento. Ora toccherà ai singoli pastori decidere se vogliono usare o meno tali orazioni. I vescovi produrranno anche un rapporto su queste nuove preghiere, alla fine della settimana, che verrà, poi, discusso dal Sinodo, l’organo di controllo della “Chiesa d’Inghilterra”, che si riunirà dal 6 al 9 febbraio.

«La nostra relazione riflette la diversità delle opinioni nella “Chiesa d’Inghilterra” su questioni di sessualità, rapporti e matrimonio. Mi rallegro di questa diversità e do il benvenuto a questo modo di rifletterla nella vita della nostra Chiesa», ha dichiarato il primate anglicano Justin Welby. La Chiesa di stato inglese si discosta, così, dalla Chiesa episcopale scozzese e dalla presbiteriana “Church of Scotland” che consentono i matrimoni omosessuali.

La Chiesa anglicana in Galles, invece, ha dato il via libera alle benedizione di queste unioni ma non ha aperto ai matrimoni religiosi tra persone dello stesso sesso. Il compromesso raggiunto dalla “Chiesa d’Inghilterra” non soddisfa la comunità e le associazioni omosessuali e Lgbtq+ locali, le quali hanno parlato di «ennesima discriminazione delle autorità religiose che ci considerano di seconda classe».