La storia. Lo Curto, il «missionario della medicina»
Da quasi quarant’anni la sua vita è divisa a metà: sei mesi in Italia, sei mesi nei luoghi più difficili del pianeta. Per mettere a disposizione le sue competenze dei più poveri, di quelli che non hanno accesso alle cure sanitarie, di coloro che agli occhi di molti non valgono niente. Il dottor Aldo Lo Curto è un “missionario della medicina”. Dal 1978 a oggi è stato in una cinquantina di Paesi, dove ha curato migliaia di ammalati, tra cui tenti lebbrosi. Sarà lui uno dei testimoni della veglia missionaria che si terrà nel Duomo di Milano sabato sera con il cardinale arcivescovo Angelo Scola. Assieme ad altri – sacerdoti, laici, uomini e donne – il dottor Lo Curto incarna uno dei molti modi di fare missione oggi.
Origini siciliane, trapiantato a Canzo, nel Lecchese, il dottor Lo Curto si sente a casa nel suo amato Brasile, così come in Mongolia da cui è appena tornato o nelle Isole Salomone dove si recherà il prossimo novembre. «Da qualche tempo ho “selezionato” sei Paesi che cerco di visitare annualmente per dare una certa continuità a un lavoro che non è solo di cura, ma soprattutto di prevenzione. Ormai sono convinto che sia questo il modo più efficace per operare in Paesi poveri e difficili, dove i sistemi sanitari sono estremamente fragili».
Marituba è sinonimo di Amazzonia profonda. E di lebbrosi. Ma anche di straordinarie storie missionarie. Non solo quella di Aristide Pirovano, ma anche quella dell’industriale milanese Marcello Candia, l’“apostolo dei lebbrosi”, di cui ricorre quest’anno il centenario della nascita. Ma Marituba significa anche una svolta nella vita di Aldo Lo Curto. Che, come ricordava lo stesso Pirovano, «da anni viene a passare le sue ferie annuali con noi, in Amazzonia, e a vivere con noi le angustie, i dolori ed anche la gioia e la serenità dei nostri lebbrosi e dei nostri poveri». Talmente il legame con quella terra diventa forte che il medico italiano si impegna a far riconoscere la sua laurea anche lì, cosicché dal 1990 è iscritto all’albo di Belém. Questo ha facilitato moltissimo il suo impegno in quel Paese e soprattutto gli ha permesso di aprirsi a una nuova realtà, quella degli indios, che ha cominciato a conoscere accompagnando un altro missionario del Pime, padre Nello Ruffaldi.
Il dottor Lo Curto conserva una sola foto con Madre Teresa, che è diventata compagna di tutti i suoi viaggi: una protezione e, in qualche situazione, un vero e proprio lasciapassare. Ma soprattutto una benedizione che ha accompagnato tutta la sua lunga vita al servizio degli altri.