La storia. Lhernould, pastore tra Europa e Africa “ponte” per i popoli del Mediterraneo
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Non un semplice ritorno a casa, ma un nuovo inizio. L’insediamento di monsignor Nicolas Lhernould come arcivescovo di Tunisi, oggi alle 16.30 nella cattedrale San Vincenzo de Paoli, è vissuta dalla piccola comunità cattolica del Paese innanzitutto come una grande “festa di famiglia”. «Grazie abuna Nicolas, “figlio” della Chiesa di Tunisia, per aver accettato di tornare tra noi, per accompagnarci e guidarci».
Francese di Courbevoie (diocesi di Nanterre), 49 anni, Lhernould è stato infatti ordinato prete proprio in Tunisia, nel 2004, quindi vicario generale di Tunisi, prima di essere nominato, nel 2020, vescovo di Costantina, poco al di là della frontiera algerina, nella terra che fu di sant’Agostino. «Quattro anni fa papa Francesco mi chiedeva di lasciare la Tunisia per raggiungere Costantina – ricorda oggi –. Ora mi chiede di attraversare di nuovo il confine nella direzione opposta per succedere a monsignor Ilario Antoniazzi come arcivescovo di Tunisi. Non lo vivo come un mero ritorno, ma come un nuovo inizio. La Tunisia mi ha dato i natali come sacerdote, l’Algeria come vescovo».
«Nicolas Lhernould è un grande dono per la nostra Chiesa e per questo Paese», ha commentato l’arcivescovo Antoniazzi, 76 anni, che per undici ha guidato l’unica grande diocesi che copre l’intero Paese, dove i cattolici sono poco più di trentamila (su una popolazione di oltre 12 milioni) e l’islam è stato considerato come religione di Stato sino all’estate del 2022. Oggi la Tunisia sta vivendo una stagione molto difficile di crisi economica e sociale, di autoritarismo e di pugno di ferro contro qualsiasi forma di dissenso e contro gli immigrati subsahariani. Ma anche di fuga di migliaia di giovani tunisini, che sbarcano sempre più numerosi sulle coste italiane.
Il tema del dialogo e dell’incontro sarà dunque una priorità pure per il nuovo arcivescovo che è lui stesso uomo di dialogo, anche per aver vissuto gran parte della sua vita sulle due sponde del Mediterraneo, con una lunga e importante permanenza a Roma. Dopo gli studi in Francia, un primo viaggio in Tunisia e un secondo viaggio nello stesso Paese per svolgervi il servizio di cooperante, Lhernould ha infatti studiato nell’Urbe presso il Pontificio seminario francese – quale seminarista dell’arcidiocesi di Tunisi – e ha conseguito il baccalaureato in Teologia alla Gregoriana, quindi la licenza in Studi patristici presso il Pontificio Istituto patristico Augustinianum. Oggi è vicepresidente della Conferenza episcopale del Nordafrica (Cerna) ed è attivamente impegnato nel percorso della Teologia dal Mediterraneo che è, esso stesso, un cammino di riflessione, dialogo e scambio tra fedi e culture diverse. E proprio Lhernould ha guidato lo scorso settembre a Marsiglia, per l’incontro che ha visto la partecipazione anche del Papa, una folta delegazione di settanta giovani provenienti da tutte le sponde del Mare Nostrum. Certamente il fatto di essere poliglotta – oltre al francese e all’italiano, parla l’arabo classico e il tunisino, l’inglese, il tedesco, lo spagnolo e il portoghese – facilita l’incontro e le relazioni, l’ascolto e lo scambio, che sono le caratteristiche principali della presenza cattolica in tutto il Nordafrica.
Altri temi centrali del suo episcopato? L’amicizia e la fiducia, come lui stesso racconta alla vigilia del ritorno a Tunisi: «In questi momenti si comprende a fondo il valore dei rapporti stretti, delle amicizie, di tutto ciò che abbiamo vissuto o che c’è ancora da sperimentare. Gli incontri e gli eventi sono come il cibo: è vivendoli e abitandoli pienamente, con pazienza, che accediamo al sapore profondo di ciò che sta alla base: è una parte del luminoso mistero della vita di ognuno di noi». In questi ultimi anni, precisa, «anche la Tunisia è cambiata, si è evoluta. Nonostante vi abbia vissuto a lungo in passato, c’è molto da riscoprire». E c’è molto da fare, ne è ben consapevole, ma sempre con un atteggiamento ispirato alla fiducia: «Quando sono diventato vescovo di Costantina – dice – ho scelto come motto episcopale la parola “Fiat”. Un motto che manterrò anche a Tunisi. Questa parola evoca la fiducia della Vergine Maria nel giorno dell’Annunciazione, ma anche quella di Gesù alla vigilia della sua Passione. Chiedo a Dio di poter continuare a pronunciare questa parola ogni giorno, nei momenti gioiosi, luminosi, dolorosi o gloriosi. Una cosa che mi ha sempre aiutato molto è non essere mai stato considerato solo attraverso la funzione che mi è stata affidata, ma soprattutto come un fratello. Un piccolo passo dopo l’altro, nella fiducia nello Spirito Santo che fa nuove tutte le cose».