La storia. Da Napoli al Guatemala, l'opera di padre Angelo con i bimbi maya
Padre Angelo Esposito con un gruppo di bambini della sua comunità a Tacanà
È monumentale padre Angelo Esposito che, dall’alto dei suoi quasi due metri, vede commosso la folla felice. Sacerdote fidei donum dell’arcidiocesi di Napoli, padre Angelo ha ricevuto un sincero grazie dalla comunità in cui ha scelto di rimanere in Guatemala. Siamo a Tacanà, una città non lontana dai confini con il Messico che prende il nome da un vulcano. Qui il sacerdote partenopeo appena ordinato, aveva scelto di vivere un’esperienza di missione, solo qualche mese, per poi tornare nell’amata Campania dopo tante esperienze tra Africa e America Latina. Mese dopo mese il giovane rimandava la partenza, colpa di un amore per i piccoli maya scalzi incontrati per strada bisognosi di tutto, dalle scarpe alle medicine. L’immedesimarsi nei bisogni di un popolo povero, vittima di una dittatura feroce, capace di togliere le basi di una economia sociale ed una crescita culturale, hanno fatto maturare una decisione forte.
La scelta di rimanere in Guatemala da 15 anni, fa di questo sacerdote di San Sebastiano al Vesuvio (Napoli), fratello e padre di comunità sparpagliate nelle foreste del Paese centramericano. Accanto alla predicazione, padre Esposito ha costruito un ospedale, «Los Angelitos» (gli angioletti), e il Guatemala lo ha ringraziato. L’11 maggio, in occasione dell’inaugurazione dell’ampliamento del nuovo edificio del Centro Attenzione Integrale “Los Angelitos”, il Guatemala gli ha consegna un riconoscimento, «per il lavoro missionario, sociale e umano». Con queste parole il sindaco di Tacanà si è rivolto al sacerdote. «Siamo quello che facciamo. Il Comune conferisce il riconoscimento a padre Angelo Esposito per il grande esempio di missione, impegno e dedizione a beneficio delle popolazioni della periferia del Guatemala, in cerca di un mondo migliore dove si pratichi la giustizia, l’amore e la pace. Per essere l’ideatore del progetto di costruzione del Centro Attenzione Integrale Los Angelitos», si legge nella targa.
Oltre alla sua missione pastorale, il sacerdote accoglie medici, volontari e infermieri che dall’Italia lo raggiungono nell’hospedalito per aiutare i piccoli ammalati. In questi giorni lo psicologo Domenico Paciello e sua moglie Chiara, accompagnano i giovani in un cammino importante finanziato dalle Pontificie opere missionarie sul bullismo. Il dramma è presente in maniera forte, dovuto anche a povertà, scarsa formazione di docenti e insegnanti e ad un sistema che sembra disinteressarsi del problema. Seguendo la Laudato si’, il missionario ha creato la Onlus, Hermana Tierra (hermanatierra.org) per far scoprire le opportunità di essere autonomi grazie all’agricoltura e all’allevamento. Coltivare, allevare galline o conigli e sapersi alimentare, fa parte della missione che il prete da anni utilizza per mettere in campo temi forti. La dignità della persona, il rispetto della terra, la condivisione di quel poco che si ha, sono parte di quel messaggio evangelico capace di sollevare il prossimo. Ne è convinto il sacerdote che ogni giorno, all’alba si mette in moto sulla jeep per strade sterrate immerse nel verde, tra piante di cacao e caffè. La viabilità ostica ed i pericoli di qualche banda di ladri, non scoraggiano il “gigante buono” che ha scelto di annunciare il Vangelo a una popolazione povera nella selva latinoamericana, all’ombra del maestoso vulcano Tacanà. «I doni che la grazia di Dio ha deciso di elargirmi – rivela il missionario - sono il coraggio, la forza e l’amore per affrontare questo lungo cammino verso la realizzazione di un sogno che non appartenesse solo a me, ma anche a Dio: “dare la vita per gli amici”».