L'intervista. Arbore alla Gmg: suonerò il valore della memoria
Non se lo aspettava, Renzo Arbore, questo invito, arrivato all’improvviso mentre era in tournée con l’Orchestra Italiana. Ma il musicista e intrattenitore pugliese non vede l’ora di incontrare i giovani alla Festa degli italiani stasera a Cracovia. «Appena ho ricevuto la telefonata degli organizzatori che mi hanno chiesto di venire alla Gmg per proporre la nostra musica, ho esultato – commenta l’artista – e anche la band ha accettato con gioia. Chissà, magari sarà l’occasione per conoscere pure papa Francesco...» dice. Il programma però prevede solo un suo saluto in diretta video durante la serata, gli diciamo. «Beh, spero comunque di poterlo vedere di persona un giorno... come avvenne con san Giovanni Paolo II in un’udienza in Vaticano che ancora ricordo con emozione».
Ha già deciso i brani che eseguirà durante lo spettacolo? Non ancora, ma suoneremo quattro o cinque canzoni, di sicuro allegre e del nostro repertorio, come Reginella, un classico napoletano ma conosciuto in tutto il mondo, un simbolo dell’Italia. Sarà in versione swing, come facciamo da 26 anni. Pezzi della tradizione meridionale contaminati da jazz e blues: è la nostra piccola “rivoluzione gentile”. Comunque è la prima volta che andiamo a un raduno di giovani cattolici, spero che apprezzino...
Qual è il messaggio che proporrà al pubblico della Gmg?Innanzitutto il valore della memoria. Che non significa nostalgia e nemmeno dire, “ai miei tempi sì che le cose andavano bene...”, un difetto molto diffuso tra quelli della mia età. Ma i giovani di oggi, che non sono più i “ragazzi” di una volta, come eravamo considerati noi, devono costruire il mondo. E un grattacielo per reggersi deve avere delle fondamenta profonde. Allora bisogna conoscere le nostre radici, anche musicali... perché historia magistra vitae, principio che vale per tutta la realtà. Io porto nel mondo la musica popolare italiana, che non è “roba vecchia” ma una tradizione, e con essa voglio esportare un’immagine positiva del nostro Paese, non dolorosa o lamentosa. E poi c’è il jazz come messaggio, uno specchio della vita per come ti coinvolge, ti spinge all’iniziativa, esalta gli assolo e le improvvisazioni ma ti insegna sempre a stare in sintonia con il gruppo.
Il tema della Gmg è “Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia”. Che cosa ne pensa? La misericordia è una caratteristica del buon cristiano e va onorata, rispettata. Aiutare i più deboli, i poveri, gli emarginati scacciando i mercanti dal tempio, come faceva Gesù. Oggi la Chiesa mette in pratica la misericordia, accoglie i migranti e predica affinché questa “politica” venga accettata anche dall’Europa. Conosco tanti volontari che lo fanno, soprattutto giovani, che lasciano la famiglia e gli amici per svolgere questa missione senza chiedere niente in cambio.
E i preti? Che cosa rappresentano per lei, nella sua formazione personale? Da bambino servivo la Messa nelle chiese delle parrocchie di Gesù e Maria e dell’Addolorata a Foggia, la mia città, e giocavo a pallone negli oratori. Mi sono sempre piaciuti i preti che vanno bicicletta, come don Camillo e don Matteo, ma quelli veri, che stanno in mezzo alla gente e sanno ascoltare le persone. E poi, le posso confessare una cosa?
Dica, dica... Lo sa che da ragazzo, con la mia band, suonavamo spesso i canti della Messa con un piglio da jazzisti?
Per esempio? T’adoro ostia divina e Mira il tuo popolo. Ma non era una presa in giro, badi bene, e c’era l’autorizzazione del parroco. Diciamo che era un’anticipazione, un po’ sofisticata, di quelle che sarebbero diventate qualche anno dopo le “Messe rock”...