13 giugno. Il pellegrinaggio Macerata-Loreto al tempo del coronavirus. Ecco come sarà
Un'immagine dell'edizione 2018 della Macerata Loreto
Il pellegrinaggio è uno dei gesti più semplici e insieme più significativi dell’esperienza cristiana. È la metafora dell’homo viator, alla costante ricerca di Qualcuno che abbracci il suo grido, che possa soddisfare il suo bisogno di felicità. In fondo, siamo tutti pellegrini. E lo siamo sempre, anche quando le condizioni in cui viviamo sembrano proibitive. Allora si capisce perché gli organizzatori del pellegrinaggio Macerata-Loreto, giunto quest’anno alla quarantaduesima edizione, hanno scelto un titolo così essenziale: “Pellegrini sempre!”.
Le misure di sicurezza imposte dall’emergenza coronavirus hanno reso impossibile proporre il gesto nelle modalità consuete, con il raduno allo stadio di Macerata e il cammino notturno di 28 chilometri a cui negli anni scorsi aveva partecipato un fiume di popolo che ne aveva fatto il pellegrinaggio a piedi più partecipato in Italia.
Perciò si è pensato di proporre un gesto di preghiera: nel pomeriggio di sabato 13 giugno nel santuario della Misericordia a Macerata il vescovo Nazzareno Marconi accenderà la fiaccola del pellegrinaggio, che a sera arriverà a Loreto, dove alle 21 nel Santuario mariano si svolgerà una veglia di preghiera con l’arcivescovo Fabio Dal Cin.
La recita del Rosario sarà intervallata da canti e testimonianze e seguita dalla consegna delle intenzioni di preghiera ai piedi della statua della Madonna nella Santa Casa (è possibile inviarle scrivendo a segreteria@ pellegrinaggio.org o collegandosi al sito www.pellegrinaggio.org.
Sarà possibile seguire il gesto unicamente su Tv2000 (canale 28) che realizzerà una diretta. «In queste settimane in tanti ci hanno scritto raccontando le difficoltà, le fatiche e insieme l’aiuto ricevuto, la vicinanza sperimentata, la riscoperta della propria umanità – racconta Giancarlo Vecerrica, vescovo emerito di Fabriano-Matelica e guida storica del pellegrinaggio –. Le circostanze drammatiche con cui il coronavirus si è manifestato hanno costretto tutti a misurarsi con domande fondamentali ma spesso accantonate in quanto scomode: perché tutta questa sofferenza? Perché il dolore di tante persone morte lontano dai propri cari? Come affrontare il dramma della perdita del lavoro? E più radicalmente, cosa tiene in piedi l’esistenza quando tutto intorno sembra crollare? Lo ha ricordato in maniera magistrale papa Francesco nella veglia di preghiera del 27 marzo in una piazza San Pietro deserta eppure mai così al centro dell’attenzione: “La tempesta smaschera la nostra vulnerabilità e lascia scoperte quelle false e superflue sicurezze con cui abbiamo costruito le nostre agende, i nostri progetti, le nostre abitudini e priorità”. Davanti alla nostra impotenza, e nonostante le maschere che a volte indossiamo provando a far finta di niente, c’è qualcosa che resiste: continuiamo a desiderare, a domandare qualcosa che vada oltre le risposte parziali e sia capace di saziare la nostra sete di significato. In questo senso ci sentiamo tutti e sempre pellegrini, persone alla ricerca di qualcosa che dia compimento all’esistenza».
Nel 1978 Vecerrica, giovane insegnante di religione presso il liceo Leopardi di Macerata, rilanciò un gesto che affondava le sue radici nei secoli proponendolo agli studenti della città: «L’ho iniziato come gesto di ringraziamento e di domanda a fine anno scolastico, in continuità con la tradizione dei nostri padri che all’inizio e al termine di ogni avvenimento, gioioso o doloroso, andavano a piedi a Loreto per ringraziare e per domandare. Vivevano la fede come qualcosa capace di accompagnare e giudicare il presente. È questo che può affascinare l’uomo anche oggi».
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