Chiesa

Le parole. Porta Santa: usci chiusi dai nostri dubbi, ora ci apriamo al cielo

Gloria Riva martedì 24 dicembre 2024

Gloria Riva

Quando ero piccola, c’era sempre la neve a Natale, come quest’anno. Ogni 23 dicembre, di buon mattino, la nonna paterna imboccava con me la strada principale del paese per far visita al presepe. I passi ovattati sul manto nevoso, i saluti sommessi dei passanti, il cielo senza grida di uccelli o latrato di cani, invitavano al silenzio. La nonna, alle mie insistenti domande, rispondeva: «Dobbiamo tacere e ascoltare: oggi è l’anta». Il detto è precedente alla nota e antica leggenda milanese secondo la quale un giovane garzone, carico di un’anta, fu mandato di cliente in cliente a una consegna inesistente. Di questo piccolo scherzo restò vero l’insegnamento: pazienza e attesa, anche di fronte a pesi apparentemente inutili, sono necessari all’antivigilia di Natale.
Del resto l’anta precede la Porta, quella che si apre ogni anno a Natale. La Chiesa, fin dall’origine, seppe di essere un luogo giubilare, il grande ambito dove i peccati sono perdonati e la legge, cardine della giustizia, si apre alla misericordia. Perciò il primo Giubileo si festeggiò solo nel 1300 e per questo i Giubilei si moltiplicarono, per mantenere viva questa verità: prima ogni 100 anni, poi ogni 50, poi 33, in nome degli anni di Cristo, e infine ogni 25. Il Giubileo è l’anta che ricorda al mondo che viene la Porta della Salvezza.

Nella lingua ebraica «porta» si dice dalet, ma dalet è anche la lettera D, iniziale del nome David. La forma di questa lettera è quella dello stipite di una porta. Lo stesso stipite che, a Pasqua, veniva segnato dal sangue dell’Agnello permettendo all’angelo della morte di passare oltre. Così a Natale nasce colui che disse di sé: «Io sono la porta». Nasce il vero Figlio di Davide promesso, egli è la porta e l’agnello il cui sangue, come scrisse sant’Ambrogio, imporpora le labbra dei fedeli consegnandoli alla salvezza. Ogni anno, dunque Natale è la porta, ma quest’anno lo è ancora di più: il Pontefice alla vigilia batterà tre volte l’uscio della Porta Santa dando inizio al Giubileo.

Ero avvolta in questi ricordi mentre mi domandavo: che significa la Porta giubilare per l’uomo contemporaneo? Lo sguardo mi cadde sopra un’opera, citata dal Papa al popolo belga, di Magritte dal titolo Atto di fede. Egli dipinge la tipica porta di una casa belga, chiusa, serrata, ma con uno squarcio nel mezzo oltre il quale si scorge un balconcino che invita a sostare per contemplare l’astro lunare alto nel cielo stellato. Sì, tutti abbiamo bisogno di ritrovare il cielo. Siamo noi le porte chiuse, trincerate entro dubbi, preoccupazioni, scetticismi. Volesse il cielo che il Giubileo diventi questo sbrago capace di mostrarci nuovi orizzonti, educarci a nuovi sguardi per capire che oltre noi stessi ci attende l’inusitato, come la grazia e la misericordia. Ecco cosa vorrei in questa Vigilia: prendere per mano i miei contemporanei, come fece con me la nonna, e condurli per mano al silenzio, alla pazienza e all’attesa. Oltre il vociare dei nostri cellulari c’è un di più. Una porta aperta sui nostri desideri più profondi, sulla bellezza e la verità della nostra irripetibile originalità.