Chiesa

Testimonianze. «Lacerati dal dolore per gli abusi subiti da nostro figlio»

Luciano Moia mercoledì 16 ottobre 2024

Cosa provano una mamma e un papà quando scoprono che un proprio figlio è stato abusato in parrocchia, magari dallo stesso parroco o comunque da un educatore, da una figura autorevole della comunità ecclesiale? «Lacerato dal dolore ti chiedi: cosa ho fatto? A chi ho dato la mia fiducia? A chi ho affidato mio figlio? Quali criteri hanno sostenuto questo mio affidarmi? Innanzitutto, l’indescrivibile e insopportabile dolore che ti devasta quando prendi coscienza che i tuoi figli hanno pagato le amare conseguenze delle tue scelte. Un dolore, che forse nemmeno si avvicina al loro dolore di essere stati abusati».

Da qui la riflessione colma di amarezza: «Fa male, scoprire che non sempre si è stati ragionevoli, attenti ai segni, tesi a discernere gli atteggiamenti dell’abusatore, ma soprattutto è doloroso rendersi conto che si è seguita e si è fatta seguire l’immanenza della persona, le performance della persona, allo scopo, forse non consapevole, di appagare i propri bisogni di essere amato, di riconoscenza, di appartenenza e di sicurezza».

Sono alcuni stralci delle testimonianze che saranno al centro della Giornata di preghiera per le vittime e i sopravvissuti agli abusi che il Servizio nazionale per la tutela dei minori e delle persone fragili della Cei organizzerà il prossimo 18 novembre. Tra i materiali per la Giornata, intitolata non a caso, “Ritessere la fiducia” (vedi qui), anche alcune testimonianze preparate con i contributi delle stesse vittime. Una scelta coraggiosa che, più di tanti documenti, mostra la voglia di trasparenza, il proposito serio e ormai indefettibile di far piazza pulita delle tante incertezze e dei troppi silenzi del passato. La strada tracciata nei primi cinque anni dall’avvio del Servizio nazionale per la tutela dei minori con la presidenza dell’arcivescovo Lorenzo Ghizzoni, è stata ripresa adesso con il nuovo consiglio di presidenza che ha al vertice una psicologa come Chiara Griffini, esperta dell’argomento, già da tempo impegnata nello studio del dramma-abusi, ma anche in prima linea per promuovere una nuova cultura della generatività capace di mettere al centro un approccio educativo integrale nei confronti dei bambini e dei ragazzi più fragili.

«Al cuore di ogni relazione umana, personale o comunitaria, vi è un atto di fiducia. Affidarsi è anche il movimento che anima la fede di ogni uomo e donna credente. In ogni forma di abuso sappiamo esserci invece un tradimento e una rottura nella fiducia, che investe non solo vittima e abusante, ma tutto il contesto in cui ciò accade», scrive Griffini nel testo che accompagna i materiali per la Giornata di preghiera. «Ritessere la fiducia – prosegue la nuova presidente - è allora promuovere e vegliare affinché siano sempre garantiti rispetto e responsabilità da parte della comunità ecclesiale nel custodire la fiducia riposta in essa da genitori che consegnano i figli per le attività educative e sociali, nel prendersi cura e sostenere le persone nelle vulnerabilità esistenziali, nell’accompagnare il bisogno spirituale di ogni uomo, nell’esercizio di ogni forma di autorità e ministero, nell’ascoltare chi con coraggio chiede di ricercare la verità e perseguire la giustizia».

Quella fiducia e quella capacità di custodia che è stata tradita proprio dalle persone a cui i genitori avevano affidato i figli con la certezza di aver fatto una scelta adeguata e sicura: «Avrebbe dovuto essere fiducia capace di generare sicurezza e tranquillità, invece – si legge in un altro passaggio delle testimonianze - è stato uno scandalo che ha paralizzato il/la giovane nell’angoscia. In chi porre la fiducia?».

Una sofferenza decuplicata dal ruolo importante e dalla presunta autorevolezza della persona responsabile degli abusi: «Nel nostro caso, l’abusatore era apparentemente un campione di cristianesimo. Parroco, leader di un gruppo ecclesiale, fondatore di opere educative. Gran predicatore e con migliaia di persone, giovani e meno giovani, che pendevano dalle sue labbra. Questo il rivestimento. Nel profondo era un narcisista patologico, un abile manipolatore, sempre teso a nutrirsi dell’altro, comprandolo con la moneta che questi poteva intendere maggiormente: un apprezzamento, un posto di lavoro, un ruolo nella comunità, … Noi ci siamo fidati di lui, attratti dalla grandezza e dalla bellezza di quanto si stava costruendo e gli abbiamo affidato i nostri figli, affinché ci aiutasse nel compito educativo. Lo scandalo della fiducia tradita».

E La Chiesa dell’epoca talvolta non riusciva a capire, talvolta non voleva capire. Poi le indicazioni, le parole e i gesti di papa Francesco – tante parole forti e tanti gesti significativi – sono risultati inequivocabili per indicare la nuova rotta. Ora si tratta di “Ritessere la fiducia” – come appunto sarà fatto nel corso della Giornata di preghiera - di adoperarci tutti insieme «per mitigare il culto del sé», proseguendo con più convinzione in un «adeguato discernimento spirituale, umano e psicologico per selezionare gli educatori, a tutti i livelli: il presbitero, la suora, il seminarista, il/la catechista, l’educatore/educatrice dell’oratorio, … Resistendo alla tentazione di tappare i buchi con chi c’è, anche se non è adeguato». Altro passaggio fondamentale indicato nelle testimonianze per la prossima Giornata, quello che riguarda l’urgenza di fare propria la “cultura del rendiconto”, più volte richiamata nella Relazione di Sintesi del Sinodo dei Vescovi del 2023. E quindi rendere conto «verso i superiori gerarchi, verso i pari e verso la comunità di appartenenza. In questo modo è facilitata l’individuazione di atteggiamenti e stili di comportamento non educativi, o deviati».

Basterà? Difficile dirlo, il resto lo farà la preghiera: «Quando il clamore si affievolisce e la quotidianità prova ad arginare i pensieri fuori controllo, arriva un momento in cui – si legge in un’altra testimonianza - come balsamo sulle ferite, si torna ad avvertire forte la presenza del Signore, quello stesso Signore che l’abuso inizialmente ha fatto allontanare perché ci si è sentiti “traditi” anche da Lui. La presenza tenera del Signore cambia all’improvviso la percezione e i contorni di quanto accaduto e ci si sente partecipi della Sua stessa esperienza del tradimento. contorni di quanto accaduto e ci si sente partecipi della Sua stessa esperienza del tradimento».