Il segno. Liberiamo il culto di Maria da mafia e potere criminale
Una processione mariana
È stato presentato ufficialmente ieri a Roma, nel corso della manifestazione “Liberare Maria dalle mafie”, il Dipartimento di analisi, studio e monitoraggio dei fenomeni criminosi e mafiosi, gemmazione della Pontificia Accademia mariana internazionale e la cui creazione è stata sostenuta da papa Francesco. E in apertura dei lavori, ospitati nel salone del Museo delle Civiltà, è stata data lettura proprio del messaggio che nelle settimane scorse il Pontefice ha inviato a padre Stefano Cecchin, presidente dell’Accademia e che "Avvenire" ha ampiamente trattato lo scorso 20 agosto.
«È necessario che lo stile delle manifestazioni mariane – scrive tra l’altro il Pontefice – sia conforme al messaggio del Vangelo e agli insegnamenti della Chiesa. Uno dei criteri per verificare ciò è l’esempio di vita dei partecipanti, i quali sono chiamati a rendere dappertutto una valida testimonianza cristiana», auspicando altresì che i devoti della Vergine assumano «atteggiamenti che escludono una religiosità fuorviata e rispondano invece ad una religiosità rettamente intesa e vissuta».
Concetti che ha ripreso lo stesso padre Cecchin, dopo i saluti e l’intervento di padre Augustin Hernandez Vidales, rettore dell’Università Antonianum che ospiterà il Dipartimento. «La cultura legata a Maria va salvaguardata – ha detto il presidente dell’Accademia mariana – laddove anche il Papa ci dice che la devozione mariana è un patrimonio religioso-culturale da salvaguardare nella sua originaria purezza.
La nostra Accademia, che è l’unica a fregiarsi del titolo di “internazionale” proprio perché raccoglie mariologi di tutto il mondo, ritiene sia importante conoscere per amare e imitare; vogliamo essere un luogo dove il sapere diventa servizio», ha aggiunto padre Cecchin, non prima di aver sottolineato l’importanza dei Santuari («cittadelle della preghiera e capisaldi di pietà mariana» li definisce ancora papa Francesco) e stigmatizzando le notizie di presunte apparizioni che annunciano catastrofi o fine del mondo e che sono pure questi «modi mafiosi di spaventare la gente».
E qui torniamo al nocciolo dell’iniziativa che prende le mosse proprio dalla condanna pronunciata il 21 giugno 2014 da papa Francesco nella diocesi calabrese di Cassano all’Jonio: «Coloro che nella loro vita seguono questa strada di male, come sono i mafiosi, non sono in comunione con Dio: sono scomunicati!». E prima ancora il 9 maggio 1993 ad Agrigento ci fu il famoso grido di Giovanni Paolo II: «Convertitevi! Una volta verrà il giudizio di Dio!».
Ecco dunque che il Dipartimento vorrà porsi «a servizio sia della comunità civile che di quella ecclesiale», ha rimarcato padre Gian Matteo Roggio, consigliere della Pontificia Facoltà teologica “Marianum”, dando anche visibilità a quanti già portano avanti questo delicato lavoro, oltre a «creare percorsi di educazione per giovani e adulti», andando ad esempio nelle scuole. Insomma, studio e osservazione ma anche «un agire concreto», come ha chiosato il giornalista di Tv 2000 e presidente dei Web cattolici italiani (Weca) Fabio Bolzetta, che ha introdotto e moderato i lavori.
Il Dipartimento sarà strutturato in 10 aree, ha sottolineato il coordinatore della struttura Fabio Iadeluca, che toccheranno un po’ tutti i temi “sensibili”, compresi terrorismo, ecomafie, caporalato, devianze giovanili. Un primo rapporto è stato già stilato anche grazie all’Osservatorio per le Policy transdisciplinari internazionali, come ha spiegato il suo presidente Stefano Cuzzilla. In chiusura la consegnate delle pergamene di nomina ai membri del Dipartimento, presenti tra gli altri i pastori di Campobasso-Bojano Giancarlo Maria Bregantini, di Oppido Mamertina-Palmi Francesco Milito e don Luigi Ciotti, fondatore di Libera.