LA LETTERA PASTORALE. Scola: nella fede l'abc dell'umano
Il Figlio dell’uomo semina il seme buono nel campo che è il mondo. Questo significa che tutto dell’uomo e tutti gli uomini sono interlocutori di Gesù. Come comunicare che la fede è un dono alla portata di tutti? Come mostrare allora che non vi è opposizione tra fede e ragione, le due ali dell’umana, inesausta ricerca? Come superare la diffidenza, in molti diffusa, verso la fede e la Chiesa? A questi interrogativi papa Francesco ha dato una risposta semplice e diretta: «La fede nasce nell’incontro con il Dio vivente, che ci chiama e ci svela il suo amore, un amore che ci precede e su cui possiamo poggiare per essere saldi e costruire la vita. Trasformati da questo amore riceviamo occhi nuovi... La fede... appare come luce per la strada, luce che orienta il nostro cammino nel tempo» (Lumen fidei 4).
Una trama di relazioniNoi non siamo uomini e donne isolati gli uni dagli altri, ma viviamo, fin dall’istante del nostro concepimento, in relazione. Ebbene, Dio ha voluto entrare nella storia come uno di noi e cambiare la vita degli uomini attraverso una trama di relazioni nata dall’incontro con Lui. Dopo l’incontro con Gesù di Nàzaret nulla fu più come prima nella vita dei discepoli. Mentre lo ascoltavano, camminavano con Lui per le strade di Galilea, lo vedevano abbracciare i peccatori e guarire gli ammalati, condividevano le loro giornate con Lui... insomma dalla convivenza con Gesù ebbe inizio una storia ininterrotta di rapporti umani, che ha raggiunto anche noi, in cui Dio stesso si comunica da Libertà a libertà.
Il mondo, dimora degli uomini«Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito» (Gv 3,16). Per questo il Vangelo entra pazientemente nel tempo e nello spazio attraversando tutta la condizione umana fin nelle sue periferie più remote, senza paura di mischiarsi con la zizzania, con quanto è segnato dal male.Il mondo che Gesù chiama «il campo» chiede di essere pensato come il luogo in cui ogni uomo e ogni donna possono rispondere al loro desiderio di felicità.
I cardini dell’esistenza quotidianaIl buon seme è chiamato a diventare grano, a mostrare tutta la sua potenza salvifica rendendoci veramente «figli del Regno». La fede cristiana mostra a tutti gli uomini la sua universale fecondità aprendo la libertà a tutte le dimensioni dell’esistenza. Esse si possono, con buona approssimazione, sintetizzare in tre elementi comuni all’umana esperienza di ogni tempo e di ogni luogo: affetti, lavoro e riposo.
AffettiOgnuno di noi non si è fatto da sé e non basta a se stesso. Perciò, per parlare in modo adeguato del soggetto, non è sufficiente dire io, ma bisogna dire io-in-relazione. E ogni relazione mobilita gli affetti.Oggi come sempre gli affetti sono decisivi. Le persone chiedono di essere definitivamente amate per poter amare definitivamente. Infatti l’amore, soprattutto quello tra l’uomo e la donna, è per-sempre e apre alla fecondità. E questo perché gli affetti sono orientati al bene dell’altro. Solo se si ama l’altro per se stesso l’amore affettivo diventa effettivo.
LavoroLa fame di lavoro può anche indurre a censurare altri aspetti, quali, per esempio, il rischio che si instaurino forme di precarietà e di sfruttamento ingiustificate, che si trascurino attenzioni per la sicurezza, che si evitino domande sulla qualità etica di ciò che si produce, che ci siano poteri incontrollati – come spesso avviene con la finanza –, che possono decretare il benessere o la povertà, fino alla miseria, di molti senza rendere conto a nessuno.Il lavoro è un bene ed è un bene comune, fattore decisivo per il benessere non solo economico della nostra società. Non dimentichiamo, però, che si tratta sempre di lavoro dell’uomo, un contesto in cui le persone si incontrano, talora si scontrano, collaborano, talora si ostacolano, producono beni, talora anche danni e problemi. Il primato dell’uomo, soggetto del lavoro, va continuamente affermato e difeso soprattutto nel contesto di globalizzazione in cui siamo inseriti.Il lavoro è fattore essenziale, non accessorio, per la dignità dell’uomo e la piena realizzazione della sua personalità.
RiposoIl riposo è il fattore di equilibrio tra gli affetti e il lavoro: in che senso? Oggi è davvero così? Nelle società del cosiddetto primo mondo, in cui viviamo, si ha spesso l’impressione che il moltiplicarsi delle opportunità di divertimento invece che «ricaricare» l’io finisca con l’esaurirlo.Il ritmo della vita ha bisogno di riposo per il benessere fisico, per la serenità dell’animo, per l’equilibrio della persona e delle relazioni. L’esperienza umana ha riconosciuto il tempo del riposo come tempo dei desideri, possibilità di dedicarsi a tutto quello che è piacevole, che gratifica il corpo e la mente, che esprime gli affetti, che coltiva gli interessi, che allarga gli orizzonti.Ma l’esperienza del riposo nel nostro tempo è insidiata dalle tentazioni dell’individualismo e della trasgressione: modi di vivere il riposo che mortificano la persona spingendola nella solitudine o la rovinano rendendola schiava di pratiche o addirittura abitudini dannose.
Uno strumenti offerto a tuttiLa Lettera pastorale «Il campo è il mondo (Mt 13,38). Vie da percorrere incontro all’umano» è offerta a tutte le donne e a tutti gli uomini di buona volontà come strumento di riflessione sul senso, cioè il significato e la direzione, della propria vita.Vuol essere un’offerta di dialogo tra il vescovo e tutti gli abitanti della metropoli ambrosiana che lo desiderino, all’interno di quello scambio quotidiano espressione dell’amicizia civica che deve legare tutti i membri della società.